Ai primi del Novecento il Quarto Stato viene descritto come classe a sé, autoconsapevole e compatta, portatrice di interessi universali di emancipazione: operai, contadini e braccianti chiedevano che venisse loro riconosciuto un potere politico (tramite diritti) che fosse in linea con la loro rilevanza economica e sociale. Gli oppressi oggi esistono ancora, anche se sono meno visibili di un secolo fa e sicuramente molto meno organizzati. È il ‘Quinto Stato’, composto di lavoratori sottopagati e/o precari. Il Quinto Stato è un insieme fluido e variegato, e rispetto alla sua controparte novecentesca presenta alcune decisive differenze: il proletariato condivideva il lavoro di fabbrica, viveva negli stessi quartieri, frequentava le sezioni locali dei sindacati e dei partiti, ed era dunque più facile da organizzare e mobilitare; il precariato di oggi è eterogeneo, disperso, molto connesso, ma solo attraverso i canali ‘freddi’ di internet e dei social media. Quali strategie potranno essere adottate per proteggere dai rischi e dai bisogni questa estesissima classe? Alcune interessanti idee a riguardo circolano già da qualche anno. Da un lato, vi è la riflessione su come fornire sicurezze e protezioni calibrate sulle nuove modalità di lavoro. È la strategia dell’investimento sociale, magari sorretto da un reddito di base universale e incondizionato. Dall’altro lato, si riflette su come approfittare della globalizzazione, della flessibilizzazione e delle nuove tecnologie per progettare un nuovo modello di società. La sfida sociale del Novecento è stata quella di assicurare lavoro e reddito. Quella del nostro secolo potrebbe essere la redistribuzione equa del surplus generato dall’integrazione economica e dalle nuove tecnologie, se questi processi saranno ben gestiti.
“Questo volumetto non vuol essere un saggio sull’Europa ed i suoi problemi. Vuole essere l’avvio del dialogo che ciascuno di noi quotidianamente può, e forse deve, condurre, se già non lo intrattiene, con amici, parenti, colleghi, semplici conoscenti fortemente critici sull’Europa, pronti a far propri slogan, luoghi comuni, giudizi sommari oggi di moda. Un invito a ragionare, a guardare, perlomeno con grande cautela, alla troppo diffusa ‘criminalizzazione’ dell’Europa. Un invito a rendersi conto di quanta strada con l’Europa si è fatta anche nel modo quotidiano di vivere. Un invito, al contempo, a non sottovalutare, ma ad individuare nella loro reale dimensione motivi di crisi, ritardi, difficoltà, prospettando tuttavia pure obiettivi e prospettive di soluzione. un invito, comunque, a guardare ai dati, ai fatti. un semplice punto di partenza, da cui chiunque possa muovere per un percorso che, si è convinti, non può che essere, nell’interesse anzitutto del nostro paese, un percorso per ‘più e migliore Europa’.”
Dall’introduzione di Piergaetano Marchetti
Per il pensiero liberale una «politica della verità» è un'assurdità e un pericolo, il principio di una società dogmatica, paralizzata da un potere totalitario e ingiusto. È davvero così? La teoria sviluppata in questo libro rovescia l'ipotesi. Uno sguardo più attento al ruolo del vero e del falso nelle nostre vite ci fa capire che oggi il destino della libertà e della giustizia è inestricabilmente legato al concetto di verità. Ma si tratta di guardare alla verità in un modo diverso: considerando anzitutto il suo speciale potere in democrazia, in cui le credenze (vere, false, incomplete o distorte) dei cittadini orientano le stesse condizioni della vita pubblica. Contro la proliferazione del falso e dell'insensato, una nuova politica della verità deve tutelare, per tutti noi, il diritto alla verità non soltanto in relazione al bisogno di sapere, ma anche al bisogno di essere garantiti in quei beni e valori critici che si legano a un uso razionale delle conoscenze.
La Ue sta indebolendo lo stato sociale dei suoi Paesi membri? Perché è così difficile far convivere solidarietà nazionale e integrazione economica europea? Sono interrogativi dettati dalle scelte fatte negli ultimi anni dalle autorità sovranazionali dell'Unione, che hanno colpito soprattutto i giovani e le fasce vulnerabili della popolazione. La riconciliazione tra welfare ed Europa non è una missione impossibile. Essa richiede però un ambizioso lavoro intellettuale e politico. Occorre elaborare un modello di Unione che consenta alla democrazia e al welfare di funzionare anche in un'economia integrata. E intorno a questo modello bisogna costruire il necessario consenso, fra paesi e fra cittadini. Maurizio Ferrera formula proposte concrete per muovere in questa direzione e sollecita le élites nazionali e le autorità di Bruxelles a impegnarsi in un serio investimento politico per rafforzare la Ue e accrescere la sua capacità di garantire protezione sociale e sicurezza esterna. Solo così il progetto europeo potrà produrre benefici diffusi ed equamente distribuiti e dunque riconquistare la legittimità perduta.
Accanto a una panoramica informativa sulle principali politiche sociali, questo volume presenta alcuni fondamentali strumenti analitici e chiavi interpretative per il loro studio. A un'introduzione storico-comparativa segue una serie di capitoli dedicati a singole politiche, ciascuno costruito secondo una griglia comune: obiettivi generale della politica, cenni storici, quadro comparato (principalmente europeo), modello italiano (destinatari e accesso, prestazioni, organizzazione e gestione), finanziamento, impatto economico, sociale e politico.
Nella prima parte del volume, dopo una rassegna della letteratura internazionale, sono analizzati alcuni aspetti concettuali relativi alla definizione di "Welfare State" e dei termini chiave di assistenza, assicurazione e sicurezza sociale. La seconda parte risponde alla domanda "chi è protetto?" e "perché?" e descrive due modelli di solidarietà: quello universalistico che copre indistintamente tutti i cittadini, e quello occupazionale che tocca separatamente una gamma più o meno vasta di categorie. Sono individuate le ragioni della loro genesi storica e analizzate le loro forme miste. Al caso italiano è dedicata la terza parte.