In breve
Benedetto Croce e Giovanni Laterza costituiscono un binomio esemplare nella storia della cultura italiana, punto di riferimento per chiunque voglia approfondire la comprensione dell’epoca in cui vissero. Questo carteggio, il quarto della serie, conclude l’edizione integrale del corpus della corrispondenza tra loro intercorsa e offre sulla vicenda una prospettiva privilegiata e di inestimabile valore documentario. Il periodo interessato – dal 1931 all’agosto del 1943, data di morte dell’editore – riveste straordinaria importanza e densità per i drammatici avvenimenti che segnano l’evoluzione politica e culturale della nazione, l’eco dei quali affiora in modo esplicito nelle lettere dei due protagonisti. In un’Italia che vede il regime fascista al culmine della propria parabola, il carteggio testimonia le misure restrittive e i condizionamenti imposti all’attività intellettuale, alla sua produzione e diffusione attraverso l’editoria e la stampa. Un minaccioso susseguirsi di episodi lascia intendere come e quanto la casa editrice sia ormai, principalmente a causa del legame con l’‘oppositore’ Croce, nel mirino delle autorità. Eppure il rapporto di reciproca fedeltà e amicizia, ormai quarantennale, tra il filosofo e il suo editore non ne risulta minimamente offuscato, anzi il legame che li unisce si manifesta semmai in modo più intenso lungo le aspre vicissitudini degli anni della guerra.
Indice
Avvertenza - CARTEGGIO - TOMO I: 1931 - 1932 - 1933 - 1934 - 1935 - 1936 - 1937 - TOMO II: 1938 - 1939 - 1940 - 1941 - 1942 - 1943 - Proemio alla «Critica» nel suo XLII anno e commemorazione di Giovanni Laterza - Scritti di Benedetto Croce citati nel volume - Indice dei nomi
Questo carteggio sembra tracciare una mappa degli ultimi dieci anni della vita di Benedetto Croce, anni importanti per via della guerra, della fine del fascismo e della rinascita della democrazia, ma anche per il suo saggio del 1942 che creò tanto scalpore ed è ritornato ora di straordinaria attualità: "Perché non possiamo non dirci cristiani". La pubblicazione di questo saggio nella rivista "La Critica" fu accolta con grande sorpresa perché quelle considerazioni che apparvero come un improvviso avvicinarsi di Croce alla religione. Il mondo cattolico guardò a Croce con occhio diverso, mentre quello laico si domandava come era maturata quella riflessione. Oggi è possibile ricostruire il processo attraverso il quale Croce arrivò a elaborare il famoso saggio, perché sono state ritrovate le lettere che il filosofo scriveva in quell'epoca alla marchesa Maria Curtopassi, sua lontana parente, autrice di poesie animate da uno spirito di intensa religiosità. Le lettere sono inedite e rappresentano un prezioso contributo per conoscere come si è sviluppato il pensiero di Croce sui temi della religione, della funzione della chiesa cattolica e del rapporto tra filosofia e religione. È un Croce poco conosciuto, che svela un particolare sensibilità verso i problemi della fede e il soprannaturale.
Questo volume, il terzo dei quattro dedicati alla corrispondenza tra Benedetto Croce e Giovanni Laterza, copre il decennio 1921-1930, durante il quale la volontà di adempiere e una 'missione civile', che costituisce il tacito presupposto della loro intesa, trovò ostacoli sempre più marcati. L'affermazione del regime fascista, impedendo la libera espressione del pensiero, ha inevitabili conseguenze sulla produzione editoriale. Nonostante la depressione che colpisce il mercato librario, Croce e Larerza operano in smergia per mantenere saldo il legame con le forze intellettuali vive e operanti in Europa e nel mondo. La loro lotta contro l'imbarbarimento culturale suscita polemiche e reazioni da parte delle autorità e degli intellettuali fascisti; nel 1928 la Storia d'Italia di Croce, non ufficialmente censurata, diventa oggetto di una sistematica campagna denigratoria attraverso i giornali. Larerza è a sua volta bersaglio di una pesante offensiva di carattere finanziario. Sono anche gli anni in cui l'opposizione di Croce al fascismo si fa sempre più esplicita e matura la crisi del suo rapporto con Gentile. Quando giungerà la rottura definitiva, Laterza non esiterà a schierarsi dalla parte dell'amico e consigliere.
Come un Cicerone dalla sorprendente dottrina, affabile ma mai conciliante, Benedetto Croce fa scoprire al lettore il volto segreto della sua città: le vestigia della dominazione spagnola e le vite smodate dei soldati che vi furono di stanza; gli scomparsi "seggi" e l'epopea dei lazzari, fanaticamente devoti a san Gennaro e al re; il vocio assordante dei venditori; personaggi come il sacerdote archivista don Dima Ciappa, "religiosissimo uomo" che fece uccidere un giovane rivale in amore, e gemme come il palazzo Cellamare a Chiaia, dove si sedimentano secoli di storia, di vita artistica e letteraria. I saggi qui raccolti sono apparsi in origine tra la fine dell'Ottocento e gli anni Cinquanta.
"Fisso è il pensiero alle sorti d'Italia: il fascismo mi pare già un passato, un ciclo chiuso e io non assaporo il piacere della vendetta, ma l'Italia è un presente doloroso". Così annotava Croce nei suoi taccuini di lavoro il 27 luglio 1943 e, proprio con queste parole, riemerge dall'isolamento e dà avvio a una fase radicalmente nuova di impegno e partecipazione alla vita politica, dalla quale si era tenuto distante. I "Taccuini" permettono di penetrare in un laboratorio in cui l'attività di studioso si accompagna a quella di politico militante: un politico lungimirante, concreto, impegnato a dialogare con le personalità più rilevanti dell'epoca. Ma permettono anche di ripercorrere anni cruciali della storia italiana attraverso una testimonianza diretta.
Nel dicembre del 1909 l'editore tedesco Mohr chiese a Croce di scrivere una sorta di "manuale di Filosofia della storia". Commessa stravagante, se rivolta a un autore secondo il quale "un volume di Filosofia della storia non si può fare in niun modo; o almeno, non si può fare da me, che nego radicalmente la filosofia della storia". E singolare risultato, questo "Teoria e storia della storiografia", che richiede quasi otto anni di lavoro, e si legge oggi come il libro che più di ogni altro scandaglia, e illumina, la tesi forse più celebre di Croce: "Ogni vera storia è storia contemporanea".