Storia è annodare cime destinate a ricongiungersi. Come accade in mare, dove il rapporto con la storia - e con la fede - è talvolta più saldo che a terra. Ne è un'espressione l'Apostolato del Mare, l'opera ufficiale della Chiesa cattolica per il servizio pastorale della "gente di mare": addetti al trasporto delle merci via mare, alla pesca, alla cantieristica navale, al servizio nei porti e alla crocieristica. Ampia parte del libro è dedicata agli sviluppi della pastorale dei marittimi in Italia: dalla fase pionieristica di fine Ottocento alle difficoltà del confronto con due guerre mondiali, dalla ripresa alla riorganizzazione degli anni Sessanta e Settanta, fino alle più recenti sensibilità e alle prospettive future di una società sempre più tecnologica e alienante. Particolare risalto è dato all'internazionalità dell'Apostolato del Mare, alla sua propensione all'ecumenismo e al dialogo interreligioso, alla salvaguardia dell'ambiente. Completano il libro gli scorci biografici di alcune fra le migliaia di vite spese al servizio dell'Apostolato del Mare o toccate da questo stesso impegno.
Le storie raccontate in questo libro sono una rappresentazione romanzata di vite reali vissute da donne e uomini sinti e rom, che l'Autrice ha conosciuto personalmente, durante l'epoca del genocidio e dei lager nazisti. Non si può neanche immaginare quali atrocità queste persone abbiano dovuto subire e perpetrare le loro memorie alle generazioni future diventa un piccolo modo, ma di grande significato, per donare loro dignità e riscatto. In particolare, è necessario far conoscere ai giovani ciò che questo popolo ha vissuto perché, sebbene le scuole stiano dando più attenzione allo sterminio nazista, l'argomento è ancora poco conosciuto. La discriminazione e l'intolleranza che ancora oggi permeano il tessuto sociale verso le comunità rom e sinti sono anche un riflesso dell'ignoranza verso la loro storia.
Ci sono più italiani nel mondo che stranieri in Italia. Gli italiani all'estero hanno sempre avuto al loro fianco una Chiesa dall'idioma familiare. Attraverso una trentina di interviste radiofoniche raccolte per lo più in Europa, il libro racconta la vita di alcune missioni cattoliche italiane che coinvolgono preti, catechisti, diplomatici, giornalisti...
Il circo rappresenta molto più che un mestiere: essere circensi è un'arte e un modo di concepire l'esistenza. Attraverso interviste, incontri e testimonianze dirette, il volume risale ai motivi per cui la convivenza sotto il tendone funziona meglio che altrove. Ne emerge un affresco variegato di alcune famiglie italiane di circensi, arricchito dalle molte culture dei migranti che entrano in carovana come artisti, maestranze e operai. C'è una misteriosa caparbietà nell'azione dei circensi; una tradizione orgogliosa che si tramanda da generazioni e non viene scalfita neanche dal disamore del pubblico o dalla critica animalista. L'essere circo è come una religione identitaria. Nel definire chi non fa parte del circo, gli artisti usano il termine i fermi. I fermi siamo noi: gli stanziali, quelli che non sono in grado di usare il proprio corpo per creare "attrazioni". Che non girano in carovana. Quelli che si spostano ma non viaggiano. Noi fermi, però, abbiamo un'opportunità unica da cogliere: imparare molto dalla resilienza del circo. Rispetto, divertimento e vita comunitaria sono gli indispensabili ingredienti di una convivenza più umana.
Un progetto promosso dalla Fondazione CEI Migrantes. L'uomo contemporaneo ha bisogno di recuperare la propria umanità, di imparare nuovamente ad ascoltare i battiti del suo cuore e di tornare ad interpellarsi rispetto a vicende che stanno mettendo in discussione i valori più importanti della civiltà e della convivenza umana.
La produzione plurisecolare di documenti pontifici relativi alle migrazioni non è certo miserrima. Tuttavia, questa ricca produzione è per molti versi dispersa tra varie sedi e vari filoni di interesse, difficilmente reperibile e soprattutto difficilmente sintetizzabile. Questo volume offre un sintesi analitica e accurata della documentazione della Chiesa relativa all'emigrazione, attingendo da Giovanni Paolo II, Benedetto XV e Francesco I, i maggiori documenti sul problema, da Leone XIII a Giovanni Paolo I, i materiali diffusi dal Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti istituito nel 1970 e rifuso nel 2016 nel nuovo Dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale...
Le città, oggi, ben riflettono le grandi e rapide trasformazioni che caratterizzano la fase storica che stiamo vivendo e la stessa condizione di pluralità nella quale siamo immersi e con la quale siamo chiamati a confrontarci e interagire: pluralità di soggetti; diversità dei riferimenti valoriali; molteplicità di culture; differenziazione delle esperienze religiose; vasti flussi migratori di persone e famiglie; costante destrutturazione e delegittimazione delle istituzioni a vantaggio dell'individuo; concatenazioni sempre più forti ed evidenti, che da tempo non riguardano più soltanto la dimensione economico-finanziaria e quella delle comunicazioni, ma che avvolgono ogni ambito del vivere. In questo contesto, basandosi su un'esperienza effettivamente fatta agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, in un piccolo paese alle porte di Firenze, l'autore individua un modello o più opportunamente, «un principio operativo, mosso e sostenuto da logiche deduttive, induttive e associative, che si interrogano e interagiscono virtuosamente. Un modello che àncora l'intera vicenda migratoria ad alcuni valori chiave e la colloca nell'ambito di una visione complessiva di società, che si basa su tre pilastri portanti - la plurietnicità, la multireligiosità, l'interculturalità - e che si declina assumendo l'interazione come orientamento di fondo e come modalità operativa».
Con questo volume si conclude la ricerca Chiesa di Bergamo in emigrazione, promossa dall'Ufficio per la Pastorale dei Migranti della Diocesi di Bergamo. Un percorso di sei anni che ha prodotto una nuova e crescente attenzione verso l'emigrazione italiana da parte della Chiesa bergamasca, con uno sguardo particolare, ovviamente, ai suoi sacerdoti impegnati nelle Missioni Cattoliche Italiane in Europa. Attualmente sono nove i sacerdoti della Diocesi di Bergamo impegnati come missionari in Belgio, Svizzera, Liechtenstein, Francia, Regno Unito e Spagna. A loro vanno aggiunti anche diversi religiosi e religiose. È una storia lunga ormai più di un secolo che continua. Le Missioni cambiano modalità (e talvolta località) seguendo le trasformazioni della società stessa, ma intatto rimane il fine pastorale e di assistenza religiosa per gli italiani all'estero. Il testo ripercorre l'intera vicenda, raccontando di come nei primi decenni del Novecento la sezione bergamasca dell'Opera Bonomelli rappresentò il contributo più importante dei cattolici orobici nel campo dell'assistenza agli emigranti.
"E se un giorno dovessi andar via dalla mia terra, non per scelta o per necessità di studio o di lavoro, ma in seguito a eventi così gravi da costituire una probabile minaccia di morte, cosa porterei con me in solo due bagagli a mano, da preparare in massimo ventiquattro ore?" Questo è il quesito proposto dall'autrice come linea guida per una riflessione in chiave empatica, nello sforzo di immaginarsi al posto di chi è costretto a scappare a causa di guerre, persecuzioni o calamità. Sono nove, insieme all'autrice, le persone che hanno accettato l'invito di vestire il ruolo di "protagonisti" di una ipotetica fuga salvavita, situazione non del tutto improbabile considerando gli attuali esodi a cui stiamo assistendo. "Vogliamo leggere questo libro come un mettersi nei panni di - scrive mons. Gian Carlo Perego nella presentazione del volume - [...] e ci auguriamo che quanto proposto dall'autrice diventi non un esercizio di stile, ma uno dei tanti modi per essere compassionevoli, accoglienti e veri cristiani non solo di parole di pace e fratellanza, ma anche di gesti di carità".
La religiosità è una caratteristica imprescindibile dell'abruzzese emigrante. A Riano, nell'esperienza che è stata approfondita in questo libro, assume un'impronta quasi esclusiva. La chiesa è il perno su cui si snoda la vita della comunità abruzzese a Riano. La tradizione ed il folklore sono un attributo della devozione a San Gabriele. Questa condizione raggiunge i limiti di una scelta che si potrebbe definire "settaria" in cui la Frazione Belvedere si autodetermina non riconoscendosi appartenente alla comunità rianese. Da qui, non solamente in termini antropologici ma soprattutto sociali, politici e religiosi, si manifesta la nascita "naturale" del paese nel paese.
"Magnum opus et arduum", l'avrebbe definita S. Agostino, una specie di Summa ritiana, dove è raccolto pazientemente, ma penso anche faticosamente, tutto quello che è stato detto e scritto sulla storia e sulla santità di Rita da Cascia. [...] Mentre prendevo visione della ricchezza dei temi di questa raccolta, mi sono chiesto anch'io più volte qual è il fondamento di tanta devozione, su quali documenti si può basare, quali ricerche dobbiamo ancora fare. Credo che questa raccolta segni un termine, oltre il quale non sia più possibile andare". (dalla Presentazione di S. Ecc. Mons. Giovanni Scanavino, OSA)
A distanza di 140 anni dalle prime partenze organizzate dall'Italia e dai primi arrivi nel Rio Grande do Sul, il volume ripercorre i percorsi dei migranti indagando quei comportamenti e quelle strategie che hanno portato alla creazione in terra brasiliana di nuovi territori caratterizzati da elementi visibili e invisibili di italianità. Ponendo al centro del discorso la valorizzazione delle tradizionali tecniche vitivinicole, riproposte e riadattate al contesto brasiliano dai migranti, Flavia Cristaldi ripercorre attraverso questo studio l'azione dei contadini e delle loro famiglie nella costruzione di quei paesaggi segnati dall'uva e dal vino che ancora oggi raccontano delle origini degli abitanti. L'appartenenza all'Italia e alla sua discendenza modella così il territorio, lo caratterizza nei segni e nei valori culturali, ne determina le forme e l'uso, raccontando al mondo il piacere di poter bere un bicchiere di vino, quello stesso vino le cui gocce fanno esplodere nella memoria e nell'inconscio l'epopea dei migranti italiani e delle loro conquiste.
Il volume presenta uno dei più grandi drammi sociali del nostro tempo: il distacco dei figli dai genitori partiti in emigrazione. In queste pagine viene descritto lo specifico caso dell'Ucraina, una terra in cui centinaia di migliaia sono i genitori, padri e soprattutto madri che hanno lasciato i loro figli nella speranza di guadagnare, fuori dei confini nazionali, ciò che permetterà di vivere un futuro migliore a tutta la famiglia. "Non si può essere indifferenti - si legge nella Prefazione - a quanto raccontato in questo volume, ma anzi la sua lettura interroga nel profondo, chiama a nuove responsabilità ciascuno di noi nel momento in cui occorre ringraziare per ciò che si ha e che altri non possono avere, ma soprattutto a nuove sensibilità nel momento in cui nelle proprie famiglie o in famiglie a noi vicine si incontra la presenza di una collaboratrice che vive l'esperienza di tante donne ucraine o di altri paesi che, per bisogno, vivono lontane dai figli. Un libro che aiuta anche a pensare a come la famiglia migrante sia un soggetto necessariamente da tutelare e accompagnare nel suo cammino". La comunità ucraina in Italia - con 225.000 persone all'inizio del 2013 - costituisce la quinta comunità in Italia per numero di immigrati. L'80% delle presenze ucraine è costituita da donne e madri, che spesso sono emigrate dall'Ucraina in Italia da sole, lasciando nel paese d'origine una famiglia e figli, i genitori anziani. Sono donne che nelle nostre famiglie curano anziani...
Il volume si distingue dagli altri apparsi nella stessa Collana in quanto è una raccolta di poesie e racconti attraverso i quali ci si accosta a uno dei mondi della mobilità attualmente più discriminato: quello dei Rom. "Dalla lettura dei versi e dei racconti di Agim Saiti, - si legge nella Prefazione emerge la storia di una comunità etnica viva, ricca e complessa, che ha vissuto, nella sua storia anche recente, momenti difficili di ghettizzazione ed estraneazione. Come cartoline, le immagini descritte dal poeta - rom kosovaro - si susseguono davanti agli occhi del lettore che tocca con mano il profondo senso religioso, la fede, ma anche le tante istantanee sul cammino: il partire, il viaggiare per terre sconosciute, la Provvidenza che tutto può, il senso di smarrimento. E ancora: l'amore per la propria lingua, da ascoltare alla radio, da scrivere in versi o per mezzo di racconti e da insegnare ai bambini, numerosi nelle famiglie rom, e alle nuove generazioni".