Per troppo tempo gli italiani si sono rassegnati a una rete di malaffare che avvinghia e soffoca tutte le forze del Paese: la politica, l'imprenditoria, gli uffici pubblici, fino a minare le fondamenta della vita civile. È un sistema paralizzato, dove le bustarelle sono l'unico metodo per sbloccare una pratica o conquistare un appalto, che inghiotte le risorse necessarie per far ripartire l'economia e non dà spazio alle energie positive. Un meccanismo che è diventato insostenibile e va combattuto introducendo nella società gli anticorpi che riconsegnino ai cittadini la fiducia in un futuro senza mazzette né intrallazzi, dove i meriti e le capacità riescano ad affermarsi. In questo libro il presidente dell'Autorità anticorruzione Raffaele Cantone e il giornalista Gianluca Di Feo, ripercorrendo le vicende del Mose di Venezia, dell'Expo di Milano e di Mafia Capitale a Roma, si confrontano per individuare i problemi chiave del nostro Paese e per suggerire delle soluzioni. Per lasciarsi alle spalle l'Italia delle tangenti occorre una rivoluzione culturale che, come suggerisce Cantone, non deve aver paura di far piazza pulita, perché il tempo stringe e "bisogna cogliere ogni occasione per dare un segnale forte: cambiare gli uomini e innovare le strutture, per dimostrare concretamente che siamo capaci di intervenire e sanare le ferite".
Il calcio è un affare. E dove girano i soldi, le mafie allungano i tentacoli. Partite combinate e scommesse clandestine in combutta con le centrali asiatiche del gioco online, racket a bordo campo, merchandising tarocco, appalti sui nuovi stadi sono solo alcune voci di un bilancio miliardario. E molto sporco. Ma non è solo una questione di denaro: il football è anche potere. I clan acquistano squadre per comprare il consenso, per sedersi in tribuna e stringere mani importanti; attingono manovalanza dai vivai giovanili e usano gli ultras come massa di manovra per tenere le città sotto scacco. E intanto le arene si svuotano e nel cuore di molti tifosi la passione viene scalzata da delusione e disgusto. Dalla scalata dei casalesi per conquistare la Lazio alle foto di Maradona e Hamsik usati come testimonial abbracciati a padrini; dalla cordata di riciclatori che stava acquistando la Roma al giro delle pizzerie-lavanderia di capitali criminali che aveva tra i soci Cannavaro e altri campioni. Dalla gita a Scampia di Balotelli alle frequentazioni malavitose di Sculli, dalle promozioni in cambio di bazooka nella Locride al sistemone ali inclusive della camorra stabiese, Cantone e Di Feo raccontano storie inquietanti e spesso inedite. Intrecciando in un'unica voce lo scrupolo del cronista e l'esperienza del magistrato, mettono a nudo i fatti ma anche le falle dei sistemi di controllo e di sanzione della giustizia sportiva (emanazione di un'associazione di privati ispirata a logiche di trattativa).
Che fine hanno fatto le armi
chimiche e batteriologiche
sperimentate nei laboratori del
Duce? Tutta la verità sul nostro
pericoloso e potente arsenale
segreto. Una macchina di morte
che continua silenziosa a
inquinare la vita degli italiani.
”Io non so con quali armi sarà combattuta la Terza guerra mondiale, ma so che la Quarta guerra mondiale sarà combattuta con pietre e bastoni.”
Albert Einstein
Nel 1941 l’Italia disponeva di uno dei più grandi arsenali di armi chimiche del mondo. Antrace, iprite, virus, batteri: la fabbrica dei veleni creati per costruire l’impero della dittatura fascista ha divorato vittime in Libia e in Etiopia, ha colpito i combattenti spagnoli che lottavano per la libertà, lasciando dietro di sé una scia di malattie e dolore. Ma la creazione di questi stessi veleni ha preteso un prezzo altissimo anche all’Italia: durante le fasi di sperimentazione, e poi con il concludersi della guerra, intere zone del nostro Paese sono state contaminate dagli esperimenti, ordigni sono stati abbandonati davanti alle coste delle Marche e della Puglia, testate letali sono state scaricate attorno a Ischia. Tutto ciò, a partire dal dopoguerra, è scivolato nel più assoluto silenzio.
Gianluca Di Feo ricostruisce la sorte delle fabbriche di queste sostanze e dei laboratori usati per studiare i distillati tossici e mai bonificati: nel Golfo di Napoli, sulla costa di Pesaro, sulle rive del Lago Maggiore, nei boschi della Tuscia. Industrie e depositi nascosti per decenni da ministri, generali, industriali, un segreto vissuto nel silenzio per generazioni. Attraverso documenti inediti e secretati, denunce inascoltate delle popolazioni, testimonianze e sopralluoghi, Di Feo compie un viaggio nell’abisso più nero della nostra storia. Un abisso ancora aperto.