Nuove e profonde contrapposizioni lacerano il tessuto sociale delle società occidentali: grandi città contro province povere, élite altamente specializzate contro masse di lavoratori poco qualificati, paesi ricchi contro paesi poveri. Queste lacerazioni generano nuove ansie, nuova rabbia e nuove passioni politiche, come testimonia l'ondata di consensi ricevuti dai populisti di tutto il mondo, da Trump al partito della Brexit, sino all'estrema destra italiana. In questo libro appassionato e polemico, Paul Collier, uno dei maggiori esperti mondiali su povertà e migrazioni, prova a delineare i percorsi attraverso i quali superare queste nuove fratture economiche, sociali e culturali. Solo se il capitalismo riesce a darsi un fondamento etico tale da rendersi equo e compassionevole, e non solo efficiente ed economicamente fiorente, potrà garantire una vita degna. Un capitalismo in cui la dignità e la reciprocità prevalgano sull'aggressività, sulla paura e sull'umiliazione, caratteri tipici della nostra 'società dei rottweiler'.
Nuove e profonde contrapposizioni lacerano il tessuto sociale delle società occidentali: grandi città contro province povere, élite altamente specializzate contro masse di lavoratori poco qualificati, paesi ricchi contro paesi poveri. Queste lacerazioni generano nuove ansie, nuova rabbia e nuove passioni politiche, come testimonia l'ondata di consensi ricevuti dai populisti di tutto il mondo, da Trump al partito della Brexit, sino all'estrema destra italiana. In questo libro appassionato e polemico, Paul Collier, uno dei maggiori esperti mondiali su povertà e migrazioni, prova a delineare i percorsi attraverso i quali superare queste nuove fratture economiche, sociali e culturali. Solo se il capitalismo riesce a darsi un fondamento etico tale da rendersi equo e compassionevole, e non solo efficiente ed economicamente fiorente, potrà garantire una vita degna. Un capitalismo in cui la dignità e la reciprocità prevalgano sull'aggressività, sulla paura e sull'umiliazione, caratteri tipici della nostra 'società dei rottweiler'.
"Poche sono le politiche pubbliche che hanno bisogno di analisi accessibili e spassionate quanto l'immigrazione. In questo libro voglio scuotere le posizioni che si sono ormai polarizzate: da un lato l'ostilità nei confronti dei migranti, intrisa di accenti xenofobi e razzisti, ampiamente diffusa tra i comuni cittadini, dall'altro lo sprezzante ritornello delle élites liberali, condiviso dagli studiosi delle scienze sociali, secondo cui la politica delle porte aperte è un imperativo etico che in più garantisce grandi benefici."
Nelle società dell'ultimo miliardo la democrazia ha fatto aumentare la violenza politica invece di ridurla. Per quanto riguarda l'Africa, l'unica regione i cui dati complessivi sono disponibili, dal 1945 a oggi, 82 sono stati i colpi di Stato riusciti, 109 i tentativi falliti e 145 i complotti sventati sul nascere. Un altro dato: nei 58 paesi a basso reddito che Collier prende in esame, 9 miliardi di dollari vengono spesi in armi, il 40% dei quali è finanziato dagli aiuti per la cooperazione della comunità internazionale. Eppure molti di questi paesi non sono più coinvolti in guerre civili o di confine e negli ultimi decenni hanno avuto libere elezioni. Allora perché? Perché sono paesi i cui governi sono solo apparentemente democratici e non garantiscono né i diritti basilari né le libertà delle persone. "La ragione pura e semplice per cui nei paesi dell'ultimo miliardo gli effetti della responsabilità e della legittimità della democrazia non fanno diminuire il rischio di violenza politica è che in quelle società la democrazia non è né responsabile né legittima." Questa la cattiva notizia. La buona è che ci troviamo di fronte a una situazione drammatica soltanto perché non siamo stati in grado di gestirla con competenza.
«Se la gente va alle urne non imbraccia il fucile. Sono giunto alla conclusione che questa convinzione rassicurante sia una illusione.» Il nuovo libro di Paul Collier sul rapporto che lega violenza politica e povertà negli Stati in via di sviluppo.
Nelle società dell’ultimo miliardo la democrazia ha fatto aumentare la violenza politica invece di ridurla. Per quanto riguarda l’Africa, l’unica regione i cui dati complessivi sono disponibili, dal 1945 a oggi, 82 sono stati i colpi di Stato riusciti, 109 i tentativi falliti e 145 i complotti sventati sul nascere. Un altro dato: nei 58 paesi a basso reddito che Collier prende in esame, 9 miliardi di dollari vengono spesi in armi, il 40% dei quali è finanziato dagli aiuti per la cooperazione della comunità internazionale. Eppure molti di questi paesi non sono più coinvolti in guerre civili o di confine e negli ultimi decenni hanno avuto libere elezioni. Allora perché? Perché sono paesi i cui governi sono solo apparentemente democratici e non garantiscono né i diritti basilari né le libertà delle persone. «La ragione pura e semplice per cui nei paesi dell’ultimo miliardo gli effetti della responsabilità e della legittimità della democrazia non fanno diminuire il rischio di violenza politica è che in quelle società la democrazia non è né responsabile né legittima.» Questa la cattiva notizia. La buona è che ci troviamo di fronte a una situazione drammatica soltanto perché non siamo stati in grado di gestirla con competenza.
Indice
Introduzione La democrazia nelle zone di pericolo - Parte prima: Negare la realtà: la «demopazzia» - 1. Elezioni e violenza - 2. La politica etnica - 3. Nel calderone: l’assetto postbellico - Parte seconda: Affrontare la realtà: un lavoro sporco, brutale e lungo - 4. Le armi: soffiare sul fuoco - 5. La guerra: l’economia politica della distruzione - 6. Il colpo di Stato: un missile non guidato - 7. La disintegrazione della Costa d’Avorio - Parte terza: Cambiare la realtà: responsabilità e sicurezza - 8. Costruire lo Stato, costruire la nazione - 9. Meglio morti che sazi? - 10. Cambiare la realtà - Ringraziamenti - Appendice L’ultimo miliardo - Bibliografia essenziale - Indice dei nomi e delle cose notevoli
Il terzo mondo si è ristretto. Per quarant'anni, la sfida dello sviluppo ha messo un mondo ricco, abitato da un miliardo di persone, di fronte a un mondo povero, con cinque miliardi di persone. Dobbiamo imparare a invertire le cifre a cui siamo abituati: ci sono in tutto cinque miliardi di persone che vivono già adesso in condizioni agiate, o che perlomeno hanno imboccato la strada giusta, e un miliardo di persone che invece rimangono inchiodate in fondo alla fila. Questo libro parla di quella minoranza di paesi in via di sviluppo agli ultimi gradini del sistema economico globale. Molti di loro non restano semplicemente indietro, stanno anche crollando.
È opinione diffusa che la globalizzazione faccia diventare più ricchi i paesi ricchi e più poveri quelli poveri. Se però proviamo a verificare tale tesi sul piano empirico e a scomporre il problema nei suoi diversi aspetti, essa ci appare perlomeno parziale. Come mostra questo volume tra i paesi poveri esiste ormai un gruppo di paesi emergenti (tra cui Cina, India, Vietnam), tre miliardi di persone in tutto, che sono già entrati nel circuito del mercato globale, con tassi di crescita assai superiori a quelli dei paesi ricchi e una forte e diffusa diminuzione della povertà. Accanto a questi nuovi paesi globalizzati ci sono altri che, rimasti per varie ragioni ai margini dell'economia mondiale, hanno visto aumentare la loro povertà.