In un'epoca di trasformazioni e mutamenti di paradigmi fondamentali la «Science Fiction», che si esprime in modo popolare e diffuso nel cinema e nella letteratura, consente di esplorare le possibilità presenti e future dell'essere umano.Se il vaticinio di Nietzsche sulla morte di una certa immagine cristiano-europea di Dio chiudeva la modernità, la Science Fiction ne apre una nuova e diversa con la sua presenza diffusa del religioso e del divino sciolto da ogni legame istituzionale e confessionale. Essa non può non interessare e interrogare un cristianesimo che deve fare i conti con i temi sollevati dalla globalizzazione e dalla nascita di una nuova religione disarticolata dai riferimenti tradizionali.Nella letteratura e nel cinema la Science Fiction funziona come una potente macchina di risurrezione del divino e degli dèi: non più una, ma innumerevoli storie della salvezza che si generano dal suo fondo recondito del «che cosa sarebbe se...».Il volume propone un viaggio nella fantascienza e nella fiction - da «2001 Odissea nello spazio» a «Star Wors» - per scoprire in che modo cinema e letteratura fanno rivivere l'idea del divino e della salvezza.
La raffigurazione del divino è tra le espressioni più problematiche e affascinanti del cristianesimo, l'arte sacra è stata protagonista di una storia articolata sia nel rapporto dialettico con la Parola sia nella sua piena affermazione dopo qualche secolo di silenziosa assenza.
Il volume ripercorre il retroterra teologico dell'itinerario che si snoda dal primo aniconismo al fuoco incrociato dell'iconoclasismo, fino alla definitiva legittimazione della raffigurazione religiosa, con particolare attenzione alle declinazioni estetiche e teologiche assunte nel cristianesimo d'Oriente e d'Occidemte.
Attraverso una riflessione speculativa coniugata al racconto delle opere d'arte, l'intento è indagare il senso, il compito e il ruolo dell'immagine sacra nel cristianesimo per restituire la complessa ricchezza del pensiero su questo tema e sollecitare un dialogo proficuo tra Parola e immagine, nel continuo confronto tra Occidente e Oriente.
La diagnosi di una complessità sempre maggiore del mondo, della vita, dei fenomeni che toccano la nostra esistenza, e hanno la possibilità di deciderne il futuro, è ormai divenuta un luogo comune e con ciò ha perso la sua forza di allerta, di sfida e invito al pensiero. Quasi mimando i dati di fatto, anche il sapere si è scomposto e parcellizzato generando l'illusione che la specializzazione, accanita nella sua frammentazione, possa essere l'unico antidoto per riuscire a rimanere a galla nei mari inesplorati del nostro tempo. In questo modo la questione vitale dell'umano si giocherebbe sul piano della "quantità", dell'accumulo, e il problema rimarrebbe solo quello del semplice intreccio di una massa enorme di dati. Così facendo, però, sfugge all'attenzione il fatto cruciale, cioè che non disponiamo di un linguaggio e di un pensiero in grado di esprimere la realtà che le teorie vanno elaborando. Eppure quelle teorie pongono questioni e aprono orizzonti che dovrebbero essere cari all'esercizio di una ragione, tanto critica quanto appassionata, per il destino dell'uomo così come ci è stato consegnato dallo spirito umanistico della cultura europea.
Mai come negli ultimi tempi il tema del dono è stato oggetto di un crescente numero di ricerche che, in vario modo, si collocano fra due speculari interpretazioni. Da una parte, esso viene interpretato come espressione di puro altruismo, come gesto disinteressato e unilaterale che dispiega requisiti di eroismo, sacrificio e abnegazione. A questa concezione «purista» si oppone un indirizzo di pensiero che fa del dono un atto meramente strumentale, ammantato di gratuità, ma finalizzato all'acquisizione di potere. Questa seconda opzione teorica sembrerebbe confermata dalla prassi corrente di gadget, premi, incentivi, offerte speciali, promozioni che interessano ogni settore del mercato. Le merci, le più ordinarie come le più raffinate, vengono presentate con le vesti seducenti del regalo e vengono rese «irresistibili» perché, destinate a una rapida e implacabile obsolescenza, devono essere sostituite al più presto con nuovi e più godibili articoli.
Nel tentativo di superare le concezioni di puro altruismo e di puro utilitarismo l'autrice si sofferma sull'idea di dono come libero legame, come tessitura di due assi di un ipotetico piano cartesiano, quello verticale della gratuità (il desiderio di dare) e quello orizzontale della reciprocità (la domanda del legame).
Per tutto il tempo della loro vita gli esseri umani intrecciano il desiderio di donare e il bisogno di ricevere, l'orizzonte della gratuità e l'urgenza della reciprocità. È da qui che si può cominciare a raccontare il dono in modo nuovo.
Sommario
Introduzione. 1. Offerta di sé e relazione di dono. 2. L'intreccio del dono fra libertà e legame. 3. Le contraddizioni del dono fra filosofia e scienze sociali. 4. Le frontiere del dono fra ontologia ed etica. 5. Etica e pratica del dono. Note.
Note sull'autrice
SUSY ZANARDOè professore associato di Filosofia morale all'Università Europea di Roma. Collabora con il Centro interuniversitario per gli studi sull'etica all'Università Ca' Foscari di Venezia e con il Centro di etica generale e applicata all'Almo Collegio Borromeo di Pavia. Per Vita e Pensiero è autrice di Il legame del dono (2007) e curatrice, con Carmelo Vigna, di La regola d'oro come etica universale (2005) ed Etica di frontiera. Nuove forme del bene e del male (2008). Con Riccardo Fanciullacci ha curato Donne, uomini. Il significare della differenza (2010). È autrice di una serie di saggi sui temi di antropologia e di etica.