Il titolo, un po' provocatorio, di questo volume nasce dal dibattito, diffuso e spesso motivato, che si agita intorno ai compiti della filologia e della sua utilità. Sono proprio i momenti di crisi come quello attuale che dovrebbero spingere a interrogarci più profondamente sull'esigenza della difesa e della valorizzazione di un patrimonio culturale che rappresenta un dato imprescindibile nella qualità di vita di un paese, nel grado di vivibilità, nella capacità di non perdere le proprie competenze e di rinnovarle. La lettura dei nostri classici diviene una operazione che ci tiene legati a loro e che mantiene viva e allertata una coscienza critica che può e deve spendersi insieme per il passato e sul presente.
Il volume raccoglie, in un testo critico fondato sulla diretta ricognizione dei manoscritti, alcuni dei componimenti poetici più antichi della letteratura italiana, dai Ritmi arcaici della Toscana e dell'Italia mediana alla canzone ravennate "Quando eu stava in le tu catene", il cui recente ritrovamento ha felicemente incrementato il repertorio della nostra poesia delle origini, rimettendo in discussione dati e questioni che si ritenevano acquisiti. Testi giullareschi e testi lirici sono corredati di un ampio commento linguistico, filologico ed esegetico, in cui si è cercato di contemperare le intenzioni didattiche con le esigenze scientifiche.
Il saggio propone lo studio di una fonte giudiziaria medievale - gli atti dei podestà veneziani dell'isola di Murano nell'ultimo quarto del XIII secolo - considerandola prima di tutto come testimonianza del vivere quotidiano di una piccola comunità medievale, in cui si documentano espressioni, atteggiamenti e situazioni che trovano precisi riscontri nella coeva produzione novellistica. Segue la presentazione di un inedito testo volgare duecentesco, che apre nuove prospettive sulla varietà linguistica della laguna veneta in età medievale.