Nel giro di pochissimi anni, dal 1945 al 1948, l'Italia cambia volto: con la fine dell'occupazione tedesca e il ritorno alla democrazia, dopo aver fatto la resistenza, i partiti antifascisti sono chiamati a rifare l'Italia, a ridisegnarne le istituzioni, a ricostruirne le basi economiche. Dalla Liberazione alla Costituente, dalla definitiva sconfitta del fascismo alla ricostruzione. Sono gli anni di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, di Pietro Nenni e Benedetto Croce. Sono gli anni del decisivo referendum istituzionale in cui bisogna scegliere tra monarchia e repubblica, in un voto tesissimo che la corona perde per un soffio, lasciando in eredità al nuovo sistema un paese profondamente diviso.
In Italia, quasi tutti i giorni muore un partito. In Italia, quasi tutti i giorni nasce un nuovo movimento. È difficile votare due volte di fila lo stesso simbolo, lo stesso schieramento, lo stesso leader. Essere di sinistra, in Italia, è un inferno. Cosa direbbe Freud, vedendo che oggi sono i padri, più o meno nobili, a ribellarsi a figli ingrati e rottamatori? E cosa direbbe Nietzsche di fronte all’eterno ritorno di una storia sempre diversa e sempre uguale a se stessa? Déjà vu ripercorre l’infinita notte dei lunghi coltelli della sinistra in un unico, abrasivo racconto. Sviscera i risentimenti personali, le vendette tardive, le inimicizie implacabili che hanno trasformato l’area progressista in un terreno radioattivo, una gioiosa macchina da guerra in un plotone d’esecuzione. Ricostruisce una storia che si ripete identica da venticinque anni, come un girotondo. Una storia fatta di vittorie effimere e sconfitte brucianti, di partiti che si riproducono per meiosi, di leadership deboli e congiure di palazzo. Una storia che sta accadendo di nuovo. Adesso.