I temi fondamentali della vita monastica: il lavoro manuale, la preghiera, l'astinenza, l'ubbidienza, la pazienza, l'umiltà. Il confronto con le passioni, le relazioni che intercorrono tra vizio e virtù, che fanno del deserto non una regione illusoria di una condizione pacificata, data per scontata e raggiunta come la meta di un itinerario turistico. A tal proposito Evagrio vuole trasmettere a Eulogio un'esperienza del deserto come luogo di una nuova consapevolezza che dice anche pace e quiete, ma in rapporto dinamico con l'impegno; non pace e quiete tout court, ma nel dominio di sé e nella consapevolezza di un lavoro, mai interrotto, di confronto interiore con le spinte della propria anima, dei suoi impulsi e delle sue passioni. Raggiunto questo equilibrio, è così possibile sentire la forza della natura, contemplare la bellezza del tutto, conversare con Dio in una condizione orante mai data prima che egli fa coincidere con il piacere spirituale e con la beatitudine.
L'opera di Evagrio, monaco vissuto nel IV secolo, è una sorta di sistema grandioso che unisce etica e psicologia, teologia e filosofia, ascesi e mistica in un itinerario ascensionale che conduce all'incontro «diretto con Dio», attraverso una purificazione successiva dalle passioni, dalle immagini false e dalle immagini tout court. Secondo Evagrio, il monaco ricerca l'hesychía, la quiete; per questo sceglie il celibato, la povertà e di stabilirsi nella solitudine; ben presto, però, scopre che i suoi potentissimi nemici, i demòni, cercano di suggerirgli pensieri che lo turbano e lo spingono verso i vizi corrispondenti. Diventa allora fondamentale scoprire le astuzie dei nemici, analizzando i propri pensieri, le suggestioni e gli allettamenti che essi propongono. L'influsso di Evagrio sulla teologia e sulla spiritualità monastiche successive è stato fondamentale: dalle sue riflessioni sugli otto spiriti della malvagità, caratterizzate da una sorprendente modernità e attualità, è derivata la dottrina sui sette vizi capitali, che tanta parte ha avuto nella formazione di tutti i cristiani. Questo volume racchiude i suoi testi più importanti: "Gli otto spiriti della malvagità", "Sui diversi pensieri della malvagità".
«Il commento è un testo nuovo, bello, forte, che trasmette un'eco, fedele quanto rara, della cultura e della predicazione francescana primitiva» Dominique Poirel Il testo che pubblichiamo ci sembra meritare l'attenzione dei lettori per le proprie qualità, la sua originalità letteraria e il vigore dottrinale, e per gli inediti sprazzi di luce che getta sulla comunità francescana primitiva. Paragonato agli altri commenti medievali, questo attira l'attenzione per il suo linguaggio semplice, vicino al vernacolo, e per la sua ardente eloquenza; per il suo metodo esegetico inedito, che fa del commento una sorta di azione teatrale, nella quale Cristo stesso si indirizza ai fedeli per rimproverarli aspramente di tradire con le azioni che commettono le parole del Pater che pronunciano; in_ ne, per la sua spiritualità assoluta, esigente e fortemente a_ ettiva, che all'improvviso passa dai rimproveri più sferzanti alle e_ usioni più tenere e spinge gli ascoltatori alla penitenza e alla conversione. Ciò corrisponde a quanto i primi agiogra- _ riferiscono della predicazione di san Francesco, che descrivono come «semplice », «fervente», «penetrante» e «in- _ ammata»; una predicazione che mirava anzitutto alla penitenza e alla salvezza delle anime e non risparmiava a tal _ ne né «l'aspra reprimenda», né «l'utile timore », né la minaccia del «giudizio di Dio».
Quella che qui viene proposta è la prima omelia che testimonia l’ingresso della festa natalizia nell’Oriente cristiano, attorno al 377; in precedenza l’ortodossia poneva al centro delle festività dell’Incarnazione la festa dell’Epifania (e così è tutt’ora).
Si tratta, dunque, di un elemento storico e teologico importante, quello che sta alla base della pubblicazione di questo testo basiliano, in cui il grande monaco e teologo del IV secolo, prendendo spunto dalla celebrazione della nascita di Gesù, fa una profonda riflessione che tocca tutti i grandi temi del dibattito cristologico dell’epoca (Cristo generato come Dio e come uomo; unità in Cristo dell’umano e del divino; salvezza proposta all’uomo che viene “assunto” da Gesù). Un testo che è, dunque, occasione di una riscoperta che va ben oltre l’archeologia cristiana. Una lettura che può essere “frantumata e masticata” per avvicinarsi alla festa di Gesù Bambino con un piglio di riflessione profonda.
GIORGIO MAZZANTI, sacerdote della diocesi di Firenze, è docente di teologia sacramentaria presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma.
Il libro presenta una nuova edizione della più antica biografia di sant'Ambrogio (339/340-397). L'opera, risalente agli inizi del V secolo, fu scritta da Paolino, testimone oculare degli ultimi anni della vita del santo. Grazie al proprio lavoro come notarius - una sorta di segretario che metteva per iscritto quanto Ambrogio dettava -, Paolino seppe garantire al proprio racconto precisione documentaria; rimanendo legato a un'impostazione agiografica, concesse ampio spazio a episodi miracolosi e straordinari. Il filo conduttore della narrazione è la grazia di Dio, che ha scelto Ambrogio come campione dell'ortodossia, strenuo difensore dei diritti della Chiesa, modello di vescovo totalmente dedito al proprio ministero pastorale.
A che serve raccomandare la solitudine e il silenzio alla gente di oggi, quando TV e molto altro rombano 25 ore su 24 e vantaggiosi contratti di cellulare consentono colloqui "no-stop" giorno e notte? Tutto sembra così normale! Eppure? La sana e autentica psicologia - non quella da bancherelle di piazza - continua a consigliare di riservare a sé spazi di silenzio e di calma, tempi di riposo e di riflessione, così che emergano dal proprio intimo i valori veri di cui ognuno è dotato. Questo piccolo libro è una "grande sinfonia". L'autore, esperto maestro della devotio moderna, suggerisce anzitutto di attenersi alla giusta misura, che ognuno deve scoprire per sé. Ed esorta caldamente, dopo aver assolto l'"impegno" quotidiano o della vita, alla solitudine e al silenzio non solo per possedere se stessi, ma per capire quello che il prossimo veramente attende da noi. Ma poiché ogni uomo, in definitiva, ha nostalgia di Dio, ricorda ancora, come in un'ascesa lieve ma incessante nelle ultime pagine, che il silenzio è preparazione e compimento dell'incontro con Lui nel mistero sommo che è l'Eucaristia. È la medesima fede di ieri e di oggi. Stupendo: le buone cose antiche sono sempre nuove.
Il filo conduttore di questo volume è tutto in una frase: "La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono - (Sap 2,24). Cipriano delinea con fine maestria la figura dell'invidioso, in modo quasi tragicomico, e indica la via per superare il vizio, padre d'infiniti altri vizi e peccati, secondo l'insegnamento del Nuovo Testamento. La trattazione inquadra soprattutto la gelosia e l'invidia, ritenute da Cipriano come il principio della vita viziosa; ma si allarga poi ad altri vizi e peccati tra i più gravi che da quelle derivano. Sotto questo aspetto, Cipriano sembra essere stato il primo autore cristiano a scrivere sui vizi capitali, un tema oggi di grande attualità. La collana "Vetera sed Novapropone brani scelti di grandi autori del passato proposti in una nuova traduzione accurata e moderna, con commenti e introduzioni capaci di ridare al testo tutta la sua forza.
Il libro raccoglie alcune lettere di Cirillo, patriarca di Alessandria, indirizzate al patriarca di Costantinopoli Nestorio e ad altri personaggi. Il curatore aggiunge alcune repliche di Nestorio e commenta con competenza gli antichi testi inquadrandoli nella temperie religiosa dell'epoca, quando il rigore dottrinale e l'impeto polemico innervano i delicati rapporti fra le Chiese, fra le scuole teologiche e fra le autorità ecclesiastiche e il potere imperiale. Al centro del dibattito, una delle questioni fondamentali della fede cristiana: l'incarnazione di Cristo, un tema di estrema attualità anche oggi. Sullo fondo, il concilio di Efeso del 431 in cui questa questione fu affrontata. Nello stile della collana "Vetera sed Nova-, il volume propone una selezioni di brani in una traduzione moderna e curata: parole di grande forza, capaci ancora oggi di scuotere il lettore.