Il volume pubblicato in esilio nel novembre del 1933, offre un'analisi lucida della situazione politica e sociale dell'ebraismo e delle sue prospettive di rinnovamento alla luce della cesura storica costituita dall'avvento del nazismo. Tramontata l'illusione di un'assimilazione nella cultura tedesca, gli ebrei devono, secondo l'autore, ricostituire un'identità non solo culturale, ma di popolo, e rivendicare così i loro diritti e doveri in quanto minoranza. La nuova forma di identità collettiva auspicata dall'autore comprende dunque la sfera politica, economica e culturale. Riconoscendo l'importanza di un'azione pratica che accompagni la riflessione teorica sul problema dell'ebraismo, il saggio rivendica la necessità di un territorio in cui gli ebrei possano insediarsi.
Scritti fra il 1902 e il 1911, i dodici racconti riuniti poi in volume nel 1913 sotto il titolo di uno di essi, "L'assassinio di un ranuncolo", costituiscono sì un'esemplare testimonianza della temperie artistica e spirituale dell'epoca in cui sono stati scritti, ma servono ancor più ad avvicinarsi al mondo espressivo di uno dei maggiori scrittori tedeschi del Novecento, Alfred Döblin (1878-1937), l'autore di quel "Berlin Alexanderplatz" che resta come uno dei romanzi fondamentali del secolo appena trascorso.