Si può progettare una macchina ad alta velocità riducendo la capacità di frenare, oltre che potenziando il motore? Qualcosa del genere accadde nel passaggio al capitalismo finanziario, e specie tra gli anni ottanta e novanta, fino a produrre una modificazione genetica dell'economia, della politica, della società e del diritto. Il nuovo modello, nato sotto l'egida di una grande spinta libertaria e liberatrice, e con il formidabile aiuto di una tecnologia in rapido sviluppo, sembrava favorire non solo gli appetiti finanziari, ma anche una grande effervescenza individuale e collettiva. "Meno stato", "privatizzazioni", "concorrenza", "efficienza", "smaterializzazione", "empowerment", "trasparenza", "meritocrazia" diventarono le stelle polari di un nuovo cammino e la trama di una narrazione nella quale siamo stati tutti immersi. Quel mondo più grande e più ricco di opportunità che avevamo intravisto è diventato invece un mondo opaco e incerto, sia nelle biografie individuali che collettive, senza visione, schiacciato sul presente, che produce e vende rischio, arricchisce i più ricchi ed è insofferente a controlli e regole. Come siamo giunti a questo, attraverso quali snodi e quali idee, è il racconto di questo libro.
L'analisi del processo di globalizzazione del diritto può seguire due percorsi, che si potrebbero caratterizzare ricorrendo all'immagine degli alberi e della foresta. Da un lato, si può guardare all'insieme del paesaggio giuridico globale, ossia alla foresta, per cogliere le valenze e le tendenze generali; dall'altro ci si può concentrare sugli alberi, ossia su una o su alcune delle varie manifestazioni giuridiche "atipiche", che per lo più travolgono alcuni caratteri e requisiti tipici del diritto moderno e sono sintomatiche delle trasformazioni in corso. Maria Rosaria Ferrarese ritiene che entrambi gli approcci siano significativi e consentano di rilevare le novità in campo, e che le due visioni si sostengano l'un l'altra: non avrebbe senso una fotografia dall'alto della foresta senza una didascalia che illustra la varietà delle nuove forme di vegetazione che sono comparse. E, parimenti, ogni analisi o ricerca relativa alle singole specie botaniche nello spazio globale dice poco se non si sa come esse si collocano o come modificano il paesaggio complessivo. Da entrambe queste prospettive ci si può chiedere se e in che senso si possa parlare di un diritto "globale" e se le nuove tipologie botaniche siano parte irreversibile della evoluzione giuridica odierna, o se non siano piuttosto da considerare vegetazioni improprie o dannose, che vanno semplicemente rimosse, o considerate non giuridiche, o che fanno intravedere "la fine del diritto" come sostengono alcuni teorici.