Di Dante, come di tanti altri scrittori, Borges si è dimostrato capace di dirci ciò che altrove non troveremmo, ma soprattutto di dircelo partendo da presupposti e da angolature a lui solo accessibili. Orientata - come accenna il prologo - da una sorta di "innocenza", la sua lettura muove infatti da dettagli, suggestioni, spunti immaginativi per proporre, attraverso molteplici riferimenti letterari, congetture spesso eccentriche e punti di vista esclusivi e personali.
In "Inquisizioni" Borges privilegia autori e motivi legati alla cultura argentina - sul versante della cultura avanguardistica come su quello dell'ispirazione popolareggiante - e sullo sfondo si staglia il controverso rapporto che lega lo scrittore alla letteratura spagnola e all'eredità barocca in particolare, ma non mancano i segni di una capacità precoce, spesso folgorante, di misurarsi con le grandi questioni letterarie e culturali: basti pensare al saggio sull'"Ulisse" di Joyce, probabilmente il primo apparso in America Latina o a quello su Sir Thomas Browne, dove Borges disegna un autoritratto in fieri.
Nate nel 1984 dagli incontri radiofonici con il giornalista e poeta argentino Osvaldo Ferrari, queste Conversazioni vertono sui più diversi argomenti culturali e, dietro l'apparente divagare, offrono una testimonianza degli interessi e dell'intelligenza di uno dei protagonisti del Novecento. Un autoritratto di Borges più arguto, capace di un discorrere piano ma all'occasione vibrato, legato in tutta la sua trama dal filo dello humor; nelle sue parole brilla uno stile ironico, non di rado caustico, paradossale, talora provocatorio, sempre anticonformista e nemico dei luoghi comuni.
Il libro raduna scritti apparsi in varie sedi fra il 1934 e il 1952. Borges è riuscito a dire cose nuove su autori talora celeberrimi, talora trascurati. Si tratti di Cervantes o di Kafka, di Wilde o di Chesterton, di Hume o di Berkeley, di Bloy o di Schopenauer, di Beckford o di Coleridge, tutti gli autori qui trattati sembrano diventare, senza alcuna forzatura, anelli di una catena anonima e infinita, dove, occultato, il lettore incontrerà anche l'anello che corrisponde a Borges stesso.
A setttant'anni Borges decide che è giunto il momento di cimentarsi nella scrittura di quello che egli definisce "racconti diretti". Nasce così questo libro che, pubblicato nel 1970, si presenta come l'unico integralmente narrativo. Molti racconti, ambientati nel mondo della periferia di Buenos Aires, rievocano la società violenta, retta da precisi codici, che aveva già fatto da sfondo alle prime opere: emerge in tal modo l'altro volto di Borges, contrassegnato dalla nostalgia dell'azione, che accompagna costantemente la costruzione di avventure della mente.
"Elogio de la sombra" (con il quale Borges torna alla formula che altera versi e prosa, già felicemente sperimentata nell'"Artefice") ospita alcune delle vette poetiche di tutta l'opera borgesiana, come "Giovanni, I, 14"; "New England, 1967"; "Il guardiano dei libri"; "Buenos Aires"; e la stessa "Elogio dell'ombra". Poesia metafisica e sapiente, e, al tempo stesso, poesia intima, che nasce da un'ispirazione affettiva di natura privata; espressione di uno spirito sottile, inquieto, singolarmente attento all'accento profondo della cultura e alle inflessioni dell'intelligenza: intelligenza e cultura sentite come manifestazioni di una superiore realtà.
Questo manuale borgesiano è una sorta di giardino zoologico delle mitologie, giardino la cui fauna non è composta di leoni o di giraffe, ma di sfingi, grifi e centauri. E la popolazione di questo giardino, nascendo per combinazione di esseri reali, nel centauro si coniugano cavallo e uomo, nel minotauro toro e uomo, è infinita, in quanto le possibilità dell'arte combinatoria sono pressoché infinite...