L'antefatto di questa storia l'hanno scritto e raccontato in tanti - un meteorite si schianta sulla Terra, il genere umano si estingue - ma in pochi hanno descritto ciò che avviene dopo. Il dopo, secondo Paolo Villaggio, assomiglia molto a un tribunale. Ci sono i giudici - Dio, Gesù, Buddha, Maometto, le divinità indiane e diversi intrusi -, c'è un segretario - la Colomba - e ci sono i "chiamati in giudizio" - l'umanità intera. All'inizio, certo, c'è confusione, parecchia confusione. Ogni divinità vuole prevalere, avere la prima - o l'ultima - parola, stabilire la supremazia in base alla conta dei fedeli. Ben presto, però, il Giudizio comincia, non c'è tempo da perdere. In rigoroso ordine alfabetico, uomini e donne vengono invitati a esporre la bontà o meno del loro operato terreno. Come un cronista appassionato e curioso, Paolo Villaggio assiste alla "chiamata" e alle "testimonianze", concentrandosi sui personaggi più noti della Storia. Da Maria Antonietta a Hitler, da Leonardo da Vinci a Cristoforo Colombo, da papa Wojtyla a Zinédine Zidane. Paolo Villaggio compone alla sua maniera un rocambolesco ritratto di famiglia dell'Umanità. E sullo sfondo, tra i Grandi, un piccolo ragioniere spintona per farsi largo, perché anche lui ha qualcosa da dire.
Eddy ha un sogno: fare il giro del mondo via terra, senza prendere aerei. In solitaria. Pulito, lento e circolare. Un'avventura daltri tempi per sentire la terra cambiare sotto i piedi giorno dopo giorno, a contatto con la Natura, senza bucare il cielo.
"Nostalgia di casa?"
"No."
"Ti manca qualcuno?"
"No, nessuno."
"Stai trovando in questo viaggio quello che sognavi?"
"Ho la completa libertà, il mondo come orizzonte. Il sogno si sta avverando."
Lui è grande e grosso, una matassa di riccioli ingovernabili, e proprio non riesce a stare fermo. Non sopporta i tour operator ma non ama neanche chi si improvvisa avventuriero perché stufo della città. Per lui la porta di casa è solo il confine facilmente valicabile tra sé e il mondo. Basta un passo e il viaggio comincia.
Mondoviaterra parla di un sogno: fare il giro del mondo via terra, senza prendere aerei. In solitaria. Pulito, lento e circolare. Un'avventura daltri tempi per sentire la terra cambiare sotto i piedi giorno dopo giorno, a contatto con la Natura, senza bucare il cielo.
Eddy Cattaneo racconta il suo giro del mondo via terra con orecchie e occhi sempre ben aperti, pronti a cogliere sguardi, suoni, sapori, musiche. Vite.
PG - il protagonista - non ha mai pensato che la vita fosse una cosa seria e forse è per questo che ha sempre preferito il sorriso all'autocommiserazione. E adesso, alla soglia della vecchiaia, ragiona su quella forza quasi sovrannaturale capace di mettere in moto l'universo intero: la donna. E la donna si chiama Marie - giovane, lunghi capelli neri che incorniciano un volto da bambola, due tizzoni ardenti al posto delle pupille, la camminata aristocratica, seducente. Marie è volubile, colleziona amanti e capi firmati, per poi stufarsene il giorno dopo. Vive sempre in luoghi diversi (Argentina, NewYork,Venezia) e sempre trova qualcuno pronto a corteggiarla e a mantenerla. E come tanti uomini prima di lui, PG se ne innamora. Perdutamente. Inevitabilmente. Senza via di scampo. Comincia una lunga storia d'amore dove i ruoli dell'amante e dell'amata si alternano e si confondono, in un crescendo di patti, promesse, prove d'amore, silenzi, separazioni e focosi riavvicinamenti. PG insegue Marie, e Marie si fa inseguire, fino a quando le bugie e le verità diventano sfumature. Arrigo Cipriani "sfrutta" il modello della storia d'amore per giocare sui sentimenti e divagare leggermente sulle "cose della vita".
"Ah, non può esserci l’amore dell’anima? Eppure io non vi ho amato per la vostra gigantesca persona! […] Dunque perché sono una nana devo tanto patire? Ma è mia la colpa dunque?"
Un giornalista, alto grasso biondo, arriva a Nuoro dalla capitale per conoscere Grazia Deledda ed è una visita che non sarà mai dimenticata. Sono i primi di settembre del 1891 e Grazia non ha ancora vent’anni. Il giornalista, un poco più adulto, si chiama Stanislao Manca, Stanis per gli amici, e appartiene alla più antica aristocrazia sarda: i duchi dell’Asinara. A Roma cerca di farsi strada nella redazione della “Tribuna”. Sta intanto preparando per l’editore Sonzogno le dispense delle "Cento città d’Italia" dedicate alla Sardegna e ha l’idea di chiedere a quella giovinetta un breve articolo su Nuoro. Alla lettera del 7 maggio 1891 Grazia risponde con una serie di fotografie e una prosa vivace, aprendo così un carteggio destinato a protrarsi, reciproco fino al primo incontro poi tenuto in piedi solo da lei con volontà disperata. Sono lettere di grande interesse e bellezza che svelano sogni e ferite tormentose: l’Amore e la Gloria, insieme al senso vivo della propria inferiorità sociale, intellettuale, fisica soprattutto. Questo epistolario, in gran parte inedito, è nella sua drammatica tensione emotiva un grandissimo romanzo d’amore, o meglio il martirio di un romanzo d’amore impossibile. È la storia di una donna che sta coltivando il suo enorme talento, ma viene come sorpresa dall’aggressione del desiderio, dell’attrazione, dalla lucentezza rapace di "occhi tigreschi" che tornano e ritornano anche nella sua opera.
Ilaria è un disastro ai fornelli. Un giorno, un’amica che ama cucinare le consiglia di passare un mese nella cucina di un famoso chef. All’inizio le scappa da ridere, ma poi accetta la sfida… Con una scrittura brillante e molto pop, Lo chef è un dio racconta per la prima volta il dietro le quinte delle più celebri cucine italiane.
Il libro
"Molti uomini preferiscono una bistecca ben cotta al rombo chiodato in crosta di cacao."
"Io odio cucinare. Possibile che a nessuno sia ancora venuto in mente di inventare pillole colorate al gusto di cibo?"
"Guardare uno chef in tivù è come guardare un film porno: guardi qualcuno che fa cose che tu non farai mai."
Ilaria è un disastro ai fornelli. Un giorno, un’amica che ama cucinare le consiglia di passare un mese nella cucina di un famoso chef. All’inizio le scappa da ridere, ma poi accetta la sfida: se non ce la fa un cuoco con tre stelle Michelin ad accenderle la passione per la cucina, allora non c’è davvero niente da fare. Smessi gli abiti di tutti i giorni e scesa dai tacchi, la protagonista infila un lungo camice e si prepara ad affrontare pentole e padelle. Ma prima di addentrarsi nelle segrete di via Gavroche, Ilaria si imbatte in un vecchissimo libro di ricette scritto da Peg Bracken, sostenitrice della liberazione femminile dalla dittatura domestica e inventrice di centinaia di ricette rapide tra cui lo Stayabed stew — lo stufato che si cuoce felicemente da solo in cinque ore. Peg, o meglio, il fantasma di Peg diventa il Virgilio che accompagna Ilaria nel suo viaggio estremo in un mondo dominato dai maschi, con orari assurdi, in mano a fascinosi despoti e abitato da apprendisti sacrificati agli dèi dell’haute cuisine. Insieme a dodici uomini che per tutto il giorno e gran parte della notte preparano piatti raffinatissimi e costosissimi sotto l’imperiosa direzione dello chef, Ilaria vive trenta giorni tra portate da novantaquattro euro e ravioli ripieni di maionese, cucinieri convinti che “ci vuole molta cura per separare il bianco dal giallo” e giovani aiutanti sicuri che Mtv a tutto volume aiuta la concentrazione. Sapori & sudori. La fragranza vitale del gusto e il veleno dell’umiliazione.
"Vi do una dritta. Se vedete girare tra i tavoli un cuoco in tenuta immacolata significa che ha smesso di cucinare da un bel po’."
“È aperta La Palestra, il luogo dove allenare ed esibire i vostri muscoli satirici. Inviatemi le vostre battute sui fatti del giorno. Usate come premessa della battuta un titolo di giornale. Sceglierò quelle che mi piacciono e le pubblicherò.” Ecco l’appello di Daniele Luttazzi. Dal suo blog nasce un vero e proprio esperimento di satira, dove i protagonisti sono i lettori con le loro battute e con i loro sguardi al vetriolo su una realtà che supera di gran lunga la fantasia. In questo libro Daniele Luttazzi raccoglie le battute più riuscite, più taglienti, più esilaranti. La satira che parte dal basso.
II bene più prezioso per un genitore è il tempo. Tempo per stare con i propri figli, tempo per educarli, tempo per giocare. Sì, giocare, perché attraverso il gioco - dice Eduard Estivill - le buone abitudini alimentari, igieniche e comportamentali si imparano più facilmente e più velocemente. Il gioco è esperienza. Se diciamo a un bambino: "Lavati le mani prima di metterti a tavola", è probabile che "ascolti" il messaggio, ma che non lo "viva", sentendo così il bisogno di applicarlo. Con il gioco, invece, il bambino fa esperienza dell'insegnamento, ne è il protagonista, è attivo, e acquista autostima. Eduard Estivill - con la collaborazione della mamma Yolanda Sàenz De Tejada - propone tanti giochi da fare con i propri figli divisi in sezioni dedicate ai diversi aspetti dell'educazione - stare a tavola; l'igiene personale; le domande indiscrete; studiare da soli; l'importanza di leggere; il sonno. Chiaro, semplice, di facile applicazione. Andiamo a giocare è un utile strumento per aiutare i genitori nella difficile arte dell'educazione.
L'imperativo dei nostri tempi, nella vita pubblica come sul lavoro o nella quotidianità più ordinaria, sembra essere quello dell’autenticità. Eppure, come ci mostra Adam Soboczynski in questo testo brillante e provocatorio, in realtà la nostra vita è sempre più governata dalla dissimulazione, dalla capacità di non dire il vero o di nasconderlo a nostro vantaggio. Che si tratti di una donna innamorata da respingere con delicatezza, di un colloquio d’assunzione in cui si è interpellati sulle proprie debolezze o di un rapporto non proprio innocente tra un professore e una sua collega, a farla da padrona è sempre la finzione, il mascheramento delle nostre vere passioni e intenzioni. L’arte di non dire la verità richiede arguzia ed è senz’altro difficile da padroneggiare. Ma non impossibile da apprendere: Soboczynski ce ne offre dovizia d’esempi.
In breve
“Di fronte a montagne pericolanti, a precipizi ignoti, sopra lo spazio abbagliante del ghiacciaio, Annetta era un nulla, figurina labile disegnata a margine di un foglio. Insignificante vita nascosta nella distanza da quel mondo che solo poche ore prima l’aveva applaudita. Eppure, lo sapeva, ce l’avrebbe fatta. Bastava partire, senza pensarci.” La vera storia dell’aeronauta Giuseppe Charbonnet e della sua giovane sposa che il giorno del loro matrimonio spiccarono il volo a bordo di un aerostato. Un viaggio che fu un’odissea, tra tempeste e manovre azzardate, e un rovinoso atterraggio su una montagna sconosciuta.
Il libro
Torino, domenica 8 ottobre 1893. È il giorno della vita per Anna Demichelis, diciott’anni, bellissima, di umili origini. Si sposa con l’“ammiraglio dell’aria” Giuseppe Charbonnet, grande appassionato di aerostatica che ha promesso a tutta la cittadinanza uno spettacolo sensazionale: dopo la cerimonia spiccherà il volo con la moglie a bordo dell’aerostato Stella. Al grido di “Viva gli sposi aeronauti!”, il pallone si alza, diventa sempre più piccolo fino a sparire nel cielo. Sarà un’odissea, tra tempeste, manovre azzardate, un rovinoso atterraggio su una montagna che nessuno conosce. E poi la discesa lungo ghiacciai inondati di sole e minati da invisibili crepacci. Finché – qualcuno sostiene – interverrà una mano celeste a indicare la via. Il filo di questa storia vera, che occupò le cronache dei giornali per settimane, oggi si unisce con quello lasciato dall’autore durante le ricerche nei luoghi più remoti delle Alpi Graie, dove si svolsero i fatti e si condensò il mistero finale.
Ne esce un intreccio narrativo fulgido, sorprendente. Il romanzo di chi la montagna l’ha vissuta, scalata e raccontata.
In breve
"In Italia ci sono due re: un re è Berlusconi, l’altro re è il Papa. Berlusconi comanda l’Italia, il Papa comanda gli italiani. (Lili, 9 anni, Cina); "In Italia c’è libertà di religione ma quasi tutti vanno a pregare in chiesa." (Samir, 11 anni, Marocco); "Qui in Italia gli italiani sono molti, ma vicino a casa mia non ne vedo nessuno." (Iruwa, 6 anni, Costa d’Avorio)... Un maestro elementare italiano ha raccolto le storie, le riflessioni, le confidenze di alunni non italiani incontrati negli ultimi vent'anni di scuola. Un ritratto inedito dell'Italia di oggi e degli italiani.
Il libro
“Quando un bambino nasce la madre trasmette i colori: se lei ha la pelle nera nasci nero, se lei ha la pelle bianca nasci bianco, se invece la mamma ha la pelle nera e il padre la pelle bianca nasci contaminato, ma non vuol dire essere inferiore, perchè tutti siamo uguali.”
Omar, 9 anni, Marocco
Quanti alunni stranieri avrò conosciuto in questi venticinque anni di scuola? Duecento? Quattrocento? Di più? Non so, ma ho sempre cercato di accogliere tutti e di ascoltarli con attenzione, clandestini compresi. Ho cercato di rispettare i loro silenzi finché, in modo inaspettato, è scattata in loro la voglia di raccontarsi e rileggere, a volte anche in modo fantastico, la propria esperienza. Hanno aiutato me e tanti alunni italiani a guardare con occhi nuovi al complesso fenomeno dell’immigrazione e ai problemi a esso connessi, mettendo spesso in discussione le nostre presunte superiorità e certezze. Ci siamo aiutati a guardare in modo diverso il mondo e il Paese in cui ci siamo trovati ad abitare. Fin da principio ho preso l’abitudine di trascrivere parole, frasi, conversazioni, testi scritti da questi bambini. In più di un’occasione sembrava di rivivere la favola del Brutto Anatroccolo, ma non sempre. Una volta ambientati in Italia, ho chiesto loro cosa ne pensassero dell’Italia e degli italiani. Ho raccolto i frammenti di tante storie, riflessioni, confidenze piene di speranza e di paura, di realtà e di fantasie, di tristezze e di allegrie, di ingenue osservazioni e di fantastici fraintendimenti. Ne è uscito questo ritratto inedito dell’Italia di oggi e degli italiani. Ho cambiato i loro nomi per ragioni di privacy, ma non la loro età e la loro nazionalità. Questo è libro è dedicato sia a loro che ai loro compagni di classe italiani. Ma anche a tutti i loro genitori. Grazie. Buona lettura.
Giuseppe Caliceti
"Italiani, per esempio testimonia una convivenza complessa ma non compromessa, conflittuale ma non traumatica, tanto più significativa in quanto percepita attraverso le impressioni, le riflessioni, i sentimenti dei giovanissimi alunni delle scuole elementari di Reggio Emilia, dove il maestro Giuseppe Caliceti insegna. I bambini ci guardano, possiamo nuovamente ripetere con Vittorio De Sica. Ci guardano non come adulti, ma come italiani."
Carlo Feltrinelli.
In breve
Arrigo Cipriani è uno dei ristoratori più conosciuti al mondo. E l’Harry’s Bar è il locale più conosciuto al mondo. Prigioniero di una stanza a Venezia è lo spaccato di cinquant’anni di storia e la confessione di un uomo che ha fatto incontri straordinari: da Woody Allen a Giorgio De Chirico, da Ernest Hemingway a Frank Sinatra.
Il libro
L’Harry’s Bar è molto più che un bar. L’Harry’s Bar è un’istituzione. Ai suoi tavoli si sono seduti re, principi, i protagonisti della Storia e le stelle dello spettacolo – da Woody Allen a Giorgio De Chirico, da Ernest Hemingway a Frank Sinatra.
Arrigo Cipriani racconta con schiettezza, umorismo e agilità i cinquant’anni passati dietro il bancone dell’Harry’s Bar, che nella sua narrazione quasi epica diventa il centro del mondo il punto d’incontro in cui storia personale e Storia si confondono e si compenetrano. Ecco allora un Arrigo che si barcamena tra il lavoro nel bar e gli studi di Giurisprudenza mentre infuria la Seconda guerra mondiale; e ancora, gli insegnamenti ricevuti in collegio e le lezioni impartitegli da avventori abituali; le battaglie contro l’acqua alta e le visioni di donne bellissime che calcano il “palcoscenico” dell’Harry’s Bar.
Prigioniero di una stanza a Venezia ha una sua vitale ricchezza dispiegata con anarchico funambolismo: dallo spassoso aneddoto intrecciato a riflessioni su temi universali come giustizia e uguaglianza, per poi passare alla grazia del buon vino. Intorno a sé, Arrigo Cipriani calamita con leggerezza e affabilità i grandi e piccoli protagonisti della Storia nel nome di un precetto che lega il mestiere alla filosofia morale: “l’accoglienza è la valorizzazione dell’uomo”.
Cambiare sesso. Suad Amiry sa benissimo che è questo l'unico modo per raccontare la paradossale condizione dei lavoratori palestinesi costretti a superare il confine con Israele per trovare lavoro. E così fa. Suad si traveste da uomo e raggiunge nottetempo un villaggio vicino a Ramallah da dove comincia il suo viaggio, lungo le strade costeggiate di olivi che conducono in Israele, insieme al fido Mohammad, a Murad - sfrontato, grezzo, tamarro, un ragazzo come tanti - e ai loro amici. Ridono, scherzano, parlano del lavoro che, forse, li aspetta al di là del confine, ma la testa è sempre altrove: ai soldati israeliani che potrebbero arrestarli da un momento all'altro, alla diffida che riceverebbero se venissero presi e che sancirebbe una "carcerazione preventiva", alla pallottola sparata da qualche cecchino nascosto tra gli alberi. Quando, dopo una marcia sulle colline e una serie di traversie, riescono infine a superare il muro e a mettere piede in Israele, è tardi: il lavoro non c'è più. Si confondono con i civili israeliani e salgono su un autobus per cominciare il viaggio di ritorno verso casa. Davanti a loro un paesaggio non ignoto ma visto forse per la prima volta con occhi diversi: tutto quello che era stato "palestinese" non c'è più, non c'è più memoria dell'architettura, delle coltivazioni, della vita quotidiana di un popolo che lì è vissuto per secoli.
Dopo la ricognizione sull'eros greco, Eva Cantarella, parla dell'amore al tempo dei romani. Per un romano la virilità era la massima virtù; e i romani venivano educati ad assoggettare e a essere dominatori, nella politica come nell'amore e nel sesso. E infatti da una violenza, quella di Marte ai danni di Rea Silvia, nasce Romolo, il fondatore della città. L'altra faccia della sessualità romana è l'etica del vanto, il gloriarsi della propria virilità anche negli aspetti più concreti e materiali. Ecco allora i "Carmina Priapea", gioiosa celebrazione di Priapo.il dio del fallo, coi suoi spropositati attributi; ecco graffiti e iscrizioni di palestre, taverne, muri la cui gioiosa crudezza sconfina spesso nell'oscenità, ecco leggende popolate da membri maschili che spuntano dal focolare per fecondare innocenti fanciulle. Ed ecco dotti ma spassosi intermezzi, dove l'autrice guida il lettore attraverso le pratiche osculatorie (i tre modi di nominare il bacio, osculum, savium e basium), le tariffe, le specializzazioni e l'abbigliamento delle prostitute, i riti matrimoniali e di fecondità. E le donne? Ci sono quelle che si adeguano (Porzia, che si suicida inghiottendo carboni ardenti), le donne modello di virtù (Lucrezia) e le ribelli (Sulpicia), contro cui si accaniscono le leggi moralizzatrici. E poi i "veri" uomini, Augusto e Cesare, i poeti Orazio e Marziale, e ovviamente, Catullo, che chiede con pari trasporto i baci della bella Lesbia e del tenero Giuvenzio.
Per capire quanti anni ha una sequoia bisogna tagliare il tronco e contare gli anelli. Se la sequoia avesse un collo non ce ne sarebbe bisogno. Odio la gente che sostiene - protesta Nora Ephron - che invecchiare è bello, che si diventa saggi e si capisce quali sono le cose importanti. Ci si ribella, ci si deve ribellare all'immagine contraffatta di sé che appare nello specchio. Anche perché dal collo all'anima il passo è breve. Invecchiare non è roba da rammolliti, diceva Bette Davis, e Nora Ephron lo dimostra con un senso dell'umorismo impagabile e con l'aggiunta: "tanto più se sei una donna". Una donna alle prese con i problemi della "manutenzione" (fitness-tinte-massaggi), angustiate dall'ombrosa adolescenza dei figli, che poi se ne vanno lasciando un nido vuoto in cui gioie e problemi finiscono, ma la preoccupazione è per sempre, atterrite dalla scomparsa delle amiche più care, duro memento mori, in un universo che continua a considerarla solo una vaga eventualità. Parlare dell'età incerta compresa fra la maturità e la senilità, e farlo con tanta caustica sincerità e allo stesso tempo con la leggerezza dell'umorismo, non è impresa da poco.
"Ripercorrere l'esperienza di Alexander Langer consente di seguire un itinerario di vita pieno di avventure, attraverso i luoghi cruciali della storia d'Italia e d'Europa dagli anni trenta del Novecento fino alla fine del secolo. A seguire la vita di Langer si ha poi la possibilità di compiere un viaggio vorticoso in compagnia di un personaggio straordinario, spinto ogni volta dalla propria sensibilità e intelligenza a trovarsi là dove le crisi scoppiavano più acute." Alexander Langer è stato tra i promotori del movimento politico dei Verdi in Italia e dal 1989 deputato del Parlamento europeo. Nel Parlamento è stato leader dell'opposizione alla guerra nel Golfo e poi dello schieramento che esigeva un intervento politico, umanitario e anche di polizia internazionale nell'ex Jugoslavia, fondatore tra l'altro del "Forum di Verona per la pace e riconciliazione nell'ex Jugoslavia". Alex Langer è morto suicida nel 1995.
Da un materiale di migliaia di pagine e di oltre cento conversazioni, è stata ricavata una scelta, distribuita tematicamente in varie sezioni: le origini di Kapuscinski, le ragioni che lo hanno portato a scegliere la professione di reporter, il suo approccio alla materia, la sua visione del mestiere, il modo di scrivere, gli stili adottati, le tematiche dei singoli libri, la profonda trasformazione del mestiere di reporter rispetto all'epoca in cui non imperversavano i media. Questo libro è un'occasione per comprendere i ferri del mestiere di un grande reporter e il modo di adoperarli sia dal punto di vista tecnico che morale. Per conoscere la profonda etica umana e ontologica di un uomo cresciuto nella miseria più nera che nel suo lavoro mette al primo posto la comprensione e il rispetto per le sofferenze degli altri. Dietro alla professionalità di Kapuscinski sta infatti qualcosa di molto speciale, di mite e nello stesso tempo durissimo: la vocazione.
Questa biografia si basa su una lunga ricerca durata cinque anni, su un'analisi rigorosa delle fonti, molte delle quali inedite, e sulle testimonianze di chi conobbe il Che. In un libro che è contemporaneamente un saggio, racconto d'avventure, giallo, Kalfon, con una scrittura giornalistica e letteraria allo stesso tempo, fa emergere un'immagine del Che inedita che va oltre gli stereotipi, per consegnarci la storia di un uomo collocato nel suo tempo, nella sua famiglia, nella sua malattia, che tanta parte ebbe nel forgiare il suo carattere e che così profondamente influenzò le sue scelte di vita.