Pubblicato per la prima volta nel 1949, "Vent'anni e un giorno" costituisce ancora una delle critiche al regime mussoliniano più acuminate. Giuseppe Bottai fu fascista della primissima ora, presente durante la Marcia su Roma, governatore di Addis Abeba e poi ministro dell'Educazione Nazionale, grande ammiratore di Mussolini e pensatore sinceramente persuaso che fosse possibile, per l'Italia, trovare nel fascismo un assetto politico utile al suo sviluppo economico e sociale. Nel corso del tempo, però, in Bottai si compie una metamorfosi, la sua riflessione disegna una rotazione di centottanta gradi che lo pone nelle condizioni di riconoscere l'immensa aberrazione che si celava come un nucleo malato nel profondo del regime. Il viaggio interiore di una figura tra le più contraddittorie e sorprendenti del secolo passato, introdotto da un saggio di Giordano Bruno Guerri.
Giuseppe Bottai fu il primo a capire che il ruolo storico del fascismo si era esaurito, e insieme a Dino Grandi fu il principale sostenitore dell'ordine del giorno che provocò la caduta di Mussolini. Condannato a morte l'11 gennaio 1944 per alto tradimento, fu costretto a nascondersi e poi arruolarsi nella Legione Straniera. Questo volume completa quello che è considerato il documento più importante sul fascismo assieme ai diari di Ciano.
Fu definito 'la mente migliore del fascismo', ma a lui si rivolgevano anche gli antifascisti. Era il leader della fronda che si proponeva di cambiare il regime dall'interno, seguì Mussolini prima con entusiasmo, poi con molti dubbi fino al 25 luglio 1943, quando firmò l'ordine del giorno Grandi, ma non cercò mai di salire sul carro dei presunti vincitori. Questo volume raccoglie i diari di Bottai dagli 'anni del consenso' fino al 1944, quando l'Italia era divisa in due.