Da questi due romanzi Stephen Frears ha tratto il film «Chéri», con Michelle Pfeiffer e Rupert Friend, distribuito in Italia da 01 Distribution.
Con la protervia della bellezza giovane, Chéri, ragazzo «coi capelli dai riflessi blu come le penne dei merli», irrompe nella vita di Léa, donna leggera e sapiente - ma nel triangolo amoroso apparirà il rivale più temibile: il Tempo, corruttore di corpi. L'autunnale opulenza di lei e l'acerbo smalto di lui vengono spiati, attimo dopo attimo, da un occhio a cui nulla sfugge, talché la vicenda, scandita dalle scene di una magistrale commedia demi-mondaine, diventa la cronaca della catastrofe di Léa, dove il sentimento è delicatamente avvolto nella fisiologia e brama di sprofondare «in quell'abisso da cui l'amore risale pallido, taciturno e pieno del rimpianto della morte».
Quanto a Chéri, giunto all'acme della sua esistenza di 'bello' dinanzi a cui le donne si inchinano, percepisce una vaga inquietudine: «Non distingueva i punti precisi in cui il tempo, con tocchi impercettibili, segna su un bel viso l'ora della perfezione e poi quella di una bellezza più evidente, che annuncia già la maestà di un declino». E quel declinomaestoso vivremo nella Fine di Chéri, dove la punta avvelenata della storia del giovane emerge con fredda chiarezza dalla prosa avvolgente, atmosferica, precisa di Colette.
"Mitsou", apparsa dapprima a puntate sui settimanale "La Vie parisienne" alla fine del 1917, fu da Colette, per l'edizione in volume di due anni più tardi, rivista e soprattutto allungata sino all'attuale forma di "romanzo breve"; anche se è forse eccessivo e al tempo stesso limitativo parlare di romanzo per questa "operetta" - come in seguito l'avrebbe definita la stessa autrice che, pur nella sua brevità, assume di volta in volta le cadenze della "pièce" teatrale e della novella epistolare.
Nel 1947 l'editore Mermod di Losanna propose a Colette di mandarle regolarmente un bouquet di fiori ogni volta diverso; Colette, da parte sua, avrebbe scritto una sorta di «ritratto» dell'uno o dell'altro di quei fiori. Ne risultò una raccolta che apparve l'anno successivo con il titolo «Per un erbario» e che qui viene proposta per la prima volta in edizione italiana.
A partire da qualche antica pendenza coniugale irrisolta, Colette imbastisce una vicenda di debiti e crediti che oppone il seduttore Herbert d'Espivant alla bella e non più giovane ex moglie Julie. Le schermaglie, i battibecchi, i reciproci inganni dei due danno luogo a una commedia in quattro atti, da cui l'autrice lascia a poco a poco trasparire un impietoso autoritratto.