Questo libro è il racconto di ventiquattro ore che hanno cambiato l'Italia. Poche volte nella storia capita che un intero Paese si accorga immediatamente di essere di fronte a uno spartiacque, a un momento da cui si uscirà profondamente diversi. È quello che accade il 16 marzo del 1978, il giorno del rapimento di Aldo Moro ma anche il giorno della fiducia al primo governo che vede il voto favorevole del Partito comunista. Il 16 marzo 1978 è un giorno sbagliato. Un giorno che, destinato a entrare nella storia italiana come inizio di una nuova fase democratica, diventa improvvisamente tutt'altro: il giorno della violenza e della 'geometrica potenza' di fuoco delle armi. Il giorno del sequestro di Aldo Moro a via Fani.
Questo libro è il racconto di ventiquattro ore che hanno cambiato l'Italia. Poche volte nella storia capita che un intero Paese si accorga immediatamente di essere di fronte a uno spartiacque, a un momento da cui si uscirà profondamente diversi. È quello che accade il 16 marzo del 1978, il giorno del rapimento di Aldo Moro ma anche il giorno della fiducia al primo governo che vede il voto favorevole del Partito comunista. La sera precedente al sequestro, tra le ultime trame politiche e gli ultimi preparativi dei brigatisti, comincia il conto alla rovescia che porterà alla strage di via Fani. In forma del tutto originale, Giovanni Bianconi ricostruisce e intreccia i punti di vista dei protagonisti - le vittime come i carnefici - con gli scenari della vicenda: da casa Moro al covo dove il presidente della Dc fu rinchiuso, dalle riunioni segrete nelle stanze del potere alle discussioni nei partiti e in Parlamento, dal Vaticano all'ambasciata Usa, dalle piazze alle università. Un crescendo di azioni, reazioni e colpi di scena. Alla sera del 16 marzo si giunge con la consapevolezza di essere entrati nel momento più buio della storia repubblicana. È già allora evidente ciò che alimenterà per anni l'affaire Moro: dai misteri veri e presunti sull'azione dei terroristi al retroterra del sequestro, fino al 'muro contro muro' tra lo Stato e le Br che ha portato alla morte del prigioniero e del suo progetto politico.
A distanza di molti anni, Giovanni Bianconi ha interpellato i familiari di Moro e i suoi stretti collaboratori; i suoi carcerieri, gli uomini e le donne delle Brigate rosse; gli uomini dello Stato, anche in ruoli di vertice, della Democrazia cristiana e della polizia. Sulla base di testimonianze e valutazioni inedite, e di un enorme lavoro di ricostruzione e di indagine, ha poi ripercorso, momento per momento, gli accadimenti e il clima dei 55 giorni che hanno cambiato per sempre la storia e il cammino dell’Italia repubblicana. Dichiarazioni sepolte, intercettazioni, rapporti e verbali di polizia prendono luce come in un puzzle gigantesco dove, inesorabile, si rivela un disegno. Un racconto che lascia con il fiato sospeso, fino alla fine che credevamo di conoscere. Il racconto di come, a partire da un preciso momento, la sentenza contro Aldo Moro abbia preso la sua forma irrevocabile. Fino a essere eseguita. Nel contesto della vita di tutti, nella primavera 1978.
A venticinque anni dall'attentato di Capaci, Giovanni Bianconi ricostruisce, attraverso i documenti e i ricordi dei protagonisti, l'ultimo periodo della vita di Giovanni Falcone. Un'indagine nella Storia, che rivela la condizione di accerchiamento in cui si è trovato il giudice palermitano, stretto tra mafiosi, avversari interni al mondo della magistrature e una classe politica nel migliore dei casi irresponsabile. E individua coloro che, nascosti dietro il paravento del "rispetto delle regole", lo contrastarono, tentarono di delegittimarlo e lo isolarono fino a trasformarlo nel bersaglio perfetto per i corleonesi di Totò Riina.
«Oggi, un nucleo armato della nostra organizzazione ha fatto irruzione in un covo nemico...»: non inganni il tono scherzoso con cui l'uomo della Dia comunica al quartier generale di Roma che una squadra di investigatori, dopo mesi di lavoro, è riuscita a piazzare una microspia nel «Sancta Sanctorum» che ospita i superkiller di Cosa Nostra. Parodia dei comunicati con cui le Br, negli anni Settanta, scandivano la loro sanguinosa aggressione contro lo Stato, l'annuncio dell'uomo della Dia giunge dalla nuova, difficilissima guerra che insanguina l'Italia: è quella che oppone gli uomini dello Stato alla temibile potenza di fuoco, alla determinata strategia d'assalto dispiegata da Cosa Nostra negli attentati contro Falcone e Borsellino. Laltentatuni è la storia - narrata da Bianconi e Savatteri con il rigore del migliore giornalismo e il ritmo di un grande thriller - di come un pugno di investigatori della Dia, operando sotto copertura e con modalità che non hanno nulla da invidiare alle spy-stories di Le Carré, riescono a entrare nella struttura più interna della mafia. Ne pedinano gli uomini, ne individuano i luoghi di ritrovo, mappano affari e proprietà immobiliari, legami gerarchici e protezioni autorevolissime. Arrivano - scrivendo la pagina più incredibile dell'intera operazione - a rubarne i discorsi in diretta, ad ascoltare ora dopo ora i progetti del nucleo armato. Sullo scenario di una Palermo che Bianconi e Savatteri fissano in modo indimenticabile - città ferita e vitale al tempo stesso - gli investigatori, senza l'aiuto di pentiti e grazie a un immenso e paziente lavoro di indagine, ripercorrono l'insanguinata filiera di Cosa Nostra. E giungono, finalmente, agli assassini della strage di Capaci.
Dopo l'omicidio dell'operaio e sindacalista Rossa, Vincenzo Gagliardo, che da subito condannò il suo operato (e quello dei suoi compagni), si chiuse nel silenzio. Oggi parla con fatica, e ricostruisce la trama, umanamente e socialmente dura, vera e inedita, della sua vita e di una stagione che in troppi hanno voluto nascondere. Il libro diventa così vero libro di storia, con il ricordo soggettivo di ciò che erano realmente le Brigate rosse dentro le fabbriche, e con la ricostruzione dei percorsi che hanno portato alla scelta brigatista. E alla verità difficile e scomoda di Gagliardo si affianca, nel libro di Bianconi, la verità assoluta delle vittime, nella figura di Sabina Rossa, la figlia di Guido Rossa. Per chiudere del tutto una stagione, e aprirne un'altra.
30 maggio 1984, allo stadio Olimpico la Roma guidata da Liedholm perde la finale di Coppa dei Campioni, sconfitta ai calci di rigore dal Liverpool, in quella che ancora oggi resta la più cocente delusione della storia giallorossa. 30 maggio 1994, il capitano di quella grande squadra, Agostino Di Bartolomei, si uccide con un colpo di pistola al cuore nella sua villa a San Marco di Castellabate, in provincia di Salerno. "L'ultima partita" racconta questi due tristi eventi, così diversi tra loro e così intimamente legati; per certi versi, infatti, è stata quella l'ultima vera partita di Agostino, costretto poi a lasciare la Roma dove era nato e cresciuto. "L'ultima partita" è la storia di un campione e della sua città, dai campetti dell'oratorio al provino per entrare nelle giovanili della Roma sotto gli occhi del "mago" Helenio Herrera, dall'esordio in prima squadra all'incontro con il suo maestro Liedholm, dalla vittoria dello scudetto con la maglia giallorossa e la fascia di capitano al braccio a quella triste sera di maggio. Fino al tragico sparo di dieci anni dopo, nello stesso giorno, con cui s'è arreso nella partita con la vita.
Trent'anni dopo, Giovanni Bianconi ha interpellato i familiari di Moro e i suoi stretti collaboratori; i suoi carcerieri, gli uomini e le donne delle Brigate rosse; gli uomini dello Stato, anche in ruoli di vertice, della Democrazia cristiana e della polizia.
Sulla base di testimonianze e valutazioni inedite, e di un enorme lavoro di ricostruzione e di indagine, ha poi ripercorso, momento per momento, gli accadimenti e il clima dei 55 giorni che hanno cambiato per sempre la storia e il cammino dell'Italia repubblicana.
La realtà è emersa cosí nel racconto, drammatica e nuda. Anche perché alcuni documenti sono presentati per la prima volta al pubblico.
Vecchie carte dimenticate si rivelano illuminanti. Dichiarazioni sepolte, intercettazioni, rapporti e verbali di polizia prendono nuova luce. Come in un puzzle gigantesco dove, inesorabile, si rivela un disegno. Un racconto che lascia con il fiato sospeso, fino alla fine che credevamo di conoscere. Il racconto di come, a partire da un preciso momento, la sentenza contro Aldo Moro abbia preso la sua forma irrevocabile. Fino a essere eseguita. Nel contesto della vita di tutti, nella primavera 1978.
Dei brigatisti si ripercorrono le vicende personali, le mosse durante il sequestro, i contrasti interni, i sentimenti e le reazioni alle risposte dello Stato, i colloqui con l'ostaggio, la vita clandestina nella giungla metropolitana grazie alla quale i ricercati sono passati indenni dai controlli di polizia nella città assediata, fino alla tormentata decisione di uccidere il prigioniero come unica conclusione possibile della "battaglia" ingaggiata col rapimento. Nella Dc emerge un atteggiamento che col trascorrere dei giorni va dalla sorpresa alla sofferta consapevolezza di ritrovarsi paralizzati per una Ragione di Stato contro la quale Moro combatte la sua personale battaglia dalla prigione brigatista.