Il libro presuppone si sia presa sul serio la domanda più radicale sull'esperienza giuridica: quale il rapporto tra diritto e verità? Rispondere in termini filosofici significa chiedersi di quale verità si parli: e quindi sospettare che le perplessità dipendano dal modo con cui in Occidente si è intesa la verità, ovvero identificandola con la scienza. Ma c'è un altro "senso" della verità: quello che ci permette di chiamare verità molte e diverse manifestazioni particolari della stessa. Occorre però cercare lontano. Prima che l'idea della scienza si annunciasse, il pensiero arcaico aveva riflettuto sulle origini di ciò che si presenta necessariamente a tutti: e quella riflessione ci ha lasciato tracce che ancora dobbiamo ripercorrere. La via specifica del libro è di trovare un inizio necessario non alternativo al pensiero moderno ma, casomai, capace di ricomprenderlo, così da dar ragione della scienza e, insieme, dell'esperienza religiosa e di ogni altra manifestazione di quel vero che appare in modo eminente nel dialogo, nella controversia e nel processo.