L'immagine dell'Alfieri profeta della "rigenerazione morale" italiana e guida delle generazioni future, dell'uomo, poeta e tragediografo di "animo risoluto, ostinatissimo ed indomito" nasce in massima parte nelle pagine di questa sua Vita. Scritta in un italiano sapido e avventuroso, l'autobiografia di Alfieri resta ancora oggi l'opera di un appassionato cosmopolita, che Leopardi definì "vero scrittore, a differenza di quasi tutti i letterati del suo e del nostro tempo".
Anticonformista e ribelle nella vita come nella sua opera, Alfieri invade la scena letteraria italiana con una violenza espressiva del tutto nuova, che riflette il suo credo nella forza viva del sentimento, anzi del "forte sentire", unico motore delle grandi e nobili azioni e ingrediente primo e indispensabile della poesia. Le sue tragedie, così direttamente tese alla catastrofe, deliberatamente prive di intrecci complicati e solitamente dominate da un protagonista attorniato da pochi altri personaggi, hanno uno stile nudo ed essenziale, contraddistinto da una nota costante di eroica, prorompente energia.
Scrivere un'autobiografia a poco più di quarant'anni può sembrare prematuro: ma non quando si ha avuto il destino di vivere negli anni e con l'intensità di Vittorio Alfieri. Iniziata dopo che Alfieri aveva portato a compimento l'esperienza delle tragedie e vissuto la delusione della degenerazione della rivoluzione francese, la Vita è molti libri in uno. Si alternano i ricordi dell'infanzia e le avventure della maturità, gli amori e gli entusiasmi letterari, la riflessione politica e quella poetica, sino a trasformare quest'opera nell'unico, autentico romanzo del nostro Settecento.