Questo libro affronta per la prima volta la storia complessiva del "Beneficio di Cristo", unanimemente considerato il testo capitale della Riforma italiana, menzionato in moltissimi processi per eresia dal Veneto alla Sicilia e oggetto di una caccia spietata da parte del Sant'Ufficio romano, al punto che solo a metà Ottocento si scoprì l'unica copia superstite della prima edizione. Oltre a coglierne le molteplici assonanze con numerosi filoni eterodossi della cultura europea del primo Cinquecento, la ricerca contestualizza la redazione e ricezione del testo in un ampio quadro politico europeo, tra speranze di riforma della Chiesa, illusioni di pacificazione religiosa e di accordo con i protestanti, continui conflitti tra papa Paolo III Farnese e l'imperatore Carlo V. Lo studio di Firpo e Alonge affronta, sulla base di una documentazione nuova, il controverso problema di chi fu l'autore di quelle pagine e ne colloca la redazione sul crinale di eventi decisivi della storia religiosa e politica degli anni che fecero da sfondo alle prime convocazioni del concilio di Trento. Ne emergono i caratteri peculiari dell'eresia italiana, la sua originalità e le sue contraddizioni, nonché gli aspri conflitti che divisero i vertici della Chiesa su come affrontare la drammatica crisi scaturita dalla protesta di Lutero e sulle sue diramazioni anche al di qua delle Alpi.
Collaboratore di Giulio II e figura di spicco di Urbino, Federico Fregoso abbandonò i circuiti diplomatici per dedicarsi allo studio dei testi sacri e all'attività pastorale a Gubbio. Decisivo nella sua svolta spirituale risulta l'incontro con l'umanesimo evangelico d'oltralpe, quando maturò un avvicinamento alle posizioni di Lutero, cosa che attirerà su di lui i sospetti degli inquisitori. Sullo sfondo delle vicende delle Guerre d'Italia, la sua parabola umana segue una traiettoria che va dalla politica alla religione, dallo Stato alla Chiesa, dal Rinascimento alla Riforma.