Sconcerto. Incredulità. Smarrimento. Dolore. Rabbia. Pudore. Senso di colpa. Vergogna. Sono le "normali" emozioni provate quando ci si accorge che all'improvviso un nostro caro "non è più quello di sempre", "non sta bene". Soffre di uno "strano male" che non si capisce dove sta. Nel cervello? Nell'anima? Nel sangue? E che cos'è? Ha cause precise? Era destino? O forse un'oscura "punizione"? Si poteva evitare? Abbiamo sbagliato qualcosa? Perché proprio a noi? Insomma, che cosa succede? E che fare adesso? Dove andare? Fidarsi di chi? È il caso di dirlo, c'è da uscirne pazzi. Occorrono risposte. Risposte sul da farsi per capire, ma soprattutto aiutare. E aiutarsi. Può essere una strada lunga, tortuosa, a volte sfibrante, disperata. Con una buona guida alla mano, diventa più facile. Una guida concreta, agile, comprensibile a chiunque, come vorrebbe essere il presente manuale. Ad accompagnare le famiglie in un percorso mai scontato, il cui scopo è curare, guarire. Da oltre trent'anni, in Italia e altrove, chi si occupa di salute mentale sa che lo scopo è questo e che le relazioni nella famiglia e nella comunità sono determinanti per raggiungerlo. Come valorizzarle, utilizzarle al meglio, nelle ruvidità e asperità del quotidiano vivere e convivere con un disturbo mentale, con la schizofrenia, è ciò che si può apprendere da queste pagine. Scoprendo che guarire non è impossibile. Che molti ce l'hanno fatta e che moltissimi sono sulla strada giusta.
Siamo agli inizi degli anni settanta. Prima a Gorizia, poi nell'ordinato e fiabesco parco sulla collina di San Giovanni che nasconde il manicomio di Trieste, Franco Basaglia inizia a scardinare i cancelli della psichiatria, a liberare - una a una - le persone che vi sono rinchiuse, a cancellare per sempre dai corpi e dalle menti il duplice marchio del "pericolo" e dello "scandalo" che leggi, usanze e costumi conferivano alla follia e al folli: poveri, pericolosi e scandalosi. Che ricominciano a respirare, a parlare, uscire, camminare, sognare e raccontare i propri sogni, ritornando a essere ciò che sono. Persone, cittadini con un nome, un cognome, un indirizzo, una professione, un conto in banca, uno stato civile, un campo d'azione dove giocarsi un futuro. Peppe Dell'Acqua, giovane psichiatra arrivato a Trieste, registra queste voci. E da quell'ascolto prende vita una grande e unica testimonianza, mai sentita prima. Ed ecco che "Non ho l'arma che uccide il leone" diventa un classico che, come tutti i classici, ha la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto: quell'attimo fuggente e magico in cui viene scritto un pezzo di storia, dopo il quale niente sarà più come prima.