Il 21 agosto 201 3 un attacco chimico alla periferia di Damasco ricorda al mondo l'esistenza della guerra in Siria, già in corso da due anni. L'intervento occidentale sembra imminente, decine di giornalisti accorrono alla frontiera per poi sparire delusi quando Obama decide di non bombardare. Lasciano dietro di sé 1 26.000 vittime accertate, 200.000 stimate, e oltre metà della popolazione sfollata o rifugiata nei paesi vicini: secondo le Nazioni Unite, la peggiore crisi umanitaria dai tempi della seconda guerra mondiale. Francesca Borri copre per mesi la battaglia di Aleppo da reporter freelance e capisce presto di trovarsi su un duplice fronte: quello di una guerra senza regole, dove non esiste alcuna distinzione tra civili e combattenti, ma anche il fronte quotidiano dei rapporti con i caporedattori e gli altri giornalisti, in cui dominano cinismo, competizione, superficialità. Un viaggio nella guerra, ma anche nei meccanismi a noi nascosti con cui viene costruito, e spesso distorto, il suo racconto. Un viaggio che investe come un colpo di mortaio tutto quello in cui crediamo, il lavoro, l'amicizia, le ambizioni, e ci costringe a non sprecare più niente della bellezza della vita.
“nessuno tra noi che parli albanese, nessuno tra loro che parli inglese. è l’incomunicazione più totale. a sera ognuno torna nella sua casetta di dragodan, e la corrente poco dopo va via. rimane illuminata solo la prishtina dei potenti. è il kosovo che in silenzio, fragile scompare.”