Il lido più lontano è la monografia più completa su Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, capolavoro italiano del secondo Novecento. Nei primi tre capitoli il libro affronta il romanzo con tre diversi metodi (analisi del racconto, stilistica, variantistica); negli altri tre propone un’interpretazione complessiva dell’opera. L’appendice offre infine una collocazione di Horcynus Orca all’interno della grande letteratura italiana del secondo Novecento: Pasolini, Pomilio, Caproni, Sereni ed Elsa Morante.
«Il lido più lontano è quello dove non si arriva mai»: così leggiamo in Horcynus Orca.
Il libro di Giancarlo Alfano offre una interpretazione complessiva di questa straordinaria storia di un Ulisse impossibile, destinato a non tornare mai più alla sua Itaca, restando per sempre con Troia attaccata addosso.
Affrontando con più metodi e da diversi punti di vista il capolavoro di D’Arrigo, opera straordinaria per invenzione narrativa e potenza dello stile, Il lido più lontano ne offre un’interpretazione generale ricollegandola al complesso clima culturale e spirituale italiano all’uscita dalla seconda guerra mondiale.
Da scontro civile a gioco letterario, da campo di azione a grammatica del comportamento: il tragitto percorso dalla riflessione cinquecentesca sull'arte del conversare raffigura il difficile equilibrio tra la dimensione privata dell'esercizio intellettuale e la dimensione pubblica del servizio cortigiano prestato al signore. Già prima della stagione che vede l'affermazione della figura professionale del segretario, la cultura italiana si interroga sulla possibilità di individuare spazi, rituali simbolici e forme di convivenza che garantiscono la separatezza dell'attività intellettuale. In quattro capitoli, che vanno dal trattato "De sermone" di Pontano all'"Apologia innanzi al Tribunale dell'Inquisizione" di Sperone Speroni, passando per l'opera di Castiglione e Della Casa, questo libro descrive la tensione culturale e politica che si nasconde dietro il dibattito sulla conversazione e l'arte del racconto. Una vicenda che si sarebbe chiusa con l'identificazione di uno spazio insieme astrato e corposo, inerte ma sempre riattivabile: la pagina del libro avrebbe infine smesso di confrontarsi con la viva parola orale che agitava le corti e le piazze per diventare un luogo ideale di identificazione collettiva.