Il Settecento non è stato solo il secolo delle rivoluzioni: proprio in quel periodo, infatti, gli Stati iniziarono a dotarsi delle prime costituzioni moderne. Carte nate sulla spinta di idee capaci di varcare i confini nazionali e diffondersi in tutto il mondo; documenti figli sia dei moti di rivendicazione popolare sia della necessità di legittimazione dei governanti, intenzionati a formalizzare il proprio potere sancendo diritti e doveri di cittadini e istituzioni. Ma quelle costituzioni furono anche molto altro, come ci mostra Linda Colley in questo saggio tanto ampio quanto originale. Studiosa affermata e saggista di talento, Colley delinea una storia globale delle carte costituzionali dal Settecento a oggi, sovvertendo alcune delle convinzioni più diffuse in materia: certo, la loro emanazione fu un passaggio fondamentale per molte epiche rivoluzioni (basti pensare a quella americana) e per l'affermazione dei diritti dei diseredati, ma si trasformò anche in uno strumento di violenta espansione imperialista, di espropriazione e di marginalizzazione sociale (soprattutto a discapito delle donne e delle persone di colore). E, in ogni caso, quelle costituzioni - testi in cui politica, ideologia, pragmatismo e letterarietà si mescolavano - furono sempre inestricabilmente legate alle guerre tra nazioni. Dall'innovativo Nakaz emanato da Caterina II di Russia al testo di James Africanus Beale Horton, visionario legislatore della Sierra Leone; dalla celebre carta dei padri fondatori degli Stati Uniti alla prima moderna costituzione islamica, opera dello statista-soldato tunisino Khayr al-Din; dagli originali documenti elaborati in Corsica nel 1775 e in Giappone nel 1889 fino a quello promulgato nella minuscola Pitcairn, isola del Pacifico dove furono per la prima volta riconosciuti pieni diritti di cittadinanza alle donne: con autorevolezza e una straordinaria verve narrativa, Linda Colley ci guida alla scoperta di una grande storia fatta di personaggi affascinanti, eventi epocali e idee in grado di cambiare il mondo.
La storia della costruzione dell'Impero Britannico nel Mediterraneo, in America del Nord, in India e in Afghanistan tra il Seicento e l'epoca vittoriana. Le imprese d'oltremare inglesi hanno sempre dovuto fare i conti con l'ampiezza dell'Impero, la varietà delle popolazioni sottomesse, le carenze delle forze armate e le divisioni interne. L'autrice ricorre a una quantità di racconti di prigionieri di diversa provenienza etnica e sociale, dall'inizio del diciassettesimo secolo fino all'età vittoriana, per disegnare le complicate dinamiche intercorse fra invasori e invasi. Testimonianze usate per tracciare i mutevoli confini dell'Impero e i suoi diversi atteggiamenti verso l'Islam, lo schiavismo, le razze e i rivoluzionari americani.