Risalgono all'ultimissimo periodo della vita di Karl Barth i testi qui raccolti, tra cui uno incompiuto che stava redigendo la sera prima di morire, il 9 dicembre 1968. Tre brevi scritti e due interviste minori se paragonati alla mole dell'opera barthiana, ma in grado di condensare alcuni temi della sua riflessione teologica colti nella prospettiva più matura della sua attività: il "cristocentrismo", l'ottimismo teologico - qui curiosamente accostato all'opera di Mozart -, l'estrema libertà di pensiero che lo ha sempre contraddistinto, il vivo interesse ecumenico. Questo in particolare divenne predominante proprio nelle ultime testimonianze di Barth, che rappresentano il suo testamento spirituale: la coesistenza fra le Chiese, accentuata da una sempre maggiore eterogeneità del contesto sociale, non si limiti a essere benevolente, ma sia il punto di partenza per la ricerca della loro unità.
Questa la reazione di Karl Barth agli sconvolgimenti politici ed ecclesiali dei primi mesi della dittatura hitleriana. Un professore che si chiude nella sua accademica torre d'avorio? Così hanno pensato in molti, ma a torto. Teologia, qui, è un grido di battaglia e di libertà, un cammino di lotta che sfocerà nella Dichiarazione teologica di Barmen, uno dei documenti più luminosi del cristianesimo del Novecento.
Nel secondo dopoguerra, Karl Barth precisa la sua riflessione sull'impegno politico dei cristiani, e ribadisce la necessità di preservare la purezza del messaggio evangelico da ogni contaminazione con qualsiasi forma di causa politica che, per sua natura, non può che essere provvisoria. Di fronte al teologo, dopo il crollo della Germania, c'è il mondo della Guerra Fredda, diviso in due e sotto la costante minaccia dell'estinzione. I testi raccolti in questo libro, composti tra la fine del secondo conflitto mondiale e il 1959, pongono l'analisi demistificante della politica internazionale a confronto con l'agire concreto del credente, che deve rispondere, sempre e prima di ogni altra cosa, alla propria fede. In due scritti del 1945 "I tedeschi e noi" e "Come potranno guarire i tedeschi?" Barth si sofferma sulla necessità per i cristiani di essere i primi a perdonare i vinti per farsi costruttori di un futuro migliore. "La Chiesa tra Est e Ovest" (1949) mette in guardia i fedeli dal farsi paladini nella crociata contro l'Est sovietico, invitandoli a cercare invece una terza via di conciliazione che coniughi libertà e giustizia sociale. Nel 1958 Barth scrive la lettera "A un pastore della Repubblica democratica tedesca", dove torna sulla necessità di riconoscere l'esistenza del totalitarismo nel mondo, sia nella forma poliziesca dei Paesi del socialismo reale, sia nella forma economico-finanziaria dei Paesi dell'Occidente capitalistico.
Fede e potere presenta la prima versione del commento al capitolo 13 della Lettera ai Romani, ed è un testo cardine e fondativo nello sviluppo del pensiero di Karl Barth, che nasce dalla sua esperienza di pastore a Safenwil. A Safenwil, Barth dà vita a una "chiesa locale", partecipando anche alle lotte politiche e sindacali del villaggio mentre, nelle sue prediche, la parola biblica s'intreccia con le tematiche sociali. In quegli anni molto vicino al socialismo e attivo nel movimento operaio, il teologo prende però progressivamente le distanze dalla tentazione di un Cristianesimo sociale, visto come interpretazione riduttiva del messaggio di Cristo, ma ribadisce la libertà della fede e, insieme, la necessità della formazione politica della coscienza, unita al dovere, per il credente, di lottare per la salvezza generale dell'umanità. Per Barth, il cristiano non appartiene allo Stato perché appartiene a uno "Stato superiore" e la sua libertà si fonda sull'indipendenza da qualsiasi ideologia o forma di governo, che può essere tollerata, ma non venerata o considerata di per sé un valore. La forza rivoluzionaria di queste parole di Karl Barth è un seme che darà numerosi frutti nel pensiero politico e religioso fino ai nostri giorni.
«Una dogmatica ecclesiale - sono parole di Barth - deve essere cristologica nel suo insieme e in ciascuna delle sue parti. Perché il suo unico criterio è la Parola di Dio rivelata, testimoniata dalla Sacra Scrittura e predicata dalla Chiesa; e questa Parola rivelata si identifica con Gesù Cristo». Helmut Gollwitzer, che ha curato e introdotto l'antologia, è riuscito a trarre dalle oltre novemila pagine dei tredici volumi della Kirchliche Dogmatik una serie di testi coordinati che esprimono esaurientemente il senso nuovo dell'impresa teologica barthiana ed espongono, con notevole precisione, le dottrine fondamentali del teologo di Basilea. L'edizione italiana è preceduta da un ampio studio monografico di Italo Mancini, che presenta una compiuta ricostruzione critica dell'itinerario barthiano e ne fissa succintamente la linea storiografica, non solo attraverso la concatenazione esegetica di quasi tutte le opere di Barth, ma tenendo anche conto delle più importanti proposte critiche di filosofi e teologi.
Sommario
Il pensiero teologico di Barth nel suo sviluppo (I. Mancini). Nota bibliografica. Introduzione (H. Gollwitzer). I. La rivelazione. II. Gesù Cristo. III. Il male. IV. La bontà della creazione. V. La determinazione dell'uomo. VI. Agape e eros. VII. Uomo e donna.
Note sull'autore
Karl Barth (1886-1968) è, dopo Lutero e Calvino, il teologo più decisivo della confessione protestante. Fu pastore nella parrocchia di Safenwil tra il 1911 e il 1921 e poi professore a Gottinga, Münster, Bonn (da dove fu espulso dal regime nazista nel 1935) e Basilea. Fra le sue opere, oltre 400, si ricordano: Der Römerbrief (1911, 1921); Die kirchliche Dogmatik (1932-1967), in tredici volumi, rimasta incompiuta; Fides quaerens intellectum. Anselms Beweis der Existenz Gottes (1931), considerato il suo discorso del metodo teologico; Die protestantische Theologie im. 19 Jahrhundert (1947).
"Per la libertà dell'evangelo", testo di una conferenza tenuta a Bonn il 22 luglio del 1933, testimonia la radicale opposizione di Karl Barth al movimento filonazista dei Deutsche Christen, che stava per prendere il controllo della comunità evangelica tedesca. Alle vigilia delle elezioni ecclesiastiche del 1933, il teologo vede nascere una chiesa di regime e affermarsi una fede nazionalista, antisemita e sottomessa al culto del Führer. Davanti a questa caricatura del Cristianesimo, afferma che l'"esistenza teologica" del credente non deve più restare sospesa nel limbo "tra i tempi", perché questo è il tempo della "decisione politica" per Gesù Cristo, il tempo storico dell'impegno contro ogni forma d'intrusione dello Stato autoritario nella professione di fede. Reagendo all'emergenza e prendendo posizione, Karl Barth delinea quindi il progetto di una teologia come cristologia, che deve fondarsi sull'imitazione di Cristo e non può rimanere sorda al richiamo della coscienza. Essere nel presente è allora respingere radicalmente tutti gli attentati alla libertà dell'Evangelo, alla libera predicazione della Parola di Dio.
La preghiera di Karl Barth nasce da tre seminari tenuti a Neuchâtel tra il 1947 e il 1951: il grande teologo riformato vi presenta la preghiera attraverso il pensiero dei riformatori, i catechismi riformati e il Padre nostro. Per Barth, la preghiera è innanzitutto un dialogo con Dio che soccorre il credente, necessità esistenziale e grido in cui questi chiede al Signore di aiutarlo, di accompagnarlo e sostenerlo nella fede e negli sforzi per vivere in fedeltà all'evangelo. La preghiera è quindi anche adesione del cuore al cammino con il Cristo.
La definizione del rapporto con la filosofia è stata costante nella teologia di Barth. Se nella Lettera ai Romani - al di là della contrapposizione frontale alla saggezza del mondo - emerge una precomprensione kierkegaardiana, e quindi filosofica, della fede, in questo scritto del 1960 Barth determina con rigore e originalità la relazione tra le due discipline. Mentre la filosofia, partendo dall'aldiquà, cerca di elevarsi al fondamento per ritornare con sguardo nuovo al mondo creaturale, la teologia ha come dato preliminare la Parola di Dio, da cui discende per giustificare l'esistenza delle creature. Una differenza di metodo irriducibile, che tuttavia può metter capo a una feconda conflittualità che aiuti l'una e l'altra a "risvegliarsi", a non idolatrare i propri risultati - proprio perché tanto la filosofia quanto la teologia hanno a cuore la verità: l'umanità e Dio, l'umanità di Dio.
Mentre vive con ansia e forse con disillusione i drammatici fatti d'Ungheria del 1956, con L'umanità di Dio Karl Barth illustra e spiega la seconda "grande svolta" del suo pensiero passando dal Dio "totalmente Altro" al Dio che dice "sì" all'uomo, al Dio umano che in Gesù Cristo si fa egli stesso uomo.
"La sua libera affermazione dell'uomo, la sua libera partecipazione alla sua esistenza, il suo libero intervenire per lui, questa è l'umanità di Dio".
Un'umanità che riconosciamo nel Gesù testimoniato dai Vangeli, lieta novella della reale trasformazione del mondo in lui.
Così, ci dice Barth, se siamo veri testimoni della reale trasformazione del mondo in Gesù Cristo siamo persone che lottano: Dio ha voluto come partner un uomo libero, le cui azioni sono autentiche e valide.
Il volume comprende inoltre - in prima traduzione italiana - il saggio L'umanità di Cristo.