Dopo essere stata un mondo a parte per tre millenni, la Cina entra nel XXI secolo con il piglio di un attore globale che viene per restare. Ma sulla base di quali regole del gioco? È pensabile che una grande potenza nascente accetti di adeguarsi ai princìpi di un ordine internazionale fondato in un tempo in cui essa era politicamente irrilevante?
Dimenticare che quello della Cina non è un debutto, ma una rentrée sulla scena mondiale significa non comprendere il modo di ragionare di un miliardo e mezzo di cinesi, che da sempre chiamano il loro paese Zhong guo, ‘Stato al centro’.
Oggi il risparmio asiatico, soprattutto cinese, finanzia buona parte del consumo di Stati Uniti ed Europa occidentale. Gli acquisti delle materie prime necessarie alle industrie della Repubblica Popolare sostengono la crescita delle economie di Australia e America Latina. Il Giappone è uscito dalla palude di una stagnazione decennale anche grazie alle opportunità aperte dal mercato cinese, mentre in Russia le ordinazioni di Pechino evitano la bancarotta di un intero comparto strategico come quello tecnologico-militare. E se è vero che gran parte dell’Asia ha trovato nella Cina un sostegno prezioso in occasione della crisi finanziaria del 1997, allo stesso modo c’è consenso sul fatto che l’Africa non potrebbe oggi crescere ai ritmi più alti degli ultimi decenni se non per effetto degli investimenti e degli aiuti allo sviluppo provenienti dal gigante asiatico.
La Cina è già ora un nodo imprescindibile della rete economica e politica globale. Il XVII congresso del Partito Comunista Cinese ha confermato fino al 2012 la strategia di ‘sviluppo pacifico’. Occorre chiedersi, però, se pacifico sarà soltanto il processo di sviluppo o anche il suo esito. Oggi la Cina ha senza dubbio bisogno di pace e stabilità per crescere, ma che cosa riserva il futuro a un mondo i cui equilibri economici e politici si stanno riassestando? Qual è la reale entità della sfida cinese all’egemonia degli Stati Uniti? Quali sono i dilemmi di sicurezza legati al riarmo cinese e alla volatile situazione geopolitica asiatica, a partire dallo Stretto di Taiwan? E in quali termini il dinamismo degli investimenti cinesi all’estero si traduce in una crescita di influenza politica? Questo libro, tra i pochi in Italia dedicati al ruolo della Cina nella politica internazionale, è pensato come contributo a una sfida interpretativa critica che guardi al domani non solo del grande paese asiatico, ma anche dell’Italia, dell’Europa, del mondo.
Giovanni B. Andornino ha conseguito un master in Global History alla London School of Economics and Political Science ed è dottore di ricerca in Rappresentazioni e comportamenti politici presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Attualmente è assegnista di ricerca presso l’Università di Torino e visiting professor alla Zhejiang University (Hangzhou, Repubblica Popolare Cinese).