Perché un regime politico viene definito totalitario? Quando si inizia a parlare di totalitarismo e perché? È possibile liquidare il fenomeno totalitario come un tragico episodio del secolo scorso o è qualcosa di più complesso di una semplice parentesi storica?
Nichilismo, pulsione di morte, volontà di nulla: sono queste le categorie che hanno orientato e orientano ancora oggi la comprensione del male politico. Esse si accompagnano a una visione "semplice" e "demoniaca" del potere, la cui cifra estrema è ravvisabile nel rapporto tra vittima e carnefice. Da una parte starebbe un soggetto ridotto a oggetto, perché reso totalmente passivo dalla violenza dell'altro. Nella prima parte del libro, l'autrice ricostruisce la costellazione concettuale di tale visione dicotomica riconducendola a un paradigma specifico, denominato "paradigma Dostoevskij". Questo modo di pensare il rapporto tra male e potere è sufficiente a leggere il presente? Non rischia piuttosto di irrigidire la comprensione della realtà in categorie troppo schematiche e unilaterali, che gettano luce su un unico volto del male politico, quello notturno, trasgressivo, distruttivo? Non occulta forse dietro lo spettro di un rinnovato dualismo, un'intera e complessa fenomenologia degli aspetti "microfisici" delle scene del male? Il volume propone una diversa genealogia del rapporto tra male e potere. È convinzione dell'autrice che il male debba essere indagato, oggi più che mai, non solo nel suo legame con la morte e il nulla. Ma debba essere scandagliato anche nel rapporto che intrattiene con l'ostinata passione per la vita, con l'indomabile volontà di essere e di persistere, col desiderio di venir riconosciuti e confermati. Perché è così che a suo parere si spiegano la docilità e il conformismo
Il volume ricostruisce il significato complessivo dell'itinerario intellettuale arendtiano che trova la propria continuità in una ridiscussione del tradizionale rapporto tra filosofia e politica, tra theoria e praxis. La riflessione di Hannah Arendt può essere compresa nei suoi aspetti politici, se si parte da quelli filosofici: ovvero la critica alla filosofia esistenzialista. La centralità di queste assunzioni filosofiche viene fatta emergere, soprattutto, nella parte del libro dedicata all'esame delle interpretazioni arendtiane, elaborate in scritti editi e indediti, delle filosofie di Platone e Aristotele, di Hobbes e Rousseau, di Hegel e Marx. Chiudono il testo le riflessioni dell'Arendt sul giudizio.