Per molto tempo gli storici si sono interrogati sul consenso al regime fascista e hanno dedicato poca attenzione all'uso della violenza da parte dei fascisti e al ruolo anche simbolico che questo ha avuto. John Foot, nel solco della migliore divulgazione inglese, ne ricostruisce la storia a partire da singole storie individuali, spesso dimenticate. Rivoltelle, bombe a mano, manganelli e olio di ricino: questo era l'armamentario delle 'squadracce' fasciste che cento anni fa imperversavano per l'Italia, lasciando una scia di morte e di devastazione. Una violenza che sconvolse la penisola e ne paralizzò ogni reazione.
La conquista del potere da parte del fascismo, cento anni fa, si caratterizzò per l'uso di una violenza smodata e senza limiti. Pestaggi, uccisioni, linciaggi, devastazioni furono sistematici nel 'biennio nero' 1921-1922, ma continuarono con la stessa brutalità anche dopo la marcia su Roma fino ad annientare l'opposizione politica nel paese. Questa brutalità così efferata provocò uno shock fortissimo: i socialisti e i comunisti, che si erano sentiti fino a quel momento sul punto di scatenare la rivoluzione, non seppero reagire e difendersi. Ma l'effetto dirompente della violenza sul corpo della nazione venne sottovalutato anche dallo Stato liberale e dalle élites che, in un primo momento, avevano pensato di utilizzare i fascisti per liquidare il 'pericolo rosso'. Se l'ascesa del fascismo fu efferata, altrettanto lo fu la sua caduta, con i venti mesi di guerra civile che portarono l'Italia sull'orlo del baratro. Per molto tempo gli storici si sono interrogati sul consenso al regime fascista e hanno dedicato poca attenzione all'uso della violenza da parte dei fascisti e al ruolo anche simbolico che questo ha avuto. John Foot, nel solco della migliore divulgazione inglese, ne ricostruisce la storia a partire da singole storie individuali, spesso dimenticate.
L' Italia esce dalla seconda guerra mondiale in rovina. Divisa, invasa ed economicamente disastrata, è una nazione che qualcuno dice abbia cessato di esistere. Solo quindici anni dopo, nel 1960, esplode l’economia: l’Italia del boom è il paese che cresce più velocemente nel mondo, mentre la società rurale scompare per far posto a quella industriale. John Foot racconta la nostra tumultuosa storia dal dopoguerra a oggi: dal silenzioso assorbimento dei fascisti nella società dopo il 1945 al regno di Silvio Berlusconi, dal picco artistico del cinema neorealista alla celebrazione del centocinquantesimo compleanno dell’Italia unita, queste pagine rispecchiano sia il lato corrotto che quello luminoso di un paese complesso. Se è vero poi che spesso sono i singoli individui a cambiare il corso della storia, John Foot racconta anche le vicende degli italiani comuni che hanno cambiato il loro paese: Franca Viola, la donna che rifiutò il matrimonio a dispetto delle convenzioni sociali; Don Milani, il sacerdote deciso a dare un’istruzione anche ai bambini più poveri; Franco Basaglia, lo psichiatra che disse no alle pratiche della repressione e della deumanizzazione; Roberto Rossellini, il cineasta che provò a costruire bellezza dal caos della guerra… Personaggi e luoghi indispensabili per comporre la storia del nostro paese dal 1945 a oggi.
Nel 1961 Franco Basaglia assume la direzione del manicomio di Gorizia; nel 1978 la legge 180 decreta la chiusura definitiva dei manicomi in Italia. La battaglia per la riforma radicale dell'assistenza psichiatrica fu innescata dal rifiuto di pochi medici e amministratori locali di avallare gli orrori di una realtà spesso paragonata ai lager nazisti. Dal lavoro concreto per l'umanizzazione di un istituto meramente repressivo nasce una riflessione culturale e politica di vasta portata sui meccanismi dell'esclusione sociale e sull'idea stessa della malattia mentale. Nel clima febbrile degli "anni delle riforme" e del Sessantotto, libri come "Che cos'è la psichiatria?" e "L'istituzione negata" consegnano al Movimento, la realtà della lotta anti-istituzionale sul campo, mentre documentari televisivi come "I giardini di Abele" di Sergio Zavoli contribuiscono alla diffusione di una nuova sensibilità nell'opinione pubblica. Conclusa l'esperienza pionieristica di Gorizia, gli psichiatri radicali incontreranno a Trieste, Parma, Perugia, Reggio Emilia, Arezzo e in tante altre città italiane una nuova generazione di amministratori capaci di rischiare per le proprie convinzioni. John Foot ricostruisce questa complessa vicenda con appassionato rigore storico, documentando non solo i successi e i fallimenti ma anche le feroci controversie (esterne e interne) che inevitabilmente l'accompagnarono. E che ancora non si sono spente.
Milano dal 1950 ai nostri giorni attraverso l'urbanistica, il design, la moda, il cinema, la famiglia, l'immigrazione vecchia e nuova, la televisione, il calcio. Negli ultimi cinquant'anni, Milano ha cambiato pelle più volte. Negli anni del boom economico è stata la "capitale del miracolo": centinaia di migliaia d'immigrati vi sono approdati dal resto d'Italia trasformandola nella capitale industriale e finanziaria del paese, insediandosi in un'immensa periferia che non solo è stata per anni, col suo grigiore, l'immagine stessa della città ma è diventata "la città". Poi il Sessantotto e gli anni di piombo. Improvvisamente com'era scoppiato, il boom ha avuto termine e Milano ha attraversato anni di feroce deindustrializzazione: una dopo l'altra, hanno chiuso la Breda, la Falck, l'Alfa Romeo, l'Innocenti, la Pirelli. Al governo della città fin dal dopoguerra, i socialisti la pilotano verso quella "Milano da bere" che è sfociata in Tangentopoli e Mani pulite. Milano capitale della Resistenza, epicentro del rinnovamento culturale, sede della prima televisione e dell'impero di Berlusconi. Milano dove si coagula in partito la Lega e dove nasce Forza Italia. Questo libro è un tentativo di capire la storia di questi processi. Ma non è un libro di storia tradizionale. Prende in esame alcuni quartieri, luoghi, spazi, eventi, film, programmi televisivi, strade, immigrati, oggetti del design. Questi micromomenti e microentità servono a spiegare i macrocambiamenti. Con una nuova prefazione dell'autore.
Nel 1961 Franco Basaglia assume la direzione del manicomio di Gorizia; nel 1978 la legge 180 decreta la chiusura definitiva dei manicomi in Italia. La battaglia per la riforma radicale dell'assistenza psichiatrica fu innescata dal rifiuto di pochi medici e amministratori locali di avallare gli orrori di una realtà spesso paragonata ai lager nazisti. Dal lavoro concreto per l'umanizzazione di un istituto meramente repressivo nasce una riflessione culturale e politica di vasta portata sui meccanismi dell'esclusione sociale e sull'idea stessa della malattia mentale. Nel clima febbrile degli "anni delle riforme" e del Sessantotto, libri come "Che cos'è la psichiatria?" e "L'istituzione negata" consegnano al Movimento, la realtà della lotta anti-istituzionale sul campo, mentre documentari televisivi come "I giardini di Abele" di Sergio Zavoli contribuiscono alla diffusione di una nuova sensibilità nell'opinione pubblica. Conclusa l'esperienza pionieristica di Gorizia, gli psichiatri radicali incontreranno a Trieste, Parma, Perugia, Reggio Emilia, Arezzo e in tante altre città italiane una nuova generazione di amministratori capaci di rischiare per le proprie convinzioni. John Foot ricostruisce questa complessa vicenda con appassionato rigore storico, documentando non solo i successi e i fallimenti ma anche le feroci controversie (esterne e interne) che inevitabilmente l'accompagnarono. E che ancora non si sono spente.
Milano dal 1950 ai nostri giorni attraverso l'urbanistica, il design, la moda, il cinema, la famiglia, l'immigrazione vecchia e nuova, la televisione, il calcio. Questo libro racconta la storia di Milano in maniera non convenzionale con tante microstorie che, più in generale, contribuiscono a spiegare i macrocambiamenti della città. Uno storico britannico di origini italiane smonta alcuni miti non solo storiografici e suggerisce nuove linee di ricerca per la storia milanese degli ultimi cinquant'anni.