Il volume narra la storia epica e tragica della caduta della più antica repubblica del mondo. La crisi economica ha colpito San Marino in maniera molto più grave che l’Italia e, a causa della levata di scudi nei confronti dei paradisi fiscali, San Marino è stata costretta a rinunciare in pochi anni ai suoi capisaldi (anonimato societario e segreto bancario) senza aver il tempo di adeguarsi. Spariti i soldi degli evasori il bilancio dello stato si è riempito di buchi, le imprese hanno chiuso e la disoccupazione è aumentata. In molti però non hanno accettato questo cambiamento. Spariti i soldi degli evasori hanno cercato il denaro da qualche altra parte e hanno trovato il denaro della mafia. A San Marino c’è sempre stato il riciclaggio, ma quando le casse delle banche erano piene ci si poteva permettere di dire dei no. Con la crisi le banche sono arrivate ad accettare di tutto. Ma con i soldi arrivano gli uomini: i soldati, i mazzieri, gli estorsori e, cosa più preoccupante, il metodo mafioso ha finito col contagiare anche i sanmarinesi. E così è accaduto che imprenditori perfettamente normali arruolassero bande di campani o albanesi per proteggere i loro interessi. Altri imprenditori sono diventati camorristi e sono arrivati a guidare la loro banda personale, picchiando e incendiando come se fosse la naturale prosecuzione dei loro affari. Risalendo lungo questo filo si arriva molto in alto. Accanto ai mafiosi questi imprenditori pagavano lobbisti e questi lobbisti risiedevano a Roma dove pagavano campagne elettorali di politici per assicurarsi appalti. Pagavano le forze dell’ordine, per evitare i controlli ed erano riusciti persino ad influenzare giudici e commissioni tributarie per risparmiarsi condanne. Come un arto in cancrena, anche il Titano moribondo contagia tutto quello che gli sta intorno