Attraverso cinque saggi che scandiscono il percorso di ricerca di Claudio Pavone, "Gli uomini e la storia" presenta alcuni dei contributi più rilevanti dello storico e propone una visione coerente della fase fondatrice della nostra Repubblica che affonda le sue radici fin dalla «crisi della democrazia risorgimentale». Cuore del volume è rappresentato dal saggio sulla continuità dello Stato tra il fascismo e l'immediato dopoguerra, pubblicato per la prima volta nel 1974, e sempre più attuale. Ogni saggio è legato nella chiara e puntuale prefazione di David Bidussa a una parola chiave (Resistenza tradita, zona grigia, totalitarismo), tracciando così un discorso unitario e coerente della cornice interpretativa dello storico di "Una guerra civile". Mai come oggi la società civile è tenuta a interrogarsi sul senso della storia e su un passato non ancora condiviso. È quindi sempre più opportuno rivolgersi agli studiosi che si sono dedicati con serietà e passione alla riflessione sulle costanti, che sembrano sempre ritornare, della nostra storia nazionale.
Ritrovato fra le carte di Winnicott e pubblicato postumo, questo lavoro ricostruisce la storia del trattamento psicoanalitico di una bambina (chiamata in famiglia "Piggle", porcellino), dai due anni e mezzo ai cinque anni. Il libro ci offre la registrazione fedele delle sedute, i commenti e altro materiale fornito dai genitori della bambina, e le osservazioni di Winnicott. Il lettore ha così la rara opportunità di seguire dal vivo il rapporto fra terapeuta e paziente in un resoconto che appare di eccezionale interesse per quanti si occupano dei problemi dello sviluppo infantile. Il rendiconto testuale di quello che l'analista diceva, e di come lo diceva, ha un doppio interesse teorico e tecnico. Per la sua stessa formazione e la lunga pratica pediatrica, Winnicott era maestro nell'adattare la propria tecnica al caso particolare, senza farsi condizionare da schemi troppo rigidi. Il lettore assiste all'incontro di due persone, che lavorano e giocano insieme, con impegno e con piacere. La drammatizzazione del mondo interno della bambina, operata da Winnicott, mette "Piggle" in grado di fare esperienza delle fantasie che tanto la disturbano, e di viverle nel gioco.
Il gocciolamento di un rubinetto, l’evoluzione delle condizioni meteorologiche, la dinamica di una popolazione animale: sono tutti fenomeni che non obbediscono al paradigma della scienza classica, per la presenza di un elemento comune, il caos, che rende impossibili le predizioni per la sua estrema sensibilità alle condizioni iniziali, che dovrebbero essere date con una precisione impossibile, fino
all’ultimo decimale. Dall’attenzione ai multiformi fenomeni del caos è nato un nuovo paesaggio matematico, complesso e fantastico, dominato dagli attrattori e dai frattali, dove il disordine si genera allo stesso modo dell’ordine, e dove non ci si deve più chiedere se Dio giochi a dadi, ma quali siano le regole del suo gioco.
l'autore
Ian Stewart è professore di matematica all’Università di Warwick. Grande divulgatore, collabora con riviste prestigiose come «Nature», «New Scientist», «Scientific American», ed è autore di numerosi libri, tra i quali: L’altro segreto della vita (2002), L’assassino dalle calze verdi e altri enigmi matematici (2006). Per Bollati Boringhieri: Qual è la forma di un fiocco di neve? Numeri magici in natura (2003), Com’è bella la matematica. Lettere a una giovane amica (2006) e, con Martin Golubitsky, Terribili simmetrie. Dio è un geometra? (1995).
Discussa, criticata, attaccata, difesa tenacemente, in crisi da decenni, spesso data per morta, ma sempre pronta a risorgere. Oggi più che mai, la famiglia è al centro di accese discussioni, tra chi la vorrebbe ancora rigida nella sua costellazione tradizionale e chi, pur riconoscendone il valore cardine nella società contemporanea, la vorrebbe invece flessibile e aperta. Salvador Minuchin, dopo mezzo secolo di pratica militante come terapeuta familiare, in questo volume insegna che il principale nemico del sistema-famiglia non è tanto il suo "allargamento" (solo uno dei suoi molti aspetti), ma al contrario, proprio la cristallizzazione dei ruoli, che porta al fallimento del nucleo in ben il sessanta per cento dei casi. Se le famiglie hanno molte forme e la strada che attraversa il cambiamento non è mai tracciata una volta per tutte, Salvador Minuchin cerca di fornire una mappa che aiuti a capire meglio quest'avventura in continuo divenire. Dall'alto della loro esperienza, Minuchin e colleghi mettono a fuoco le dinamiche familiari con semplicità. Grazie a un'esposizione limpida ed empatica consentono al lettore di toccare con mano alleanze, complicità, conflitti, insomma tutta la costellazione di sentimenti che uniscono (o disgregano) le famiglie.
Le lezioni di "Storia e filosofia dell'analisi infinitesimale" furono tenute da Ludovico Geymonat dal 1946 al 1949 per il corso di Storia delle matematiche all'Università di Torino e non sono mai state ristampate. Sono invece un documento importante per la valutazione dello sviluppo del pensiero di Geymonat: rappresentano il momento in cui - dopo il soggiorno in Germania prima della guerra, e dopo la guerra e la resistenza - Geymonat, nel tornare agli studi, si orienta decisamente alla matematica. Nell'esposizione si riconosce in atto il principio ispiratore del successivo percorso di riflessione di Geymonat, convinto che la disposizione della filosofia nei confronti della scienza debba essere quella di cogliere dall'interno del suo sviluppo effettivo gli aspetti di significato filosofico. Il testo di Geymonat, per quel che riguarda il periodo dell'Ottocento, riserva una rara e competente attenzione al movimento del rigore e alla nascita della teoria degli insiemi nell'alveo dell'analisi.
"In questo libro - spiega Mazzarino - si cerca, da una parte, di delineare una storia delle idee di "decadenza" e di "morte di Roma" com'esse furono intuite e svolte dal II secolo a. C. ai nostri giorni; dall'altra, di dare un'interpretazione moderna della rovina del mondo antico, attraverso la critica e la discussione delle varie soluzioni e ipotesi. Credo che, considerato in questo suo duplice aspetto, il tema della "morte di Roma" presenti un particolare interesse: sentiamo il bisogno così di percorrere il cammino delle idee di "decadenza" e "fine" del mondo antico, come di chiederci ancora, per nostro conto, quale spiegazione di quella "fine" appaia, all'uomo di oggi, necessaria e sufficiente".
"Kerényi ci presenta la mentalità mitica non come conoscenza del passato, come cronaca, ma facoltà creatrice che è anche nostra, presente, storia. Quando vede in certe dee greche la solarità (esse sono figlie o parenti del Sole), mette in chiaro una nostra capacità di vivere come un tutto cosmico un nostro incontro umano". Cesare Pavese. Károly Kerényi (1897-1973), ungherese di nascita, è stato uno tra i più illustri interpreti del pensiero mitologico e filosofico antico, e tra i più autorevoli storici delle religioni classiche.
Il problema dell'adozione, sempre più presente ed enfatizzato dai mezzi di comunicazione, anche sull'onda dell'emotività, resta una realtà carica di interrogativi. Che cosa significa essere genitore adottivo? È sufficiente desiderare un bambino e volergli bene per risolvere tutti i problemi? La legislazione attuale è adeguata in proposito? Le autrici riflettono su queste e altre questioni in un'ottica psicodinamica, ponendosi "dalla parte degli adulti", gli aspiranti genitori: infatti essere veramente "dalla parte del bambino" implica aiutare gli adulti a ricercare dentro di sé i significati profondi legati alla mancanza e al desiderio di un figlio. Non vengono peraltro trascurate "la voce e l'esperienza" del bambino abbandonato, attraverso l'analisi del materiale clinico che sottolinea il faticoso processo di crescita dall'infanzia all'adolescenza nella nuova famiglia.
A quale prezzo psicologico si ottiene un "bravo bambino"? Di quali sottili violenze è capace l'amore materno? Per l'autrice, il dramma del "bambino dotato" - il bambino che è l'orgoglio dei suoi genitori - ha origine nella sua capacità di cogliere i bisogni inconsci dei genitori e di adattarvisi, mettendo a tacere i suoi sentimenti più spontanei (la rabbia, l'indignazione, la paura, l'invidia) che risultano inaccettabili ai "grandi". In tal modo, viene soffocato lo sviluppo della personalità più autentica, e il bambino soffrirà di insicurezza affettiva e di una sorta di impoverimento psichico. Da adulto, sarà depresso, oppure si nasconderà dietro una facciata di grandiosità maniacale. Numerosissimi esempi documentano la sofferenza inespressa di questi bambini e, al tempo stesso, le difficoltà dei genitori, incapaci di essere disponibili verso i figli.
"Il fine che ci siamo proposti - scrive Eliade - è quello di mostrare che cosa sono i fatti religiosi e che cosa rivelano". Nel complesso labirinto che essi costituiscono il lettore penetra a poco a poco, acquista familiarità con le diversità culturali da cui essi dipendono, prende contatto con le manifestazioni del sacro che si palesano a vari livelli cosmici (il Cielo, le Acque, la Terra, le Pietre), nei fenomeni biologici (i cicli vegetativi, i ritmi lunari, la sessualità), nei miti e nei simboli (il famoso mito dell'eterno ritorno). Il "Trattato", che a distanza di sessant'anni dalla pubblicazione conferma il suo valore e la sua permanente attualità, può leggersi da un duplice punto di vista: come interpretazione fenomenologico-religiosa spesso suggestiva e stimolante, e come documento del travaglio della cultura moderna, impegnata nella ricerca di un più ampio e sensibile umanesimo.
In questo libro del 1956, Günther Anders muove dalla diagnosi della "vergogna prometeica", cioè dalla diagnosi della subalternità dell'uomo, novello Prometeo, al mondo delle macchine da lui stesso create, per affrontare il tremendo paradosso cui la bomba atomica ha posto di fronte l'umanità, costringendola fra angoscia e soggezione. La vergogna prometeica è legata anche a un senso di "dislivello", di non sincronicità, tra l'uomo e i suoi prodotti meccanici che, sempre più nuovi ed efficienti, lo oltrepassano, facendo sì che egli si senta "antiquato". Oltre che perfetta la macchina è ripetibile, standardizzata, riproducibile in esemplari sempre identici; quindi possiede una specie di eternità che all'individuo umano è negata. Di qui, una rivalità, una impari gara dell'uomo, una inversione dei mezzi con i fini, di cui Anders analizza con grande anticipazione tutta la portata. In particolare, là dove tratta delle tecniche di persuasione, soprattutto televisive e radiofoniche, che ci assediano con immagini-fantasma, irreali, di fronte alle quali l'individuo diventa passivo, maniaco, incapace di pensare e comportarsi liberamente.
A differenza delle tante opere che cercano di definire con oggettività sociologica la natura e la consistenza della categoria degli intellettuali, l'autore mette al centro di questa sintesi di tre secoli di storia dei rapporti tra potere e sapere le strategie in base alle quali gli intellettuali si sono autodefiniti come tali. Si tratta ovviamente del ruolo del lavoro intellettuale nelle società moderne, che trovò la sua definizione canonica con i philosophes dell'illuminismo e che sembra aver subito una radicale trasformazione oggi, in epoca postmoderna. Trasformazione che Bauman sintetizza metaforicamente nel passaggio dalla figura dell'intellettuale "legislatore" a quella dell'"interprete": da chi arbitra e sceglie in base al proprio superiore sapere tra opinioni relative alla realizzazione del miglior ordine sociale a chi, abbandonate le ambizioni universalistiche, mette la propria competenza professionale al servizio della comunicazione tra soggetti sovrani. Interessato soprattutto a comprendere le successive definizioni che del proprio ruolo hanno dato gli intellettuali, Bauman tuttavia non ritiene che sia stato superato l'orizzonte della modernità: anzi, come si è portati a pensare a lettura ultimata, proprio in società come quelle postmoderne, divise in sedotti e "repressi", sembra riproporsi con urgenza il ruolo originario dell'intellettuale "legislatore".
Se la prima rivoluzione industriale è consistita nell'introduzione del macchinismo, se la seconda si riferisce alla produzione dei bisogni, la terza rivoluzione industriale è per Anders quella che produce l'alterazione irreversibile dell'ambiente e compromette la sopravvivenza stessa dell'umanità. In un mondo in cui la macchina è diventata soggetto della storia, l'uomo risulta superato, "antiquato", appunto. In venticinque saggi su temi che vanno da L'apparenza a Il male, passando per La massa, Il lavoro, Le macchine, L'individuo, Le ideologie, Il conformismo, Il privato, La morte, La realtà, La libertà, La storia, La fantasia, Lo spazio e il tempo, Anders pratica un filosofare senza sistema precostituito. Eppure la sua "filosofia di occasione" o, come pure egli dice, en plein air, ha saputo cogliere per tempo i prodromi della trasformazione che sarà detta impropriamente postmoderna e che per Anders altro non è che il frutto della riduzione di tutto, del mondo e dell'uomo, a "materia prima" indefinitamente manipolata da una tecnica sfuggita a ogni controllo.
Nell'accostarsi alla fenomenologia del sacro come categoria esistenziale radicata nelle profondità della psiche collettiva, Dupront fa qui convergere l'analisi su due atti religiosi essenziali per l'Occidente cristiano, la crociata e il pellegrinaggio, indagati rispettivamente attraverso l'esame delle cronache della prima spedizione in Terrasanta e la ricostruzione dei culti mariani di Lourdes e Rocamadour. La lezione di Dupront è chiara: anche i nostri tempi, che si vogliono lontani dal mondo del sacro, ne portano in sé, sia pure solo allo stato di latenza, i contenuti, le immagini, le pulsioni, in quanto «strutture esistenziali» originarie dell'uomo occidentale.