Negli ultimi lustri è ricorrente l'asserzione, da parte di politici, amministratori locali, funzionari scolastici e commentatori, che i problemi della scuola nel Mezzogiorno siano numerosi e gravi. C'è inoltre accordo sul fatto che tale situazione pregiudichi la crescita personale e sociale delle giovani generazioni e lo sviluppo civile ed economico dell'intero territorio. Più raramente è offerta invece un'approfondita analisi, supportata da rilevazioni statistiche aggiornate, delle condizioni del sistema d'istruzione meridionale oppure accurati studi sui provvedimenti da intraprendere. Scopo di questo volume è esaminare, comparare e discutere le principali caratteristiche del sistema scolastico meridionale, in particolar modo della Regione siciliana, individuando opzioni alternative di carattere generale, nonché un certo numero di linee di azione, per modificarne in modo sostanziale l'efficacia e l'efficienza.
Ogni tre anni la ricerca PISA dell'Ocse rileva le competenze linguistiche, matematiche, scientifiche degli studenti in molti paesi. La percentuale dei giovani quindicenni italiani dal 2000 al 2006 che hanno ottenuto i punteggi più elevati è la metà rispetto alla media Ocse, un terzo rispetto a quella di Finlandia e Giappone. Lo scarto è rilevante, sicché si può parlare di una anomalia o di una eccentricità italiana non solo rispetto ai paesi del G8, ma anche alla maggior parte dei paesi europei e delle nuove "tigri" asiatiche. La scuola italiana sembra turbata dall'eccellenza scolastica: non stimola gli studenti a perseguirla, sembra anzi propensa a ridurre, se non ad annullare, le differenze tra i rendimenti scolastici degli studenti. Si misconosce in questo modo il merito degli allievi più capaci e attivi.