Gabriel è un uomo ricco, un architetto famoso: una archistar. Il suo vagare per l'Europa sembra improvvisato, casuale, addirittura involontario; o forse è guidato da un destino, da un'antica sapienza, da una volontà divina - o da un amore perduto. Il mondo nel quale vaga, il Vecchio Mondo, è irrimediabilmente vecchio, stantio, prossimo alla Fine. Gabriel è uno dei pochi che vedono, intravedono, sanno la prossimità della Fine: e così lui cerca, dentro al tempo che sfugge, in città e paesaggi che già svaniscono, di salvare qualcuno. Fanciulle ignare, artisti maledetti, grandi boia di stato: senza sapere bene perché, l'uomo - che a volte appare potentissimo e altre volte fragilissimo salva, salva, salva. Soprattutto chi non vuol essere salvato. E noi, col cuore in gola, seguendo le avventure di quest'uomo, impariamo a domandarci cosa sia il mondo che stiamo attraversando: un mucchio di cose reali e opache, oppure una fantasia nella mente di un dio che ormai pensa ad altro, il trucco di un prestigiatore, l'illusione prodotta da una matrice o da un tumore che cresce nel cranio di un uomo innamorato della vita. Come sempre nei romanzi di Tullio Avoledo, anche in "Chiedi alla luce" tutti i mondi inventati sono terribilmente reali.
Francesco Salvador, architetto di successo, ha tutto: una bella moglie, due splendidi figli, un loft gigantesco, il Suv, un'amante giovane. Ma per avere tutto ha dovuto sacrificare qualcosa: i terreni sull'argine del fiume, che suo padre gli ha lasciato in punto di morte. Francesco li ha venduti alle persone sbagliate e adesso, nei luoghi dove giocava da bambino, i camion portano via quintali e quintali di ghiaia.
Una domenica in gita alle isole della laguna veneta, interrotta dagli squilli del cellulare e dall'affiorare dei ricordi, diventerà per Francesco l'occasione di sbrogliare i fili della sua vita. Sarà il suo ultimo giorno felice.
1982. In un freddo pomeriggio di gennaio, un vecchio bussa alla porta di villa Grandi. Ha una bizzarra proposta da fare ai giovani sposi Emilio ed Esther, da poco diventati genitori. Sta conducendo una ricerca sui bambini nati in quella zona il giorno di Natale, proprio come la loro piccola Chiara. Tornerà dai Grandi una volta all'anno, ogni inverno e solo per qualche ora, per raccogliere informazioni sulla bambina e, forse, scrivere un libro su di lei. Ma chi è in realtà l'uomo che si fa chiamare Emanuele Libonati, e che un anno dopo l'altro diventa amico dei suoi ospiti, tanto da raccoglierne le confessioni più intime? Qual è il vero motivo del suo interesse per Chiara e per la sua famiglia? E soprattutto, come fa a sapere tante cose sul futuro?
In quello stesso anno, un ragazzo brillante e confuso intraprende a tentoni la sua strada nel mondo, una strada che presto si rivelerà un vicolo cieco.
Ma alzando lo sguardo, a saperla cogliere, c'è la possibilità - per lui e per tutti i protagonisti di questa storia - di porre rimedio agli errori commessi.
Anche per l'anziano poeta che nella Londra del 2028 - resa irriconoscibile da una guerra che sembra tanto un videogioco - chiede udienza alla Chiesa della Divina Bomba, con un progetto in testa covato per vent'anni...
Scritto in una lingua intensa e malinconica, il nuovo romanzo di Tullio Avoledo s'interroga sulla ferocia dei sentimenti e sulle conseguenze dei gesti compiuti da ciascuno di noi - più o meno consapevolmente - un giorno dopo l'altro. Davanti agli occhi stupefatti del lettore si dispiega la folle cronaca dei nostri anni recenti, filtrati da una vicenda in cui i legami famigliari s'intrecciano con le storie di fantascienza raccontate da Philip Dick, e le mille problematiche dell'adolescenza diventano un tutt'uno con l'adorazione quasi isterica per un'icona come Lady D.
Storia dopo storia, si disegna un mondo in cui la colpa e la redenzione, il passato e il futuro, non hanno un rapporto di causa ed effetto ma convivono, assurdamente, nello stesso istante.
Giulio Rovedo ha una moglie inflessibile e un impiego sempre più flessibile: travolto dalla madre di tutte le fusioni bancarie, viene sballottato da una scrivania all'altra e poi spedito, assurdamente, in un paese indonesiano. Al motto di "meno cose sai, meglio è per te", si trova a poco a poco invischiato in un complotto planetario e in una strana storia d'amore. E se in entrambi i casi tutti tradiscono tutti, forse a guidare il gioco è la stessa donna: quella che Giulio disprezza e adora, il suo capo.
Il protagonista di questo romanzo si aggira tra le macerie di un mondo in rovina, devastato da una violenta pulizia etnica. Una lunga cicatrice gli attraversa il petto, e una memoria difettosa gli impedisce di mettere ordine nei suoi ricordi. Intorno a lui una realtà slittata, dove non esistono cellulari, l'uomo non ha mai camminato sulla luna e l'Africa è diventata un deserto radioattivo. Immerso nel silenzio della neve sorge Vajont: un paese nuovo, cotruito per accogliere gli sfollati della diga, e diventato negli anni ricettacolo di gente senza casa, di diseredati. Le giornate del protagonista sembrano ripetersi tutte uguali fino a quando un pomeriggio sulla corriera che lo porta all'ospedale, alla fermata di Vajont sale una giovane ragazza. È l'inizio di un amore impossibile e allo stesso tempo il momento della verità.
Giulio Rovedo ha una moglie inflessibile e un impiego sempre più flessibile: travolto dalla madre di tutte le fusioni bancarie, viene sballottato da una scrivania all'altra e poi spedito, assurdamente, in un paese indonesiano. Al motto di "meno cose sai, meglio è per te", si trova a poco a poco invischiato in un complotto planetario e in una strana storia d'amore. E se in entrambi i casi tutti tradiscono tutti, forse a guidare il gioco è la stessa donna: quella che Giulio disprezza e adora, il suo capo. Al ritmo spedito di un'immaginazione debordante, esplosiva, riprendendo temi e personaggi dell'"Elenco telefonico di Atlantide" per proiettarli in una dimensione parallela, il nuovo romanzo di Avoledo racconta con spietata e umoristica precisione le miserie del nostro oggi, la vita e l'amore ai tempi dell'azienda.
Negli ultimi giorni di un processo internazionale per crimini di guerra, un giovane sostituto procuratore si prepara a inchiodare il Mostro, un capo di Stato colpevole di genocidio. Mentre raccoglie i capi d'accusa si ritrova a fare i conti con l'idea stessa di responsabilità, e con le mille piccole, gigantesche colpe di cui è fatta la nostra vita. Tullio Avoledo, friulano, vive e lavora a Pordenone nell'ufficio legale di una banca. In questo libro presenta un romanzo giudiziario atipico in cui la parte processuale rimane in ombra, ma non la parte preparatoria, con la sua tensione, le minacce, la dolorosa analisi delle fosse comuni; e al tempo stesso una storia familiare tenera e crudele.
La Cassa di credito cooperativo del Tagliamento e del Piave, nel cui ufficio legale lavora Giulio Rovedo, il protagonista, viene repentinamente assorbita da Bancaalleanza. Amon Gottman, l'uomo che ha guidato la fusione, è una figura spietata e ambigua. Cecilia Mazzi, il nuovo capo del personale, circuisce Rovedo e fa in modo che la cosa giunga alle orecchie della moglie di lui, che non esita a metterlo alla porta. Ma dietro questo inspiegabile comportamento non si cela un modo per far fuori un dipendente scomodo, ma qualcosa di molto più misterioso, e infatti proprio lo stabile dove Giulio Rovedo stabilisce il suo alloggio temporaneo diviene l'epicentro di strani accadimenti.