«La preghiera è una pratica umana comune, ubiqua e ricorrente. È l’umano protendersi verso il Santo Mistero e la Santa Ultimità, un riconoscimento che gli esseri umani e le loro comunità sono penultimi e si pongono in dialogo con Colui che, benché appena accessibile, viene comunque invocato».
Walter Brueggemann
In tutta la Bibbia si trovano toccanti esempi ed episodi di preghiera. In questo suggestivo volume, il noto studioso Walter Brueggemann legge e illustra con competenza e profondità dodici preghiere dell’Antico Testamento legate ad Abramo, Mosè, Anna, Davide, Salomone, Giona, Geremia, Ezechia, Esdra, Neemia, Daniele e Giobbe. Aprendosi al testo biblico – che grida gioia e dolore, svela le profondità dell’esperienza umana oltre che l’amorevolezza di un Dio misericordioso che sempre ascolta – Brueggemann mostra come questi dodici antichi testi di preghiera possano rendere viva nel presente l’antica pratica umana del pregare.
In questo commentario, Walter Brueggemann - uno dei massimi studiosi veterotestamentari del nostro tempo - analizza il contesto storico e sociale di Geremia e ne propone un'interpretazione teologica.
Diversamente dagli approcci correnti a questo libro chiave dell'Antico Testamento, Brueggemann utilizza un'analisi sociologica e letteraria combinata e fornisce una nuova prospettiva sulle questioni teologiche, portando elementi convincenti circa il messaggio e la significatività del testo sia rispetto a quel tumultuoso periodo della storia di Israele sia per i nostri tempi difficili.
"Geremia non persegue un'interpretazione in termini di realpolitik della crisi che porta alla fine del Regno di Giuda, ma una visione alternativa di tali eventi. La tradizione di Geremia procede sulla base di una prospettiva teologica come alternativa a un'analisi politica"".
Walter Brueggemann
Per Walter Brueggemann lo scalmo - la pace - è "la sostanza della visione biblica di una sola comunità che abbraccia tutto il creato" e si riferisce "a tutte quelle risorse e a tutti quei fattori che rendono gioiosa ed efficace l'armonia comunitaria".
Analizzando i principali riferimenti biblici - dalla Genesi agli insegnamenti di Gesù -, Brueggemann mette quindi in luce una vera e propria teologia biblica della pace, intesa come dono divino ,ma anche come compito, sottolineandone la straordinaria rilevanza per la ricerca di giustizia nel mondo odierno
"La più grande delle crisi in cui ci troviamo è quella del bene comune, di quel senso di solidarietà sociale che ci lega tutti a un destino comune, ricchi e poveri. Siamo di fronte a una crisi del bene comune perché ci sono forze potenti che operano tra noi, per rompere la solidarietà sociale e negare il destino comune. Ma le persone mature sono persone che si impegnano per il bene comune, quel bene che va al di là degli interessi privati, trascende gli impegni settari e offre umana solidarietà". Walter Brueggemann
La Bibbia non è un testo lontano e incomprensibile, ma la testimonianza viva e attuale del particolarissimo rapporto che lega Dio e l’uomo. Spesso si distorce la Bibbia considerandola come un libro di sole risposte, una “coperta di sicurezza”, un “amuleto portafortuna”, una “sacra reliquia” su cui giurare. Altre volte si cerca in essa una soluzione ai nostri dilemmi morali e spirituali o una sorta di “codice di buona condotta”. Lungi dall’essere tutto questo, la Bibbia rivela il volto disarmante di un Dio che manda in frantumi ogni nostra idea religiosa e ci interpella nelle fibre più intime della nostra identità di uomini e di credenti, per entrare in relazione con noi. AUTORE
Walter Brueggemann, è docente emerito di Antico Testamento al Columbia Theological Seminary di Decatur, in Georgia. Autore di molti libri sulle Scritture e su argomenti correlati, è particolarmente conosciuto in America, in Europa e in Israele per le sue conferenze e ricerche di alto livello. Tra i testi tradotti in lingua italiana ricordiamo: Introduzione all’Antico Testamento (Claudiana 2005), La spiritualità dei Salmi (Queriniana 2004), Genesi (Claudiana 2002).
"A mio giudizio, il punto d'incontro tra il canonico e l'immaginativo è esattamente il luogo in cui avviene l'interpretazione più fedele e responsabile. Mi aspetto che questo sia l'approccio interpretativo di quanti considerano la Bibbia come norma e parola viva di Dio". Questa la filosofia dietro all'opera in cui Brueggemann - uno dei massimi esperti di esegesi veterotestamentaria - introduce i lettori all'ampio contesto teologico e cronologico dell'Antico Testamento. Brueggemann illustra, senza inutili tecnicismi, le principali tematiche e metodi dell'esegesi veterotestamentaria contemporanea offrendo indicazioni per una lettura responsabile sul piano teologico e documentata dal punto di vista critico.
La spiritualita dei salmi vista attraverso le stagioni della vita della fede.
«Dopo Eichrodt e von Rad, la Teologia dell'Antico Testamento del biblista nordamericano Walter Brueggemann è destinata a diventare una pietra miliare nel campo della Teologia dell'Antico Testamento». Rolf Rendtorff (professore emerito di Antico Testamento, Università di Heidelberg)
Dalla quarta di copertina:
In questo libro straordinario, Walter Brueggemann porta la discussione di teologia dell'Antico Testamento oltre i modelli dominanti delle precedenti generazioni. Il biblista nordamericano mette a fuoco la metafora e l'immagine del processo giudiziario per osservare la sostanza teologica dell'Antico Testamento come una serie di affermazioni sostenute da Jahweh, il Dio d'Israele. Questo offre un contesto che presta attenzione al pluralismo di ogni dimensione del processo interpretativo e suggerisce collegamenti alla pluralità di voci del nostro tempo. L’interesse per il processo e l'interazione spiega i tre termini del sottotitolo:
- Testimonianza: il carattere di denuncia teologica dell'Antico Testamento deve farsi strada nel contraddittorio;
- Dibattimento: ci sono offerte concorrenti di verità, come in ogni caso legale;
- Perorazione: il ruolo della testimonianza è perorare una rappresentazione della verità che è fortemente in contrasto con altre versioni della realtà.
Brueggemann mette a fuoco il processo di asserzione teologica, l'enunciazione piuttosto che le questioni storiche, e cerca di vedere l'interpretazione ebraica e cristiana come operazioni parallele. Egli considera seriamente la “deludente" testimonianza resa a Dio, come pure le positive affermazioni di Israele a favore di Dio.
Recensioni:
Scrivere un libro dedicato alla teologia dell’AT richiede indubbiamente coraggio, data la quantità di elementi che vanno tenuti in considerazione e la mole bibliografica che occorre padroneggiare. L’A. richiama all’inizio le opere «classiche» di W. Eichrodt e di G. von Rad, ritenendo che non si possa oggi semplicemente ripetere quei modelli, che pure hanno svolto un ruolo fondamentale. Di fatto il contesto attuale è caratterizzato, a tutti i livelli, dal pluralismo, che ha evidenti ripercussioni anche sul modo di pensare la teologia biblica. Consapevole di questa realtà, l’A. dichiara che la teologia biblica, per essere fedele all’attuale contesto interpretativo attento al pluralismo, «deve mettere a fuoco non questioni contenutistiche o tematiche, ma i processi, le procedure e il potenziale interattivo della comunità contemporanea al testo» (p. 6).
Prima di procedere però nell’analisi, egli premette una lunga ricostruzione del cammino percorso dalla teologia biblica dalle origini a oggi. Tale ricostruzione è divisa in due parti: dalle origini alla fine di un periodo generatore e la situazione contemporanea. La fine del primo periodo si può individuare nel 1970, anno in cui viene pubblicato l’ultimo grande libro di von Rad (La sapienza in Israele), nonché un testo di B. Childs (Biblical Theology in Crisis) nel quale l’A. richiamò l’attenzione su una mutata situazione nella teologia dell’AT. In ogni caso, il periodo compreso tra il 1970 e il 1990 presentò due sviluppi importanti nello studio dell’AT. Il primo fu il rifiuto del modo di fare teologia dell’AT di von Rad e un ritorno al lavoro storico-critico con la sua tipica sospensione di ogni interpretazione teologica (p. 66). In secondo luogo, in quegli anni sono sorti vari metodi che hanno influenzato la successiva fase del lavoro scientifico. Tra questi metodi l’A. richiama l’attenzione soprattutto sull’analisi sociologica (N. Gottwald) e sulla critica retorica.
Nel secondo capitolo dedicato alla retrospettiva storica, prendendo m considerazione la situazione contemporanea, bisogna di nuovo prendere atto del pluralismo che domina l’esegesi attuale. Ciò significa che diverse interpretazioni entrano in conflitto e si scontrano. L’A. indica quattro interpreti contemporanei di teologia dell’AT, che adottano le più visibili opzioni metodologiche presenti oggi, B. Childs, J. D. Levenson, J. Barr e R. Rendtorff, sintetizzando brevemente le rispettive posizioni. Al termine di questa panoramica, alcune questioni emergono come centrali: innanzitutto, la critica storica va ridimensionata, perché il suo orizzonte ermeneutico appare troppo pesantemente condizionato da pregiudizi di natura ideologica. In secondo luogo, è necessario studiare l’AT, per quanto possibile, nella sua autonomia dalla teologia dogmatica o dalla chiesa. La teologia sistematica non tollera il carattere polifonico del testo biblico, mentre è necessario mantenere l’interpretazione aperta alla poliedricità del testo biblico. «È il lavoro di un serio interprete teologico della Bibbia quello di prestare rigorosa e accurata attenzione a ciò che è nel testo, senza riguardo a come è coerente con la consuetudine teologica della chiesa» (p. 149). Va inoltre mantenuta la giudaicità del testo biblico, scoprendo anche quale contributo l’AT può offrire al modo di trattare alcune questioni oggi cruciali (l’etica, la dimensione morale del potere ecc.).
Nelle parti che seguono, l’A. elabora la sua proposta teologica centrata sul modello della testimonianza. L’oggetto primario di una teologia dell’AT è Dio e, di conseguenza, molto importante è il modo in cui si parla di Dio. Tutte le questioni relative alla storicità del testo vengono ad essere messe tra parentesi. Infatti la domanda che guida la ricerca è: «Che cosa è detto?», non: «Che cosa è accaduto?». La categoria più ampia sotto la quale si può considerare il parlare di Israele su Dio è quella della testimonianza che viene resa, idealmente, in un tribunale, a fronte di alcuni che contestano l’assunto al quale si rende testimonianza. Tale testimonianza è presentata partendo dall’analisi di verbi, titoli di Dio, metafore applicate a Lui ecc., ricavando cioè a partire dai testi una sorta di grammatica della fede. La fede di Israele non si basa su una generica nozione di Dio, ma sulla testimonianza di ciò che Israele ha visto e ricevuto da Lui.
Nella seconda parte del volume si prende in esame la controtestimonianza d’Israele. La testimonianza propone un Dio che ordina il mondo e gli da vita, ma l’esperienza vissuta sembra contestare questo assunto. E ciò è oggetto di studio in questa seconda parte che sviluppa i temi del nascondimento, dell’ambiguità e della negatività di Dio. Nella terza parte, a nostro giudizio, il discorso non progredisce dal punto di vista teorico, ma viene arricchito quanto già presentato nella prima parte relativa alla testimonianza d’Israele. Il titolo di questa terza parte, infatti, è «La testimonianza spontanea d’Israele». Anche la quarta parte non ci sembra così integrata nello sviluppo del discorso, perché di fatto si allontana dalla metafora dominante delle prime due parti, sulla quale l’A. ha giustamente richiamato l’attenzione. Ora lo studio si concentra su «La testimonianza concreta di Israele» analizzando alcuni luoghi emblematici, come la Torah, il re, il profeta, il culto, il saggio, forme tutte di mediazione della relazione con Dio. Infine, la quinta e ultima parte è dedicata a una sintesi teologica di quanto emerso dall’analisi precedente, con una certa attenzione anche all’attualità.
In conclusione, si tratta di un volume ampio, ricco e impegnativo, a tutti i livelli.
D. Scaiola, in La civiltà cattolica 155 (2/2004) 99-100
Questo primo volume della nuova serie "Commentari" dell'ormai consolidata collana "Strumenti" si prefigge di avvicinare il testo e i concetti teologici espressi nella Genesi alla fede e al ministero odierno della chiesa. Utilizzando le acquisizioni dell'analisi storico-critica del testo, Walter Brueggeman ci porta infatti dall'"allora" della Genesi all'"adesso". A tal fine fa ricorso ad audacia e immaginazione, accettando inevitabilmente di correre alcuni rischi interpretativi che, se trascendono le convenzioni del genere e possono sembrare azzardati, non mirano però a pervenire a un "giudizio definitivo" su una data questione bensì a invitare i lettori allo stesso rischioso percorso nello spazio interpretativo compreso tra l'"allora" e l'"adesso". Già segnalato in seminari e università italiani e pontifici.