«Oltre le versioni moderne del Manuale, tutte plausibili, c'è quella di Leopardi, il cui statuto è paragonabile all'impresa di Arriano: c'è il Manuale di Arriano e quello di Leopardi, che lo ha letteralmente ripensato e riscritto». G.R.
L'assoluto ideale morale è per Epitteto quello della libertà, del dominio interiore dello spirito e dell'indipendenza del volere ragionevole da ogni motivazione esteriore. Tale stato perfetto, che è la condizione del saggio, può essere raggiunto con lo sradicamento di ogni passione (apatia), il che a sua volta è condizionato dall'uso della ragione. Al rigore della morale cinica, appena riassunta, Epitteto associò anche la teoria stoica del logos divino che governa il mondo secondo un disegno razionale. Nel Manuale stilato da Arriano, discepolo di Epitteto, e quindi attribuito a Epitteto secondo la consueta usanza del mondo antico, l'accento cade più sulla moralistica, che consiste poi in buona sostanza nell'accettare ciò che ci accade. Cruciale nel suscitare le riflessioni di Marco Aurelio, il Manuale ha avuto una grande fortuna nel corso dei secoli, tanto da ispirare il tardo stoicismo e anche la filosofia cristiana, fino a diventare ancora nel periodo dell'età dell'Illuminismo, in paesi come la Scozia, testo di riferimento scolastico. La traduzione qui proposta è quella storica di Giacomo Leopardi, da lui curata nel 1825 per un editore milanese. Completano questa edizione del Manuale i commenti del grande storico della filosofia Antonio Banfi.
A cura di Giovanni Reale e Cesare Cassanmagnago
Con la collaborazione di Roberto Radice e Giuseppe Girgenti
Testo greco a fronte
“Ti invito a venire da me
per sentirti dire
che ti trovi in un cattivo stato,
che ti curi di tutto piuttosto
che di ciò di cui dovresti curarti,
che ignori il bene e il male
e che sei infelice e sfortunato.
Bell’invito!
E invero, se le parole di filosofi
non suscitano queste reazioni,
sono cadaveri, sia esse,
sia chi le pronuncia.”
Diatribe, III, 23, 28
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel suo Gattopardo, scrive che il principe Salina, in una delle sue riflessioni, “pensò ad una medicina scoperta da poco negli Stati Uniti d’America, che permetteva di non soffrire durante le operazioni più gravi, e di rimanere sereni fra le sventure”. E soggiunge: “Morfina lo avevano chiamato questo rozzo sostituto dello stoicismo antico...” È uno splendido paragone, che meglio di qualsiasi altro illustra analogicamente l’essenza del messaggio stoico: esso vuole essere appunto il farmaco spirituale che lenisce i dolori e che permette la serenità anche nelle sventure.
Epitteto (ca. 50-138 d.C.), lo schiavo-filosofo, più e meglio di qualsiasi altro Stoico del mondo antico, ce lo ha dimostrato in queste splendide pagine che hanno avuto, nella storia dell’Occidente, una delle più grandi fortune che siano toccate a scritti di filosofia. Il filosofo frigio riesce, in effetti, a toccare il fondo del problema e a scoprire ciò che può rendere libero e felice, oppure schiavo ed infelice l’uomo. Le cose – egli insegna – si bipartiscono in due grandi classi: quelle che dipendono da noi e quelle che non dipendono da noi. Abbiamo il potere solo sulle prime e non sulle seconde, e di conseguenza dobbiamo comportarci. Purtroppo le cose che alla moltitudine interessano e per cui vanamente i più si battono sono proprio le seconde: donde i mali – tutti i mali senza distinzione – di cui soffre l’umanità. Onori, ricchezze, possessi vari, moglie, figli, carriera e tutto ciò che ad essi è connesso sono, dunque, cose-che-non-dipendono-da-noi, e che rivestono, proprio per questo, esclusivamente quel valore che noi attribuiamo loro. Anche le malattie e la morte stessa non dipendono da noi, ma assumono quel valore, e solo quel valore che noi attribuiamo loro. Giacomo Leopardi stesso confessava di aver avuto grande sollievo dai travagli e dalle angosce del suo animo nella pratica dei consigli e delle dottrine di Epitteto, ed esortava anche gli altri a fare la stessa cosa. In effetti, il lettore che si lascia coinvolgere nella spirale del ragionamento epittetiano – che è tutta una variazione cangiante su questo tema di fondo – ne riceverà veramente un grande refrigerio, una pace ed una quiete come da pochissimi libri è dato ricavare.
Questa edizione completa delle opere di Epitteto (Diatribe, Manuale, Frammenti e Gnomologio) è curata da Giovanni Reale, che firma il saggio introduttivo, le prefazioni e le parafrasi, insieme a uno staff di collaboratori, composto da Cesare Cassanmagnago (autore della traduzione dal greco e delle note), da Giuseppe Girgenti (curatore della bibliografia epittetiana nonché delle appendici che presentano le versioni del Manuale di Angelo Poliziano e di Giacomo Leopardi) e da Roberto Radice (autore del lessico completo dei termini greci utilizzati da Epitteto). Essa completa il progetto già avviato delle collane Bompiani di una raccolta di tutti gli scritti degli Stoici: Stoici antichi (a cura di Roberto Radice), Panezio e Posidonio (a cura di Emmanuele Vimercati), Seneca (a cura di Giovanni Reale), Marco Aurelio (a cura di Cesare Cassanmagnago) e Stoici romani minori (a cura di Ilaria Ramelli).
La cura di Pierre Hadot, oltre a collocare l'opera nel suo contesto storico e a fornire un ritratto dell'autore, propone un commento preciso al testo, capitolo per capitolo. Per lo specialista della filosofia antica il "Manuale" è stato spesso frainteso: Epitteto più che scrivere un trattato di morale intendeva insegnare come si diventa filosofi, come essere liberi, indipendenti e felici, come evitare di essere frustrati nei propri desideri.
Pubblicato dal suo allievo Arriano nel II secolo, esempio fra i più riusciti di letteratura filosofica che si prefigge di ridurre la distanza tra riflessione morale e condotta conseguente, il Manuale è una raccolta di massime e di insegnamenti esposti in modo organico e conciso, pensati per orientare l'azione nella situazione concreta. Esercitò grande influenza sul pensiero filosofico successivo e, più tardi, sul cristianesimo.
Il manuale di Epitteto è una delle più celebri opere dello stoicismo romano. In esso si trovano raccolte le massime e gli insegnamenti morali del filosofo Epitteto. Mettendo a fuoco i principi della dottrina stoica, la libertà viene considerata il massimo bene, ed è grazia a essa che il singolo individuo può sviluppare pienamente la propria personalità.