La decadenza della figura paterna è un fenomeno ricorrente nelle epoche di transizione. In Israele, la dissoluzione politica e religiosa della nazione aveva indirizzato gli esuli ad affidare alla centralità di un rinnovato ruolo paterno il compito di garantire l'affidabilità delle promesse divine e la continuità delle stesse istituzioni. L'elaborazione letteraria della seconda età esilica racconta le gesta di fascinose eroine mentre nella storia di Tobit si descrive il clima di accorata nostalgia e di sofferta attesa per una paternità malata da guarire. In Ben Sira, nella Gerusalemme del Secondo Tempio, la funzione paterna sembra invece ricomporsi nel solco di una tradizione ristabilita dall'egemonia sacerdotale nel suo compito morale e istituzionale. Due prospettive diverse e dialetticamente correlate che trovano ancoraggio solo nella novità cristiana che, ponendo al centro la relazione filiale di Gesù con il Padre, prospetta nella coppia, nella famiglia, nella fraternità donata, in cammino verso l'eskhaton, la conoscenza della provvida e misteriosa volontà divina.
La vita di padre Pino Puglisi è una storia semplice, ordinaria, povera di fatti e di avvenimenti, così come" povero" è anche il suo martirio. [...] La su generosa e paziente azione pastorale consisteva nell'annunciare la misericordia di Dio, seminando nelle straziate terre del Sud il bene contagioso della speranza. Nel quartiere Brancaccio di Palermo, negli ultimi tre anni, si dedica al recupero degli adolescenti afferrati dalla morsa della criminalità mafiosa, per educarli a una legalità illuminata dalla fede, testimoniando fino al sangue il suo amore a Cristo.
La vita di fra' Gabriele Maria Allegra si può leggere come la storia di un grandioso e candido sogno giovanile che si è avverato nei modi e nei tempi di Dio. Nelle memorie racconta del suo risoluto desiderio di partire per la Cina per tradurre nella lingua di quel grande paese la Scrittura. La sua opera di scriba, concepita per "dare Cristo ai cinesi e i cinesi a Cristo", è stata sorretta dalla fede nella potenza di Dio che opera meraviglie con gli strumenti più poveri e inadeguati. Un'impresa ardua, nata sotto lo sguardo della Vergine Assunta, da lui particolarmente venerata, alimentata anche dalla viva e gioiosa consapevolezza che Dio ama la parola dell'uomo, di ogni uomo. Conoscere la grammatica di un sogno benedetto che ha visto il Verbo farsi libro in Cina può spingere i nostri giovani, incapaci di sognare, a desiderare cose grandi per continuare a sperare ancora.
Il contesto umano della comunicazione della Parola di Dio agli uomini rende indispensabile l’apertura dell’esegesi biblica all’apporto della sociologia e dell’antropologia. Nel presente saggio il lettore trova una visione circoscritta e guidata dell’esegesi sociologica e una presentazione sintetica e precisa degli elementi fondamentali che permettono di fare un buon uso della lettura antropologica delle Scritture. La parte teorica è accompagnata da esemplificazioni su libri biblici, dimostrando come volere fare a meno della lettura socio-antropologica per comprendere la Bibbia è una fatua illusione e manifesta nel contempo una mancanza di rispetto per l’umanità storica della Scrittura ispirata.
Destinatari
Studenti, ricercatori, sacerdoti.
L'autore Giuseppe Bellia, presbitero della Chiesa di Catania, insegna Teologia biblica e Archeologia biblica presso la Facoltà Teologica di Sicilia di Palermo. Dal 2007 coordina il Comitato promotore di Studi Neotestamentari e Anticocristiani dell’ABI. Dirige dal 1996, per la Facoltà Teologica di Sicilia, la collana Studi dell’editore Sciascia e per Città Nuova Studia biblica.Tra i suoi scritti, si annoverano saggi e volumi sul pentateuco sapienziale, sulla storiografia protocristiana oltre a pubblicazioni di carattere specialistico e pastorale sui ministeri e la vita spirituale. Di recente, con A. Passaro ha curato per la De Gruyter, The Wisdom of Ben Sira. Studies on Tradition, Redaction, and Theology (DCL.St 1), Berlin NewYork 2008.