Nella vita concreta delle persone c'è la convinzione che sia l’individuo a fare sintesi sulla propria fede, in modo autonomo: una somma di idee, convinzioni, atteggiamenti, pratiche che ondeggiano tra la fede cattolica classica e altri riferimenti. La cultura ancora prevalente nelle nostre terre non nega Dio, ma sottopone la sua presenza e le indicazioni della Chiesa a un esame che fa appello alla scelta personale.
Che cosa significa, dentro questo contesto sociale e culturale, declinare quanto fino a poco tempo fa era radicato e indiscusso - il Decalogo - ma che ormai sembra essere «in esilio» per la maggior parte di noi? Le pagine di questo volume sono insieme un esercizio di memoria e uno sforzo responsabile di aggiornamento per non perdersi «nel precetto» e tornare alla fonte.
Sommario
Introduzione. I. Primo, non avrai altro Dio al di fuori di me. II. Secondo, non nominare il nome di Dio invano. III. Terzo, ricordati di santificare le feste. IV. Quarto, onora il padre e la madre. V. Quinto, non uccidere. VI. Sesto, non commettere atti impuri. VII. Settimo, non rubare. VIII. Ottavo, non dire falsa testimonianza. IX. Nono, non desiderare la donna d’altri. X. Decimo, non desiderare la roba d’altri.
Note sull'autore
Vinicio Albanesi, presbitero della diocesi di Fermo, è presidente della Comunità di Capodarco dal 1994, fondatore dell’agenzia giornalistica «Redattore sociale» e, con don Luigi Ciotti, del Coordinamento delle comunità di accoglienza. Ha collaborato con le riviste Famiglia Cristiana, Jesus, Vita Pastorale, Il Regno ed è autore di numerosi saggi. Tra i più recenti, pubblicati da Àncora, I tre mali della Chiesa in Italia (2012), Il sogno di una Chiesa diversa (2014) e I quattro gradi dell’amore del prossimo (2016).
«Sul diaconato femminile, mi sembra utile una commissione che chiarisca bene questa cosa, soprattutto riguardo ai primi tempi della Chiesa». È bastata questa frase di papa Francesco – pronunciata il 12 maggio 2016 durante l’incontro con le rappresentanti dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali – per riaprire una questione già affrontata più volte in passato, soprattutto in chiave di «rivendicazione femminile». Come contributo al dibattito in corso nasce questo agile saggio, in cui don Albanesi fa il punto sulla storia e la teologia del diaconato e ricostruisce anche la vicenda per molti versi oscura delle «diaconesse» nel primo millennio cristiano. E non teme di prendere posizione sull’oggi, con un «sì» deciso al diaconato femminile, visto come l’occasione per configurare in modo nuovo e convincente un ministero rinato con il Vaticano II e dall’identità ancora incerta. La vera posta in gioco non è infatti il riconoscimento anche ecclesiastico del ruolo fondamentale delle donne, quanto il riportare nel cuore stesso della missione della Chiesa il servizio della carità. Don Vinicio lo dice da esperto canonista, ma anche e soprattutto da «prete di strada» che ha dedicato la sua vita al servizio degli ultimi.
«È giunto il momento di abbozzare una risposta a quelli che mi hanno chiesto per anni: “Ma perché fai tutte queste cose?”». Dopo una vita da “prete di strada” spesa al servizio degli “ultimi”, don Albanesi riflette a tutto campo sui fondamenti biblici, teologici e culturali di quello che è stato l’impegno della sua esistenza. La virtù della giustizia, l’amore per i propri cari, l’aiuto per chi ha bisogno, il dono della vita: sono questi i quattro gradi dell’amore del prossimo che l’autore individua, da vivere secondo una logica profondamente umana e al tempo stesso sorprendentemente evangelica.
La centralità della famiglia non può rimanere uno slogan, ma deve concretizzarsi nella legge della Chiesa, nella liturgia e nella pastorale. Questa la convinzione dell'autore, «prete di strada» da sempre attivo nelle «periferie» care a papa Francesco, ma anche studioso di diritto canonico e parroco di una piccola comunità di duecento famiglie, che - con le sue variegate e a volte complicate storie familiari - rispecchia un po' il mondo, almeno quello occidentale. Punto di partenza della riflessione è la «prima tappa» del cammino indicato dal Papa alla Chiesa, il Sinodo del 2014, che ha espresso preoccupazione per la «crisi» della famiglia, ma non ha suggerito nessuna proposta concreta, confermando dottrine che nessuno ha mai messo in discussione. II Sinodo dell'ottobre 2015, per essere efficace, deve cambiare passo e promuovere la famiglia cristiana a protagonista della vita della Chiesa, riscoprendo il senso profondo del Sacramento del matrimonio. Don Vinicio espone - con la sincerità chiesta dallo stesso Francesco - le sue proposte, fondate sulla dottrina e sulla prassi, nella speranza che le indicazioni del prossimo Sinodo giungano come una «buona notizia» per tutti.
«Carissimo Padre, la riforma possibile è epocale: presuppone, oltre che prudenza e saggezza, una grande fede nello Spirito. Non abbia timore di resistenze e obiezioni. Le posso assicurare che una riforma è desiderata dai fedeli laici, dai presbiteri, dai vescovi».
Dalla finestra della casa delle zie di Campofilone, un paesino delle Marche, inizia il racconto in prima persona di settant’anni vissuti intensamente, segnati dalle vicende della Comunità di Capodarco e da un’apertura progressiva ai problemi della società e della politica, ma anche da una ricerca spirituale senza sconti e facili scorciatoie.
La prevalenza delle parole umane sulla Parola di Dio (verbalismo). La mancanza della semplicità e dell'essenzialità evangelica (estetismo). Gli atteggiamenti che esprimono esteriormente virtù cristiane, contraddette poi nella pratica (moralismo). Sono questi i "tre mali" che don Vinicio Albanesi delinea in queste pagine, un'analisi dura della situazione della Chiesa italiana, scavando nell'essenziale, senza accontentarsi di letture di maniera. "Sono quasi dieci anni che il problema della crisi della Chiesa in Italia mi gira nella mente e nell'anima. È una sofferenza che non rivendica nulla a nessuno, né tanto meno esprime giudizi. Con quale autorità d'altronde e verso chi? Si tratta piuttosto di una pena che vede la religiosità in stato di profondo malessere e - cosa molto grave - senza prospettive, almeno umanamente. Da qui lo sforzo di indicare vie di uscita". Ritrovare futuro è indispensabile per la Chiesa italiana, anche se oggi appare stanca e disorientata.