Negli ultimi decenni la nozione di "arte bizantina" si è ampliata al punto da divenire un contenitore il più possibile elastico nel quale far confluire esperienze le più diverse, dalle Isole Britanniche alla Nubia, dalla Spagna alla Georgia e all'Armenia. In realtà la gran parte di questi territori, in contatto con l'Impero bizantino a vario titolo e in momenti diversi ma non continuativamente, ha presto sviluppato una fisionomia artistica molto caratteristica e il contributo di Bisanzio non è normalmente più ravvisabile se non al livello di un remoto sostrato di tradizione. Questo studio si propone di ricondurre tale problematica entro i suoi limiti più naturali, identificando come "arte bizantina" esclusivamente quella prodotta nei territori governati dall'imperatore d'Oriente o in altre aree ove sia dimostrabile la presenza di maestranze provenienti da quei territori o dalla Capitale. Pur senza eccessive rigidezze, infatti, Costantinopoli, e la sua produzione architettonica e artistica senza pari che ha esercitato per secoli la sua influenza sull'intero Mediterraneo, è posta al centro della trattazione il cui punto di approdo è il 29 maggio 1453, quando la caduta della città pone un termine brusco a una vicenda più che millenaria.