La Costituzione prevede un sistema di istruzione e di formazione del Paese molto diverso da quello che abbiamo. Da dove nasce questa frattura? L'analisi dell'autore cerca di comprendere perchè un sistema che sulla carta risulta basato sull'autonomia delle scuole e degli enti locali si ritrova ad un'autonomia esclusivamente ""funzionale"", rimanendo, ancora oggi, il più statalistico in assoluto su tutti gli altri aspetti.
In pedagogia la tendenza ad utilizzare alcuni termini con accezioni epistemologiche diverse o addirittura contrastanti è altamente diffusa. In questo contesto, parlare di "pedagogia critica" significa analizzare le differenze di questo complesso vocabolario non solo all'interno dell'ambito pedagogico, ma anche rispetto alle altre scienze dell'educazione.
Un volume che pone in luce uno strano problema che si trova ad affrontare l'Italia: quasi due milioni e mezzo di giovani tra i 16 e i 34 anni non studiano, non hanno un lavoro e nemmeno lo cercano. D'altro canto ci sono moltissime offerte di posti che nessuno vuole più ricoprire. In queste pagine si analizza il fenomeno non solo dal punto di vista sociologico, ma soprattutto da quello formativo e culturale.
La massima educazione possibile di ogni giovane è un diritto soggettivo. È perciò dovere morale e sociale della Repubblica soddisfarlo. Se non altro, per almeno 12 anni. Ma, soprattutto oggi, non è soltanto un dovere morale e sociale: è anche una convenienza economica. Non abbiamo miniere, infatti. Né petrolio. Abbiamo il terzo debito pubblico del mondo. L'unica ricchezza strategica su cui contare per il futuro è il contributo di intelligenza, socialità e creatività dei giovani. Non possiamo, perciò, permetterci di perderne nemmeno uno. Ma come? Con un sistema formativo che vuole l'80% di una generazione al "liceo" e il rimanente 20% in percorsi di istruzione e formazione professionale di serie B, oppure con un sistema formativo che vuole rivendicare e praticare la pari dignità educativa e culturale tra "licei" e "istituti dell'istruzione e formazione professionale"? Con una cultura educativa fondata sul metamessaggio che si studia per non lavorare e si lavora perché non si è studiato, oppure fondata sul principio contrario: nessuno, nella società attuale, può più lavorare senza studiare e studiare senza lavorare? L'autore difende le ragioni della seconda strada e, documentando le vicende riformatrici intervenute negli ultimi anni, cerca di spiegare anche perché, in Italia, è stato ed è così difficile, se non impossibile, percorrerla.
La valutazione degli apprendimenti e la valutazione del sistema: non ci sarà Riforma senza queste due valutazioni. Il testo vuol far capire perché e insieme presentare ipotesi sul come condurle in classe, nella scuola e a livello nazionale.