I racconti e le immagini della violenza, soprattutto sessuale, ci sommergono. I romanzi indugiano volentieri su eroine "sedotte" contro la propria volontà; un film americano su otto contiene una scena di stupro; a partire dagli anni Ottanta le storie di violenza e aggressione hanno lentamente conquistato un posto centrale nei reportage giornalistici. Eppure non conosciamo il numero reale di donne (o uomini) vittime di violenza sessuale. La verità è che lo stupro sfugge alla notazione statistica: numerose aggressioni non vengono nemmeno riportate alle autorità e meno del 5 per cento di quelle denunciate finisce con una condanna. I numeri spaventosi non devono intimidire: se vogliamo analizzare il flagello della violenza sessuale dobbiamo puntare uno sguardo gelido sui colpevoli e smontarne i meccanismi emotivi. È quanto fa Joanna Bourke in queste pagine. Attingendo agli studi di criminologi, giuristi, psicologi e sociologi, servendosi delle narrazioni di violenza rilasciate da vittime e aggressori inglesi e americani dalla metà dell'Ottocento a oggi e di come quei racconti sono cambiati nel tempo, combattendo con la definizione di stupro e stupratore, di consenso e coercizione, l'autrice scava nelle "motivazioni" che portano un individuo a scegliere la violenza: "Al centro di questo libro c'è lo stupratore e non la vittima. Se la categoria dello stupratore viene demistificata, la violenza sessuale non sembrerà più inevitabile. Stupratori non si nasce, si diventa.
Dalla paura di venire sepolti vivi allo spettro del terrorismo, dal panico in combattimento a quello per i grandi disastri, i terrori e i tremori che ci hanno oppressi nel corso degli ultimi centocinquanta anni rivivono in questo saggio. Nelle sue pagine, le voci incrinate di chi le ha vissute davvero raccontano le proprie paure: "nonostante le distanze temporali o spaziali, a volte i loro balbettii impauriti sono assordanti; altre volte, solo deboli, esitanti sussurri. Osservando le paure della nostra società, sia passate che presenti, possiamo meditare sul futuro. E il futuro è frutto delle nostre scelte".
Con questa breve storia Joanna Bourke intende raccontare la seconda guerra mondiale non negli usuali termini politico-militari, ma come immane disastro abbattutosi sulle persone e sulle popolazioni che vi furono coinvolte. E' una storia della guerra vista dalla parte della gente, la cui voce, rintracciata nei diari o nelle testimonianze orali, dà una misura diversa, insondata dalle statistiche, di traumi come quello della perdita, della prigionia e dell'esilio. I fatti vengono esposti fronte dopo fronte: dall'Europa occidentale alla battaglia dell'Atlantico, dalla Cina al sud-est asiatico e al Pacifico, dai Balcani all'Italia e all'Africa, al fronte orientale. Ma l'attenzione va all'esperienza dei singoli, alla testimonianza diretta del loro vissuto (si tratti di partigiani deportati o di soldati torturatori, di vittime o di carnefici), al campionario tragico di violenze di una guerra che le ha sperimentate tutte, dal genocidio ai bombardamenti a tappeto, fino alla bomba atomica, e che ha prodotto più morti, e più morti civili, di ogni altra precedente.
Joanna Bourke insegna Storia al Birkbeck College di Londra. Tra i suoi libri è stato tradotto anche "Le seduzioni della guerra. Miti e storie dei soldati in battaglia" (Carocci, 2001).