All’alba del secolo scorso, esattamente allo scoccare del 1900, Lord Kelvin proclamò che ormai non c’era più niente di nuovo da scoprire nel campo della fisica. «Non rimangono altro che misurazioni sempre più precise» affermò. Di lì a pochi anni – come sappiamo – Albert Einstein avrebbe ribaltato le conoscenze e l’immagine del mondo fino allora date per certe con la teoria della relatività e aprì una sorprendente nuova fruttuosa stagione nella comprensione delle leggi che regolano l’universo. Ancora nel 1980 Stephen Hawking ipotizzò che la fine della fisica teorica fosse vicina, e che in cambio sarebbe presto comparsa una teoria del tutto che avrebbe finalmente trionfato nella definitiva comprensione della natura. E si sbagliava, ovviamente. Ma cos’è una teoria del tutto? Frank Close è chiaro: «Una teoria che si basa sugli studi in ogni campo rilevante del sapere attuale – fisica, astronomia, matematica – per cercare di spiegare tutto ciò che sappiamo a oggi dell’universo». È così che in questo breve e compatto libro inizia il viaggio attraverso le più note teorie del tutto: dall’universo – meccanismo perfetto – di Isaac Newton, al Sistema del mondo di Pierre-Simon de Laplace, dall’unificazione delle leggi dell’elettricità e del magnetismo, ad opera di James Clerk Maxwell – che fece baluginare la quasi-fine dell’indagine sul mondo –, fino alla spiegazione meccanica alla base della termodinamica che sembrò, davvero, permetterci di spiegare ogni cosa – il calore, la luce, la materia. E ancora le più recenti strade battute dai fisici: dalle superstringhe (rese popolari da Brian Greene) alla quantum loop gravity (resa popolare da Carlo Rovelli), e il Multiverso (di Max Tegmark), la materia oscura e molte altre strane cose. Ogni volta che ci sembra di averlo compreso, il tutto si sposta, scarta di lato, spalanca alla vista intere regioni inesplorate di cui non si sospettava neppure l’esistenza. Il tutto è lì, sembra di toccarlo, ma sfugge sempre un po’ più oltre, mentre noi, nell’inseguirlo, avanziamo di un altro passo.
La comunicazione sulle possibili attività spionistiche di Bruno Pontecorvo, spedita da Washington, venne intercettata da Kim Philby, un agente inglese che agiva come spia per i sovietici, nel luglio del 1950. Sei settimane più tardi, Pontecorvo, un fisico di Harwell, il laboratorio di fisica nucleare del Regno Unito, sparì senza lasciare traccia all'età di 37 anni, proprio qualche mese dopo la condanna della spia atomica Klaus Fuchs, un suo collega. Quando ricomparve, cinque anni più tardi, Pontecorvo si trovava dall'altra parte della cortina di ferro. Era uno dei più geniali scienziati della sua generazione, ed era al corrente di molti segreti: aveva infatti lavorato al Manhattan Project anglo-canadese e aveva fornito un contributo fondamentale alle ricerche sulla fissione nucleare. Quando sparì, però, il controspionaggio del Regno Unito sostenne che le informazioni in suo possesso non erano tali da mettere in pericolo la sicurezza dell'Occidente. Quella dello scienziato fu una personalità divisa in due parti complementari: in una Bruno Pontecorvo, ricercatore estroverso, sempre in vista, brillante, e nell'altra Bruno Maksimovic Pontekorvo, figura enigmatica, oscura, strettamente legata, con devoto impegno, al sogno comunista. Oggi, grazie alla possibilità di accedere a nuovi archivi e carteggi, e dopo aver intervistato membri della famiglia e i colleghi scienziati, Frank Close cerca di far luce sulla vita di un uomo segnato dall'avvento dell'era atomica e della guerra fredda.
Nei calcoli matematici, essenziale impalcatura di ogni teoria fisica, non devono comparire infinità, cioè termini che tendono all'infinito. Lo spettro delle infinità si è a lungo aggirato nella fisica teorica del XX secolo perché l'interpretazione quantistica, integrata in quella relativistica, produceva per tutte le ipotesi teoriche una moltitudine di elementi in ogni calcolo che spesso tendeva a sfuggire di mano, portando a valori infiniti le somme dei contributi. Ma la fisica si basa su misurazioni, esprimibili con numeri finiti. Soltanto un procedimento sistematico di valutazione dei contributi stessi può salvare la struttura di una teoria. Durante il secolo scorso, i più importanti fisici teorici si sono impegnati a "rinormalizzare" le diverse interazioni (le forze che agiscono nel mondo materiale) superando le difficoltà che si presentavano con nuove proposte più convincenti, subito convalidate da verifiche sperimentali. Frank Close ci presenta in tutti i suoi aspetti - scientifici, politici ed economici - questa lunga avventura, che è culminata con la realizzazione della più grande e più costosa macchina del mondo, il grande collisore di adroni, l'LHC del CERN di Ginevra, in grado di simulare i primi istanti dell'universo successivi al Big Bang. E proprio gli esperimenti condotti con questo enorme apparato sotterraneo hanno consentito di verificare la proposta di un nuovo e coerente quadro del mondo materiale.
L’autore gioca abilmente con uno dei concetti più enigmatici della storia del pensiero scientifico: il nulla. A partire dalle prime teorie dei filosofi greci, culminate nell’aristotelico horror vacui, il lettore viene accompagnato attraverso gli esperimenti condotti nel Seicento da Torricelli, Galilei e Pascal, per arrivare alla rivoluzionaria teoria della relatività di Einstein e al fascino delle ultime frontiere della ricerca scientifica, dove i confini tra fisica e filosofia si fanno sempre più sfumati. Oggi l’infinitamente grande (la cosmologia, la teoria del Big Bang) e l’infinitamente piccolo (la meccanica quantistica e lo studio delle particelle subatomiche) ci parlano del nulla come di uno spazio pieno di segreti ancora da esplorare.
La domanda da cui prende le mosse il libro è: esiste il vuoto? Che cos’è? Come può anche solo essere pensato?
Da lì Close comincia a ripercorrere 2000 anni di storia di pensiero scientifico. L’approfondimento del concetto di nulla ha corso in parallelo con i progressi scientifici. Dall’horror vacui teorizzato dai greci (la Natura avrebbe “paura” del vuoto, e tenderebbe a riempirlo, sempre; poco più che una superstizione, dunque), si passa attraverso il grande sviluppo della fisica sperimentale del Seicento e del Settecento (Galilei, Newton, Torricelli) per arrivare al grande balzo in avanti dell’inizio del Novecento. All’inizio del XX secolo, infatti, la nascita della fisica subatomica, della meccanica quantistica e i grandi sviluppi della fisica teorica di Einstein hanno dato ulteriore vigore agli studi sul concetto di nulla.
Lo studio del concetto di nulla ha insomma dato all’uomo la possibilità di studiare il Big Bang e i confini dell’universo (oltre i quali ci sarebbe… nulla) e, diametralmente opposto, la struttura subatomica della materia: dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo.
È il nostro contrario, quello che c'è dietro allo specchio, un pezzo di mondo che va a ritroso nel tempo, l'ombra dell'essere. L'antimateria è stata definita in molti modi dalla letteratura popolare e ancor piú spesso è stata fraintesa e ha dato luogo a leggende bizzarre, ispirando non poco la fantascienza e i pruriti millenaristi di molti autori.
Tuttavia, per quanto incredibile possa apparire, l'antimateria, la «materia al contrario», esiste davvero; anzi, è teoricamente necessaria. Elusiva e inafferrabile, è stata scoperta inconsapevolmente da un fisico russo, con un esperimento chiarissimo che però non si seppe interpretare nel modo giusto, per essere poi predetta teoricamente dal grande Dirac, che la ipotizzò per necessità formali, lavorando di carta e penna. Eppure, solo anni dopo, nel 1932, si arrivò a «vedere» effettivamente un positrone, l'inequivocabile antiparticella di un elettrone.
Per sua natura, l'antimateria è piuttosto pericolosa: annichila, fa completamente sparire nel nulla la materia «ordinaria» con cui entra in contatto, distruggendo se stessa e ottenendo in cambio energia, tutta l'energia possibile intrappolata nel mondo fin dai tempi del Big Bang. Non è strano quindi che la storia dell'antimateria, avvincente e tortuosa, accompagni da un lato le grandi scoperte della fisica del Novecento e dall'altro alimenti i timori e i misteri delle forze liberate dalla natura. In questo libro Frank Close coglie in pieno questo doppio registro, narrativo e scientifico, coinvolgendo Dan Brown, la misteriosa esplosione di Tunguska del 1908, la US Air Force, ma anche la splendida storia dei giganti della fisica, dalla rivoluzione quantistica ai prossimi, promettenti esperimenti sull'origine dell'Universo.
Dove eravate la mattina del 23 febbraio 1987? Verso le 7.30, ora di Greenwich, un potente scroscio di neutrini, provenienti da una supernova in una galassia remota, ha raggiunto la Terra e ha letteralmente attraversato i suoi ignari abitanti. Quasi sicuramente voi non ve ne siete accorti! Di taglia piccolissima e di massa pressoché nulla, i neutrini sono quasi inafferrabili. Teorizzati da Wolfgang Pauli nel 1930 per risolvere le anomalie nei processi di decadimento nucleare, sono stati poi descritti in eleganti quadri teorici da Enrico Fermi e da Bruno Pontecorvo, ma sono stati "osservati" solo a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Ancora oggi sfidano la nostra comprensione della fisica delle particelle: eppure, sono i mattoni più comuni dell'Universo, poiché si producono spontaneamente nei processi radioattivi sulla Terra e nella fornace del Sole, nei reattori nucleari e nelle spettacolari esplosioni che avvengono nel cosmo. Questo libro racconta le delusioni inattese e i successi imprevisti di tutti coloro che (con una vera e propria fisica underground, fatta di esperimenti sottoterra, ma anche di speculazioni fortemente eterodosse) si sono lanciati in una ricerca caparbia per riuscire infine a catturarli, penetrando così negli enigmi di una natura che, per dirla con l'antico Eraclito, ama nascondersi