"Si imprigiona chi ruba, si imprigiona chi violenta, si imprigiona anche chi uccide. Da dove viene questa strana pratica, e la singolare pretesa di rinchiudere per correggere, avanzata dai codici moderni? Forse una vecchia eredità delle segrete medievali? Una nuova tecnologia, piuttosto: la messa a punto tra il XVI e il XIX secolo, di tutto un insieme di procedure per incasellare, controllare, misurare, addestrare gli individui, per renderli docili e utili nello stesso tempo. Sorveglianza, esercizio, manovre, annotazioni, file e posti, classificazioni, esami, registrazioni. Un sistema per assoggettare i corpi, per dominare le molteplicità umane e manipolare le loro forze si era sviluppato nel corso dei secoli classici: la disciplina."
L'avventuroso ritrovamento del corso di Lovanio conferma quale sia stato il problema che ha orientato, dall'inizio alla fine, il lavoro di Michel Foucault: quello della verità, nei suoi rapporti con la soggettività. Una verità qui declinata nella forma peculiare ed esclusiva della storia dell'Occidente, quella della confessione. Il cuore di queste lezioni, infatti, è costituito dalla ricostruzione del dispositivo che va dalle pratiche penitenziali nel cristianesimo primitivo alle procedure di veridizione di sé e sottomissione nel monachesimo cenobitico. È li, secondo Foucault, che è stato allestito un nuovo tipo di soggettività, ormai indissolubilmente legato all'obbligo di verbalizzazione della colpa commessa e al dovere di esplorazione degli arcana conscientiae, nucleo dell'inquadramento cristiano dell'esistenza individuale. Attraverso la progressiva generalizzazione ed estensione di un'ermeneutica che si mette a ricercare nel "foro interiore della coscienza" e nelle spire della concupiscenza la verità segreta dell'anima, Foucault diagnostica la nascita di una forma di governo degli individui destinata a investire la vita nella sua totalità, fino alle tecniche giudiziarie dell'età contemporanea e alle procedure di medicalizzazione dell'esistenza, origine di tutte le psicologie che pretenderanno, di lì in avanti, di decifrare i misteri dell'anima, facendoci credere che solo così potremo accedere alla libertà e alla verità...
"Questo volume apre una serie di studi che non pretendono di essere continui, né esaustivi; si tratterà di qualche sondaggio in un territorio complesso. Il sogno sarebbe un lavoro di lungo respiro, capace di correggersi a mano a mano che si sviluppa, aperto alle reazioni che suscita, alle congiunture che gli toccherà d'incontrare, e forse a ipotesi nuove. I lettori che si aspettassero di apprendere in che modo per secoli la gente ha fatto l'amore, o come è stato vietato di farlo - problema serio, importante, difficile -, rischiano di restare delusi. Non ho voluto fare una storia dei comportamenti sessuali nelle società occidentali, ma trattare un problema molto più austero e circoscritto: in che modi questi comportamenti sono diventati oggetti di sapere? Come, cioè per quali vie e per quali ragioni, si è organizzato questo campo di conoscenza che, con una parola recente, chiamiamo la sessualità? Quel che i lettori troveranno qui è la genesi di un sapere - un sapere che vorrei riafferrare alla radice, nelle istituzioni religiose, nelle forme pedagogiche, nelle pratiche mediche, nelle strutture familiari, là dove si è formato, ma anche negli effetti di coercizione che ha potuto avere sugli individui, una volta che li aveva persuasi del compito di scoprire in se stessi la forza segreta e pericolosa di una sessualità." (Dalla prefazione dell'autore all'edizione italiana)
Nell’estate-autunno del 1968 Michel Foucault incontra il critico letterario Claude Bonnefoy per pubblicare con lui un libro d’interviste. Il libro non fu mai scritto, ma resta la trascrizione del primo di quegli incontri, pubblicata in Francia solo alla !ne del 2011. In questa intervista Foucault si abbandona a un vero e proprio esercizio di parola, nel quale per la prima e unica volta racconta con sincerità e fuori da ogni accademismo non il contenuto o le teorie che stanno al fondo dei suoi libri, ma ciò che la scrittura ha significato e significa per lui, le idiosincrasie e i piaceri che vi sono connessi, le storie infantili che ne costituiscono il sottosuolo, il rapporto con la medicina e l’eredità paterna, quello con la follia e la morte da cui la sua scrittura ha preso le mosse.
Il 17 e il 24 novembre del 1980, Michel Foucault pronunciò al Dartmouth College, nel New Hampshire, due conferenze, ancora inedite in Francia, con il titolo "Subjectivity and Truth" e "Christianity and Confession". La prima conferenza costituisce un tentativo di collocare in una prospettiva storica il peso e la specifica morfologia che caratterizzarono l'esame di sé e la confessione a partire dall'epoca greca ed ellenistica. Nella seconda, dopo aver riassunto le differenze tra le varie forme di rapporto a sé nell'antichità greco-romana e le due diverse "tentazioni" del cristianesimo (quella "ontologica" e quella "epistemologica"), Foucault si chiede se per noi oggi non sarebbe meglio fare piazza pulita del problema della scoperta e dell'interpretazione del sé, per aprire così lo spazio a una "politica di noi stessi". Una conclusione che richiama ciò che Foucault aveva già detto nella prima conferenza, alludendo a una fondamentale dimensione "politica" connessa al suo progetto di una genealogia del soggetto occidentale. Il volume è a cura di "mf/materiali foucaultiani".
Quello del 1984 è l'ultimo corso tenuto da Michel Foucault al Collège de France. Già malato, comincia le lezioni solo a febbraio per terminarle alla fine di marzo. Muore pochi mesi dopo, il 25 giugno. Queste circostanze gettano una luce particolare sul corso, che si è portati a leggere come una sorta di testamento spirituale, dove il tema della morte ricorre frequentemente. Il corso prosegue e radicalizza le analisi condotte l'anno precedente. Anche qui, la domanda centrale ruota intorno alla funzione del "dire-il-vero" e al ruolo che la verità riveste nell'ambito della politica e dei rapporti di potere. Si tratta in sostanza di stabilire, nell'ambito della democrazia, un certo numero di condizioni etiche che sono irriducibili alle regole formali del consenso ma che fanno appello alla dimensione morale individuale: il coraggio di fronte al pericolo e la coerenza. Foucault ritorna alle radici della filosofia greca, rivalutandone l'idea di democrazia contrapposta a ogni forma di tirannia, antica e moderna. Nella morte di Socrate non emerge la paura di morire, ma l'angoscia di non poter portare a compimento la propria "missione essenziale", il compito che dà senso a una vita. Attraverso una rivalutazione del pensiero dei cinici viene sottolineata sia l'importanza di un radicale ritorno all'elementarità dell'esistenza sia lo "scandalo della vita vera": al tempo stesso provocazione pubblica e pratica filosofica, che comporta un accoglimento dell'essenzialità delle cose.
Ricostruendo la funzione storica e culturale della follia, nella fase cruciale che va dal tardo Medioevo alla Rivoluzione industriale, Foucault rintraccia le radici del funzionamento della società occidentale, a partire dai meccanismi di esclusione e criminalizzazione di ogni forma di diversità e di devianza. L'esito è un'opera capitale, che ha segnato la storia del pensiero europeo. Una narrazione serrata e avvincente, in cui trovano spazio le voci, rare ma decisive, che hanno squarciato il velo sulla follia e la sua tragedia, da Sade a Nietzsche, da Van Gogh ad Artaud. Questa nuova edizione costituisce la prima versione completa in lingua italiana, con l'aggiunta di passi mai tradotti e la Prefazione alla prima edizione del 1961.
Nel 1982, Michel Foucault dedica il suo corso al Collège de France alla “cura di sé”. Questa nozione, più del famoso “conosci te stesso”, è nella cultura greca e latina il perno intorno al quale vengono organizzate le pratiche della filosofia, ossia quell’insieme di tecniche, esercizi e addestramenti che erano ritenuti necessari alla formazione dell’uomo maturo. In senso stretto per Foucault si tratta di passare in rassegna le grandi scuole filosofiche dell’antichità, mettendo in luce l’importanza che il pensiero greco prima e latino poi assegnavano al principio di “avere cura di se stessi”, di occuparsi attivamente della propria crescita spirituale e di “allenarsi” ad affrontare gli eventi futuri senza lasciarsi intimorire e senza lasciarsi trascinare dalle emozioni che tali eventi avrebbero potuto suscitare. Dunque si trattava di un vero e proprio addestramento volto al raggiungimento della piena padronanza di sé, all’autoformazione dell’uomo libero. Ma l’intento di Foucault non è circoscritto alla ricostruzione storico-filosofica di questa pedagogia dell’anima. Ciò che gli preme mettere in luce è la precarietà dei modi attraverso cui avviene, all’opposto, la formazione dell’uomo moderno. Rileggere Platone, Seneca, Epitteto, Marco Aurelio permette a Foucault di interrogarsi sui rapporti fra relazioni di potere, stati di dominio e assoggettamento delle coscienze nell’età moderna.
Ritornando sui temi affrontati nel 1961, nelle lezioni tenute tra la fine del 1973 e l’inizio del 1974, Michel Foucault analizza il costituirsi di un sapere medico sulla follia e la nascita del manicomio come luogo di “trattamento” dei folli, mostrando gli esiti che lì si realizzano e il lento, ma decisivo, montaggio del dispositivo psichiatrico. Foucault ricostruisce così l’emergere di fenomeni come l’ipnotismo e l’isteria, descrive come l’infanzia diventi oggetto d’intervento psichiatrico, esamina l’elaborazione della dottrina della degenerazione e i rapporti della follia con l’esperienza della droga e del sogno, delinea la costruzione medica del “corpo sessuale” e la nascita della psicoanalisi. Ma questo corso consente anche a Foucault di mostrare come, attraverso pratiche che vanno dall’interrogatorio alla presentazione dei malati, si sia costituito un discorso di verità che ha fatto della psichiatria un potente “agente di intensificazione” del reale, preposto all’allestimento e al controllo di forme d’identità e di individualità che sono ancora le nostre.