Non sono più i tempi in cui Togliatti dettava la linea agli storici marxisti, in cui lo scontro tra Craxi e Bobbio produceva un mutamento nella linea politica di un partito, in cui gli intellettuali partecipavano appassionatamente alla vita politica del paese. Ormai non è più neanche il periodo delle fondazioni, dei think tank o degli intellettuali ad personam di una ventina di anni fa. Oggi, semplicemente, politica e cultura hanno ritenuto di poter fare a meno una dell'altra. Perché? E soprattutto, come si è prodotta questa frattura? Un racconto delle tappe attraverso le quali si è arrivati a questa stagione del disamore, del disprezzo per i 'professori' da un lato, dell'inconcludenza e della vanità dall'altra. Un racconto che indaga le ragioni del discredito che ha investito le figure del politico e dell'intellettuale negli ultimi trent'anni; analizza il ruolo che in questo processo hanno avuto i mass media e l'università; riflette sulla dissoluzione di quel nesso tra politica e cultura, cruciale nella storia italiana del pieno Novecento. Un libro che, senza giudizi moralistici, pone al centro una delle questioni più significative del nostro tempo.
Nei secoli racchiusi tra l'invenzione della stampa e la nascita del diritto d'autore anche gli uomini e le donne più illuminati credevano nella necessità di sorvegliare la circolazione libraria e reprimere le idee considerate dannose per la società. Cosa distinse il sistema di censura romano dai meccanismi di controllo vigenti in altre parti d'Europa? E, soprattutto, in che modo la censura ecclesiastica influì sugli sviluppi della cultura italiana nel corso dell'età moderna? Tenendo insieme in un unico grande affresco dotti e 'senza lettere', letteratura e arte, scienza e filosofia, politica e teologia, questo libro restituisce la voce ai tanti attori che animarono la scena culturale della penisola italiana. Ricostruisce gli strumenti con cui Roma cercò di impedire la diffusione dei libri ritenuti pericolosi e allo stesso tempo gli stratagemmi con cui autori, stampatori e lettori cercarono di aggirare tali controlli. La censura fu eliminazione, soppressione, cancellazione, ma anche sostituzione, restituzione, riscrittura. Il successo della politica religiosa e culturale della Controriforma passò anche per la capacità di restituire ai fedeli una serie di testi atti a sostituire i libri non più disponibili. Il libro scomparve e poi ricomparve sotto forme diverse, lontane ma non del tutto nuove rispetto al loro aspetto originario.
L'approfondita ricerca di Caravale mette a fuoco la vicenda biografica e l'itinerario intellettuale del fiorentino Francesco Pucci (1543-1597). Stabilitosi ventenne a Lione per praticare la mercatura, nello stimolante ambiente lionese Pucci maturò la decisione di dedicarsi "allo studio delle cose celesti ed eterne", e da allora visse in Francia, in Inghilterra, in Olanda, in Polonia, a Praga elaborando e discutendo un suo ideale di religione universale che tuttavia non trovò ascolto nei differenti ambienti religiosi protestanti in cui visse. Tornato al cattolicesimo, volle rientrare in Italia per presentare al papa le sue tesi, ma venne imprigionato e condannato a morte per eresia. Lo studio di Caravale, che si avvale anche di lettere inedite, mette in luce in particolare il peso fondamentale della formazione italiana di Pucci, ricostruisce il contesto in cui maturò la sua proposta politica e religiosa e spiega le ragioni del suo fallimento.