La situazione che von Balthasar evoca in Cordula – testo divenuto classico – è quella di una chiesa profondamente turbata, di una comunità smarrita sia nei concetti sia nella prassi: vittima di una qualche tragica illusione che impedisce di esserne chiaramente coscienti.
Esiste un criterio per stabilire con certezza che la strada che i cristiani stanno percorrendo è quella giusta?
Il criterio esiste, inequivocabilmente; ed è uno solo: la croce di Cristo. Lì si manifesta la gloria di Dio, il quale nella testimonianza del Figlio che si sacrifica fino alla morte si rivela come dono totale di sé.
Il caso serio è dunque l’essenza del cristianesimo. Il caso serio è il criterio costitutivo della vita della chiesa, sempre.
Nel corso della storia della Chiesa la devozione per la Madre di Gesù, grazie alla sua particolare posizione nell’opera di salvezza, fiorì rigogliosa assumendo talvolta forme persino troppo esuberanti.
La posizione di Maria nella dottrina della Chiesa e la sua venerazione hanno costituito motivo di tensioni. In questi quattro interventi Hans Urs von Balthasar cerca un accordo per superare gli opposti estremismi, ed esprimere
in modo nuovo e in conformità ai tempi ciò che è sempre valido nella venerazione e devozione alla Madre di Dio.
Hans Urs von Balthasar nasce a Lucerna nel 1905. Dopo gli studi di germanistica e filosofia all’Università di Zurigo, nel 1929 entra nella Compagnia di Gesù. Per la sua formazione teologica è decisivo l’incontro con Henri de Lubac e con la mistica Adrienne von Speyr: con quest’ultima fonderà un istituto secolare, la Comunità di San Giovanni. Con il trascorrere degli anni diventa un punto di riferimento per la teologia cattolica, influenzando – pur senza parteciparvi di persona – lo stesso concilio Vaticano II. Muore il 26 giugno 1988, due giorni prima di poter ricevere la berretta cardinalizia che gli era stata riconosciuta da papa Giovanni Paolo II. Fra le sue numerose opere si ricordano anzitutto la monumentale trilogia (Gloria, 7 volumi; Teodrammatica, 5 volumi; Teologia, 3 volumi) e i Saggi teologici (5 volumi).
Gloria è la prima parte della grande esposizione balthasariana della fede cattolica. Prendendo le mosse dagli attributi dell'essere (bello, buono, vero), Balthasar ha trattato in questa prima parte della "bellezza" del mondo e della "gloria" di Dio, nella seconda (Teodrammatica) della libertà finita ed infinita, e nella terza (Teologica) l'insieme delle questioni concernenti la verità creata, la verità divina, nonché il loro reciproco rapporto.
"Il volume 'Sponsa Verbi', che raccoglie quindici saggi teologici (scritti da Hans Urs von Balthasar tra il 1939 e il 1961), fu pubblicato da Johannes Verlag proprio mentre fervevano i preparativi per la celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, che papa Giovanni XXIII aveva annunciato nel gennaio del 1959. La chiave di lettura autorevole e autorizzata per individuare il cuore di questi saggi (raggruppati in tre parti) sta nell'intenzione dichiarata dall'autore di voler offrire soltanto delle 'pietre di costruzione per una futura ecclesiologia sistematica'. Tuttavia, affinché esse non restassero disperse e slegate tra loro, l'autore si preoccupava subito che venisse prestata un'attenzione sistematica, senza distrazioni, al 'mistero del centro'. Per Hans Urs von Balthasar ogni questione era soltanto una finestra (e sapeva bene che 'si aprono molte finestre'), da cui 'gettare uno sguardo sul centro, che tuttavia resta celato nel recesso più segreto. Nella fede ne abbiamo notizia e siamo indirizzati a interpretare quanto nella Chiesa è manifesto con la luce che proviene da là. Ciò, sotto molti rispetti, dà il risultato di un'immagine della Chiesa diversa da quella che oggi è moderna e in uso'." (Dalla prefazione di Antonio Maria Sicari)
Questa breve ma preziosa operetta, presentata per la prima volta in traduzione italiana, scritta a cavallo tra il 1946 e il 1947, cerca di fare il punto sul difficile rapporto epocale tra modernità e cristianesimo. Il titolo del libro appare programmatico, come lo sviluppo dell’intero scritto, il quale evidenzia con chiarezza le solide acquisizioni balthasariane dopo un paziente, profondo e intenso ascolto della filosofia moderna. P. Henrici afferma che questo libro “è il vero e proprio ‘Discours de la méthode’ […].
Questo saggio può valere come implicita risposta al rimprovero di ostilità nei confronti della Scolastica. Balthasar intende la filosofia cristiana come un filosofare nella fede e con lo sguardo rivolto alla teologia”. In questo testo l’autore traccia le linee fondamentali per un incontro fecondo tra la filosofia moderna e il pensiero cristiano: la prima dal punto di vista formale e la seconda dal punto di vista contenutistico. Esso rappresenta un’ottima sintesi della ricerca balthasariana di un equilibrio dinamico e dialogico tra filosofia e teologia.
Edizione e Prefazione di Alois M. Haas
Postfazione all’edizione italiana di Pierangelo Sequeri
Il teologo svizzero ripropone in modo particolarmente acuto la “questione di Dio” all’uomo del terzo millennio. Non smettere mai di porsi l’interrogativo fondamentale su Dio (ma anche sul rapporto tra scienza e religione, e tra religione e cristianesimo) fa sperimentare in modo nuovo la fede della chiesa.
Descrizione
Il libro propone per la prima volta in traduzione italiana il saggio (1956) di Hans Urs von Balthasar, noto come Gottesfrage: nel frattempo diventato un “classico” del suo pensiero.
L’Autore considerava questo suo saggio “un frammento”. E tuttavia si tratta di un frammento che getta una luce sul Tutto, sull’essenziale: «In quanto teologo mi sono interessato soltanto alla realtà cristiana; e così, alla fine, tutto si accalca sullo stretto passaggio all’“unico necessario”».
Nelle due parti che lo costituiscono il testo di Balthasar si concentra sul rapporto tra scienza e religione e tra religione e cristianesimo: la religione diventa così il punto focale della riflessione, mentre scienza e cristianesimo rappresentano le matrici sulle cui basi avviene il confronto, e pure lo scontro, con la cultura odierna.
In questo contesto si pone oggi in modo particolarmente acuto la “questione di Dio”, o meglio la domanda di Dio dell’uomo contemporaneo.
Per questa strada l’uomo d’oggi può riscoprire in modo nuovo anche se stesso: «Egli è libero come domanda rivolta a Dio
Edizione e Prefazione di Alois M. Haas
«In modo paradossale, secondo l’analisi [di von Balthasar] proprio l’homo faber, l’uomo tecnico del Novecento e del Duemila è, nella sua fragilità, destinato a diventare uomo religioso. La domanda di Dio, l’interrogarsi su Dio, che in ultima analisi è una risposta alla condizione assolutamente finita dell’uomo, lo spinge verso la infinità di Dio, il cristianesimo viene così sperimentato come dilatazione nuova e consapevolezza».
Postfazione all’edizione italiana di Pierangelo Sequeri
«La nuova evangelizzazione avrà presto bisogno di mettere in contatto la ritrovata vitalità delle origini della fede con la lingua materna della creazione in cui l’uomo prende il respiro di Dio. Ossia lo Spirito. È questa lingua materna ciò di cui ci manca il pensiero. L’affresco di questo piccolo gioiello che è la Gottesfrage di Balthasar è ancora oggi un glossario perfetto per riaffezionarci all’impresa».
Teodrammatica è la seconda parte della grande esposizione balthasariana della fede cattolica. Prendendo le mosse dagli attributi dell'essere (bello, buono, vero), Balthasar ha trattato nella prima parte (Gloria) della "bellezza" del mondo e della "gloria" di Dio, nella seconda (Teodrammatica) della libertà finita e infinita e nella terza (Teologica) l'insieme delle questioni concernenti la verità creata, la verità divina, nonché il loro reciproco rapporto. "Ciò che qui interessa è questo grande complesso che è il teatro: il fatto che si dà qualcosa che assume struttura di rappresentazione in movimento. Ed interessa in ultima analisi ciò che viene rappresentato. Questo complesso dev'essere reso trasparente in ordine alla teologia, e tutti i suoi elementi devono essere resi utili per essa. Ci sarebbe naturalmente anche una possibilità filosofica di comprendere il teatro, la quale potrebbe iniziare dal fenomeno per cui già il bambino è solito tradurre in situazioni teatrali il mondo della sua esperienza: nella percezione delle cose e delle sue reazioni ad esse, nella lingua e nelle lorme del gioco infantile. A partire di qui il teatrale si può intendere come un istinto primordiale dell'uomo, un istinto di cui è stato detto che è più primitivo dei nostri stessi bisogni estetici." (dalla prefazione)
"Nell'introduzione al primo volume della teodrammatica la "drammatica" è stata situata tra "estetica e logica", e perciò concepita come il centro di una riflessione integrale della rivelazione cristiana". "Il presente secondo volume e il terzo, a cui spetta di presentare i personaggi del dramma, si trovano subito davanti a una grande difficoltà. Chi, all'oscuro dell'azione drammatica e prima che si alzi il sipario, scorre sul programma la lista dei "personaggi" e cerca in qualche modo di immaginarsene le caratteristiche, non sa nulla del dramma e riesce a mala pena ad anticipare qualcosa del contenuto. [...] Noi dobbiamo perciò essere ben consapevoli già in questo volume, come in quello successivo, che delineano i personaggi cioè i centri soggettivi dell'azione, che quanto verrà detto via via - poniamo la fondazione della libertà creata - non potrà essere reso intelligibile se non mediante quanto sarà rivelato in definitiva: il mistero divino trinitario e il mistero soteriologico della Chiesa". (dalla premessa)
"Il semplice fatto che alla fine del volume precedente della "Teodrammatica" non si sia potuto abbozzare un'antropologia neutrale, ma soltanto un'antropologia analogicamente articolata in base all'evento "storico di Gesù Cristo, già dimostra che una teoria dell'uomo (e del mondo che l'uomo ricapitola) si può portare a termine soltanto in una cristologia che le faccia da sfondo". "Questo volume si affida per più di una ragione alla comprensione del lettore. Anzitutto per la sua posizione paradossale in una teodrammatica: intende presentare i personaggi più in vista del dramma senza entrare ancora nel dramma stesso, cosa possibile soltanto se essi sono già caratterizzati come personaggi del dramma, cioè come già intimamente incisi e condizionati dal loro carattere drammatico e dalla loro effettiva, posizione nel processo teologico del mondo. In più di un punto ciò si vedrà da sé o lo si richiamerà. Perciò, quanto ai personaggi principali, dovremo invadere ogni tanto il campo dei grandi "trattati" teologici, la ricchezza materiale dei quali qui non potrà essere neppure passata in rassegna. In questa nostra "locandina teatrale" verrà esposto soltanto il profilo, lo schizzo dei personaggi, soltanto nella misura in cui dovrà risultare riconoscibile la loro posizione nel dramma. Il "profilo" non viene poi tracciato in vista di un completamento dei contenuti da farsi più avanti: più avanti non si tratterà che della drammatica proposta nel titolo generale." (dalla introduzione e prefazione)
"Questo libro ultimo della Teodrammatica sfocia in pieno in ciò che Karl Rahner definisce di tutto diritto enfaticamente come il mistero di Dio. Ciò che si può dire alla fine circa l'ultimo atto del dramma tra cielo e terra non sono che termini stupefatti e balbettanti, che girano intorno a questo mistero, termini che si appoggiano ad alcune lampeggianti parole ed allusioni della Scrittura. Sì è tentato di andare fino al limite consentito dalla Scrittura - per alcuni forse un passo più avanti - ma di fermarsi rigorosamente là dove speculazioni apparentemente logiche hanno condotto soltanto in un vuoto astratto o davanti a superflue segnalazioni di divieto. Non è "scientifico", neppure in campo teologico, parlare 'con esattezza' di cose che non si possono sapere (per esempio dello 'stato intermedio'). Conforme all'avvertimento dell'Aquinate si è cercato di costruire della teologia sugli articoli di fede (e non inversamente) - sulla Trinità, sull'Incarnazione del Figlio, sulla sua vicarietà per noi in croce e nella resurrezione, sulla sua missione dello Spirito a noi nella Chiesa apostolica e nella Communio Sanctorum - la quale teologia è la sola chance per il fatto che anche oggi ed in futuro si possa attuare una testimonianza di vita (e di morte) per 'il supremo dono di Dio', che solo così diviene 'irreversibile e insuperabile'." (dalla nota preliminare)