L'atto del giudicare nelle aule di giustizia è sempre stato considerato un esercizio di assoluta razionalità: in tale ambito non ci dovrebbe essere posto né per le emozioni, né per procedure intuitive, né per i pregiudizi. Ma le scienze cognitive e le neuroscienze hanno dimostrato che le emozioni sono componenti ineliminabili e determinanti delle decisioni e che possono significativamente influenzare anche soggetti esperti come gli operatori di giustizia. Il libro chiarisce come anche i giudici - al pari di tutti gli umani - possano incorrere in errori sistematici del ragionamento, nelle trappole cognitive, nelle distorsioni generate dall'intuizione e nella ingiustificata fiducia nelle proprie conoscenze ed abilità. Le insidie cognitive ed emotive per chi deve giudicare sono disseminate lungo tutto il percorso del processo, a partire dalla formazione della prova fino alla decisione finale.