La raccolta degli «Studi su Dante» contiene i saggi che Erich Auerbach ha scritto dal 1929 fino alla vigilia della morte. In questi scritti definisce l'importanza del concetto di "figura" nella cultura tardo-antica e ricostruisce il complesso rapporto tra struttura e poesia nella «Divina Commedia». L'autore giunge al risultato allargando l'indagine a tutta la civiltà cristiana e mostra come l'intelligenza di Paolo, Tertulliano, Agostino o Bernardo di Chiaravalle sia propedeutica e necessaria per una lettura "globale" del capolavoro dantesco.
Torna in edizione economica una delle pietre miliari degli studi danteschi. La raccolta degli "Studi su Dante" contiene i saggi che Erich Auerbach ha scritto dal 1929 fino alla vigilia della morte. In questi scritti definisce l'importanza del concetto di "figura" nella cultura tardo-antica e ricostruisce il complesso rapporto tra struttura e poesia nella "Divina Commedia". L'autore giunge al risultato allargando l'indagine a tutta la civiltà cristiana e mostra come l'intelligenza di Paolo, Tertulliano, Agostino o Bernardo di Chiaravalle sia propedeutica e necessaria per una lettura "globale" del capolavoro dantesco.
I saggi di questo volume - su Montaigne, Pascal, Racine, Baudelaire, Proust, sul pubblico del classicismo francese - completano e arricchiscono il quadro del realismo occidentale avviato da "Mimesis" dello stesso autore. Anche in queste pagine, come nella sua opera maggiore, Auerbach mette in atto la sua originalissima metodologia critica, mobile e antidogmatica, capace di rendere significativo il "dettaglio", di risalire dallo stile di testi alla temperie complessiva di un'epoca, di una società, di una cultura. La costante attenzione per il pubblico gli permette di penetrare nella segreta dinamica delle opere, nel loro realizzarsi come esperienza estetica, di registrare le mutazioni della spiritualità - la progressiva "secolarizzazione" in cui si rivela il destino del Moderno -, ma anche di cogliere l'emergere di nuove sensibilità e di nuove forme.
Quest'opera fu portata a termine poco prima della scomparsa dell'autore. Suoi temi principali sono: il sermo humilis, come forma cristiana dello stile sublime antico, nei primi autori cristiani e nella prosa latina del primo medioevo; la rinascita dello stile elevato nelle nuove condizioni di vita del tardo medioevo; la storia dei secoli in cui non esistevano un pubblico letterario e una lingua letteraria generalmente intesa, dal tempo di Tacito e Plinio fino ai primi documenti delle letterature in lingua popolare e a Dante. Questi saggi colmano il vuoto lasciato nell'altra sua grande opera, Mimesis, per il periodo 600-1100, il meno studiato della letteratura europea. Ma non si tratta di un'integrazione dovuta a puro desiderio di completezza. Da un lato, qui sono collocati in primo piano i problemi centrali dell'interesse auerbachiano: le basi e gli elementi di unità della civiltà europea, visti nella genesi storica del nesso eredità classica-società moderna; la formazione di quello stile letterario che costituisce tuttora il sostrato delle letterature europee, in rapporto ai tipi determinati di pubblico nazionale sorti nel tardo medioevo. Dall'altro, in questi saggi concentrati su un "campionario" stilistico omogeneo, Auerbach è ricondotto a un impiego più esatto e penetrante del suo metodo, che consiste nel risalire dall'analisi stilistica monografica alla costruzione sintetica e al quadro storico-sociologico d'assieme.
Una storia del realismo letterario che abbraccia più epoche, dagli antichi tempi biblici e omerici sino al Medioevo cristiano, al Rinascimento, al Sei e Settecento e, passando attraverso il realismo ottocentesco, fino agli scrittori del Novecento. Un capolavoro della critica letteraria in cui Auerbach si rivela ancora una volta uno scrittore impegnato sugli autori più famosi e sulle opere principali della civiltà europea.