Quale fu l'atteggiamento dei filosofi greci nei confronti delle tradizioni mitico-religiose delle loro città? Come caratterizzare la loro «teologia», la loro concezione della pietà, durante i tre grandi periodi della storia del pensiero greco? Da Talete agli Stoici, in un itinerario pregno di contrasti, ambiguità e impreviste armonie, Daniel Babut accompagna il lettore nelle nervature più sottili del pensiero religioso dei filosofi greci, mostrandone il progressivo sviluppo nel tempo e ricreando al contempo, con perizia, un dialogo tra i diversi attori posti in scena. La rete di somiglianze e dissomiglianze che ne deriva rivela l'originalità e il carattere peculiare di ciascuna posizione, sfatando falsi miti e dimostrando come, da cornici di pensiero spesso congeneri, poterono scaturire esiti antitetici, talvolta paradossali. Un solo punto fermo: l'inseparabilità della religione dei filosofi dalla religione popolare, nell'impossibilità di una completa fusione tra le due. Come il sofista nell'omonimo dialogo platonico, il Dio dei filosofi greci sembra sfuggire a qualunque tentativo di cattura; prendendo a prestito le parole di Eraclito, egli «vuole e non vuole essere chiamato con il nome di Zeus» (22 B 32 D.-K.). Da acuto storico della filosofia, Babut osserva e non giudica, dando voce agli Antichi, senza pretendere di trasferire loro le categorie e i criteri forgiati dagli sviluppi religiosi occorsi nei secoli successivi.
Da qualche tempo si registra un crescente interesse per la filosofia di Plutarco, il quale sempre più si va delineando oltre che come autore delle Vite parallele, come pensatore essenziale per la comprensione del medioplatonismo. Questo volume di Daniel Babut – uno tra i più accreditati studiosi di Plutarco – analizza il pensiero del Cheronese nella sua globalità e, a oltre trent’anni dalla prima apparizione, continua a costituire un punto di riferimento fondamentale per gli studi plutarchei. La chiave di lettura utilizzata è il rapporto di ‘amore-odio’ che Plutarco intrattenne con la dottrina e con gli esponenti della più influente scuola dell’età ellenistica, lo Stoicismo, che si configura infatti quale ‘avversario’ privilegiato e onnipresente punto di riferimento polemico. A tale convinzione Babut perviene seguendo due vie differenti, ma complementari. La prima parte del volume sviluppa un esame sistematico dell’opera di Plutarco e di tutto ciò che in essa rimanda allo Stoicismo. La seconda passa in rassegna i capisaldi della filosofia plutarchea – con riferimento alla metafisica, all’etica, alla psicologia, alla teologia, alla religiosità – confrontandoli con le posizioni sostenute dagli Stoici in ciascuno di questi campi. Da tale lettura emerge il ritratto di un filosofo acuto e competente, non di rado originale, ben lontano dall’immagine di «eclettico privo di creatività», che tanto ha nuociuto alla comprensione della figura e del pensiero di Plutarco.
Daniel Babut ha insegnato per un trentennio (1963-1992) all’Université de Lumière-Lyon 2. Oltre a Plutarque et le Stoïcisme, apparso nel 1969, è autore di numerosi contributi su Plutarco, Platone e i presocratici (raccolti per la gran parte nel volume Parerga, Lyon-Paris 1994) e di un saggio su La religion des philosophes grecs de Thalès au stoïciens (Paris 1974). Di Plutarco ha anche curato la traduzione e il commento degli scritti antistoici (De communibus notitiis adversus Stoicos e De Stoicorum repugnantiis) per la «Collection des Universités de France» dell’editrice Les Belles Lettres (2002).