"Era forse il dieci di aprile. L'aria era fresca, tersa. Spirava una brezza profumata molto rara in città, il sole e la sua luce si spandevano liquidi su di noi e sulla facciata grigia del tribunale. Carmelo Tancredi e io eravamo vicini all'ingresso, chiacchieravamo. - A volte penso di smettere, - dissi appoggiandomi al muro." Torna Guerrieri, l'avvocato che ama complicarsi la vita. Anche questa volta ha tra le mani un caso difficile: un giudice importante su cui grava l'accusa peggiore che possa capitare a un magistrato, quella di corruzione. A dare una mano a Guerrieri, un'investigatrice privata, una donna bella, sicura di sé e indecifrabile.
Giorgio, studente modello figlio di intellettuali borghesi, ha ventidue anni e una vita normale e un po' noiosa. Senza crepe, in apparenza. Francesco è torbido, misterioso e affascinante. E baro. Le loro vite viaggiano separate fino all'incontro che segnerà il destino di entrambi. I due diventano amici e passano da una partita di carte truccata all'altra, da una bravata all'altra, in un vortice ubriacante che a poco a poco diventa un'inarrestabile discesa agli inferi. In parallelo corre un'indagine dei carabinieri su una serie di misteriose violenze. Una storia struggente sull'amicizia e il tradimento. Un'avventura picaresca in una Bari segreta e allucinata.
È una primavera strana, indecisa, come l'umore di Guido Guerrieri. Messo all'angolo da una vicenda personale che lo spinge a riflettere sulla propria esistenza, Guido pare chiudersi in se stesso. Come interlocutore preferito ha il sacco da boxe che pende dal soffitto del suo soggiorno. A smuovere la situazione arriva un cliente fuori del comune: un giudice nel pieno di una folgorante carriera, suo ex compagno di università, sempre primo negli studi e nei concorsi. Si rivolge a lui perché lo difenda dall'accusa di corruzione, la peggiore che possa ricadere su un magistrato. Quasi suo malgrado, Guerrieri si lascia coinvolgere dal caso e a poco a poco perde lucidità, lacerato dalla tensione fra regole formali e coscienza individuale. In un susseguirsi di accadimenti drammatici e squarci comici, ad aiutarlo saranno l'amico poliziotto, Carmelo Tancredi, e un investigatore privato, un personaggio difficile da decifrare: se non altro perché è donna, è bella, è ambigua, e gira con una mazza da baseball.
Un caffè al bar, una notizia di cronaca nera sul giornale, un nome che riaffiora dal passato e toglie il respiro. Enrico Vallesi è un uomo tradito dal successo del suo primo romanzo, intrappolato in un destino paradossale, che ha il sapore amaro delle occasioni mancate. Arriva però il giorno in cui sottrarsi al confronto con la memoria non è più possibile. Enrico decide allora di salire su un treno e tornare nella città dove è cresciuto, e dalla quale è scappato molti anni prima. Comincia in questo modo un avvincente viaggio di riscoperta attraverso i ricordi di un'adolescenza inquieta, in bilico fra rabbia e tenerezza. Un tempo fragile, struggente e violento segnato dall'amore per Celeste, giovane e luminosa supplente di filosofia, e dalla pericolosa attrazione per Salvatore, compagno di classe già adulto ed esperto della vita, anche nei suoi aspetti più feroci. Con una scrittura lieve e tagliente, con un ritmo che non lascia tregua, Gianrico Carofiglio ci guida fra le storie e nella psicologia dei personaggi, indaga le crepe dell'esistenza, evoca, nella banalità del quotidiano, "quel senso di straniamento che ci prende quando viaggiamo per terre sconosciute e lontane". Romanzo di formazione alla vita e alla violenza, racconto sulla passione per le idee e per le parole, storia d'amore, implacabile riflessione sulla natura sfuggente del successo e del fallimento, "Il bordo vertiginoso delle cose" può essere letto in molti modi...
Un buon investigatore deve essere capace di costruire una storia, immaginare che cosa è successo prima e dopo il crimine, come in un romanzo. Poi, costruita la storia, deve andare in cerca di ciò che la conferma e la contraddice. Così pensa il maresciallo dei carabinieri Pietro Fenoglio, piemontese trapiantato a Bari, che si trova a indagare su un omicidio dove tutto appare troppo chiaro fin dall'inizio. Non fosse che al principale sospettato, su cui si concentra ogni indizio, mancava qualsiasi movente per commettere il delitto.
"È tutto accaduto, più o meno". È l'incipit di un grande romanzo e peccato sia stato già scritto da Kurt Vonnegut, perché sarebbe l'attacco ideale per questa storia. Anzi, per queste storie. I due protagonisti - e autori - sono fratelli ma non si frequentano molto, forse nemmeno si sopportano molto. Vite diverse, caratteri diversi e forse anche qualche lontano rancore, lasciati covare sotto la cenere per troppo tempo. Adesso però gli tocca stare insieme, almeno per qualche ora: devono dare un'ultima occhiata alla casa di villeggiatura della loro infanzia - la casa nel bosco - prima di consegnare le chiavi al nuovo proprietario. Sembra solo un adempimento banale anche se un po' triste e invece diventa l'occasione, inattesa e sorprendente, per un viaggio nella memoria, per una riconciliazione, per un inventario buffo e struggente di oggetti, luoghi, odori, storie e soprattutto sapori. In una sequenza di dialoghi fulminanti, comici e commoventi, Gianrico e Francesco Carofiglio (rigorosamente disposti in ordine di anzianità) percorrono il crinale sottile che divide affetto e rivalità, divertimento e malinconia, nostalgia e disincanto. Un memoir a quattro mani che racconta di amicizie perdute, di amori rubati, di vecchi fumetti e di torte di ricotta. Un ricettario, non solo metaforico, dell'infanzia, dell'adolescenza e di un'età adulta ancora capace di riservare sorprese.
Un caffè al bar, una notizia di cronaca nera sul giornale, un nome che riaffiora dal passato e toglie il respiro. Enrico Vallesi è un uomo tradito dal successo del suo primo romanzo, intrappolato in un destino paradossale, che ha il sapore amaro delle occasioni mancate. Arriva però il giorno in cui sottrarsi al confronto con la memoria non è più possibile. Enrico decide allora di salire su un treno e tornare nella città dove è cresciuto, e dalla quale è scappato molti anni prima. Comincia in questo modo un avvincente viaggio di riscoperta attraverso i ricordi di un'adolescenza inquieta, in bilico fra rabbia e tenerezza. Un tempo fragile, struggente e violento segnato dall'amore per Celeste, giovane e luminosa supplente di filosofia, e dalla pericolosa attrazione per Salvatore, compagno di classe già adulto ed esperto della vita, anche nei suoi aspetti più feroci. Con una scrittura lieve e tagliente, con un ritmo che non lascia tregua, Gianrico Carofiglio ci guida fra le storie e nella psicologia dei personaggi, indaga le crepe dell'esistenza, evoca, nella banalità del quotidiano, "quel senso di straniamento che ci prende quando viaggiamo per terre sconosciute e lontane". Romanzo di formazione alla vita e alla violenza, racconto sulla passione per le idee e per le parole, storia d'amore, implacabile riflessione sulla natura sfuggente del successo e del fallimento, "Il bordo vertiginoso delle cose" può essere letto in molti modi...
Rivedersi dopo oltre vent'anni con amici che non hai più cercato. Di giorno basterebbero pochi minuti per un saluto di circostanza, ma di notte è un'altra cosa. Di notte Bari può catturare e trasformarsi in un irreale cinema della memoria. Dove presente e passato, ricordi e invenzione si confondono, e l'età da cui le illusioni fuggono può ancora sfiorare il tempo in cui tutto era possibile.
Le parole servono a comunicare e raccontare storie. Ma anche a produrre trasformazioni e cambiare la realtà. Quando se ne fa un uso sciatto e inconsapevole o se ne manipolano deliberatamente i significati, l'effetto è il logoramento e la perdita di senso. Se questo accade, è necessario sottoporre le parole a una manutenzione attenta, ripristinare la loro forza originaria, renderle di nuovo aderenti alle cose. In questo libro, atipico e sorprendente, Gianrico Carofiglio riflette sulle lingue del potere e della sopraffazione, e si dedica al recupero di cinque parole chiave del lessico civile: vergogna, giustizia, ribellione, bellezza, scelta, legate fra loro in un itinerario concettuale ricco di suggestioni. Il rigore dell'indagine - letteraria, politica ed etica - si combina con il gusto anarchico degli sconfinamenti e degli accostamenti inattesi: Aristotele e don Milani, Cicerone e Primo Levi, Dante e Bob Marley, fino alle pagine esemplari della nostra Costituzione. Ne derivano una lettura emozionante, una prospettiva nuova per osservare il nostro mondo. Chiamare le cose con il loro nome è un gesto rivoluzionario, dichiarava Rosa Luxemburg ormai un secolo fa. Ripensare il linguaggio, oggi, significa immaginare una nuova forma di vita.
La cocaina. Muove capitali immensi, costruisce imperi, distrugge, ricrea e plasma le coscienze. Rende tutti un po' più criminali. La cercano sia gli operai in fila all'alba in attesa di ingaggio nelle città del Nordest, sia l'insospettabile compagna o compagno della tua vita. In tempi di crisi, è generosa con chi sceglie di servirla. Ci segue come la nostra ombra, così evidente e normale che nessuno più la vede. E allora serve la letteratura per renderla di nuovo visibile. Tre storie che rimandano l'una all'altra, tre facce diverse e complementari dello stesso cristallo. Tre scrittori al meglio delle loro capacità, che ci divertono, turbano e costringono a riflettere.