Michel Foucault non è stato soltanto un lettore esigente e uno scrittore il cui stile era riconosciuto e ammirato all'uscita di ogni suo libro. Il suo rapporto con la letteratura è sempre stato complesso, critico, strategico. I testi che compongono il presente volume - trascrizioni inedite di lezioni, conferenze, trasmissioni radiofoniche - ne danno un'ampia e rilevante testimonianza. Shakespeare, Cervantes, Diderot, Sade, Artaud, Leiris... Come poche altre volte ha fatto, Michel Foucault offre una descrizione della sua biblioteca di testi letterari.
Nell’estate-autunno del 1968 Michel Foucault incontra il critico letterario Claude Bonnefoy per pubblicare con lui un libro d’interviste. Il libro non fu mai scritto, ma resta la trascrizione del primo di quegli incontri, pubblicata in Francia solo alla !ne del 2011. In questa intervista Foucault si abbandona a un vero e proprio esercizio di parola, nel quale per la prima e unica volta racconta con sincerità e fuori da ogni accademismo non il contenuto o le teorie che stanno al fondo dei suoi libri, ma ciò che la scrittura ha significato e significa per lui, le idiosincrasie e i piaceri che vi sono connessi, le storie infantili che ne costituiscono il sottosuolo, il rapporto con la medicina e l’eredità paterna, quello con la follia e la morte da cui la sua scrittura ha preso le mosse.
Gabriel Tarde (1843-1904) è per Deleuze il campione della "microsociologia", del sapere necessario per afferrare e comprendere la "differenza", senza la quale non si dà né ordine né liberazione. In questo modo Deleuze decreta che il pensiero di Tarde va oltre il suo tempo e che non tutto ciò che è morto deve continuare a morire. Da questo punto di vista, la pubblicazione di due importanti scritti di Tarde, "Credenza e desiderio" e "Monadologia e sociologia", vuole contribuire al ritorno del suo pensiero, alla segnalazione della sua attualità. In "Credenza e desiderio" Tarde individua gli elementi fondanti della soggettività, della vita stessa, nella credenza e nel desiderio. Queste matrici, che sarebbero per lo spirito quello che lo spazio e il tempo sono per la realtà esteriore, sono presenti in ogni organismo della scala vivente e operano in ogni momento della vita. Ogni cellula e ogni attimo sono animati da queste potenze che strutturano la nostra percezione, regolano la nostra affettività, spingono il nostro pensiero. In "Monadologia e sociologia", testo che riecheggia nelle riflessioni di Deleuze sulla monadologia di Leibniz, Tarde chiama a testimoniare tutte le scienze della sua epoca per ripensare le categorie ontologiche tradizionali, per rifondare la filosofia non più intorno alla nozione di essere, ma intorno a quella di avere: si tratta di non separare più gli elementi e gli insiemi per poi forzatamente sposarli.
Che cosa si nasconde dietro i cosiddetti 'attacchi di panico', oggetto da un lato dell'attenzione sempre più crescente dei mass media ed esempio fra i più citati dall'altro dei presunti nuovi sintomi psicopatologici? Per gli autori di questo libro, curato dall'Associazione Lacaniana di Napoli, la vecchia e cara nevrosi fobica. Si spiega così la decisione di dedicare un anno di studio, di cui il libro è la testimonianza scritta, al seminario IV di Jacques Lacan dedicato al tema della relazione oggettuale in cui campeggia un commento attento e originale della famosa analisi freudiana di un caso di fobia in un bambino di cinque anni, meglio conosciuto come il caso del piccolo Hans. Attraverso la ricostruzione critica del seminario lacaniano vengono in tal modo messe in evidenza tutte le sfaccettature della nevrosi fobica, il suo rapporto di identità-differenza con la perversione, la sua parentela con l'angoscia - il 'panico' -, gli strumenti chiamati in causa per comprenderla come l'antropologia strutturale di Lévi-Strauss. Tutto questo è affrontato nel libro, ma anche il ruolo che il seminario IV sulla relazione oggettuale ha nell'itinerario complessivo di Jacques Lacan.
Quale può essere oggi, dopo Nietzsche e Freud, il significato della parola "religione"? Se questa parola ha ancora un contenuto di verità al di là del dogma e degli assetti istituzionali, al di là di ogni distinzione tra politeismi e monoteismi, al di là dei riti e del sentimentalismo, questo contenuto sta nel gesto dell'adorazione. L'adorazione è la parola rivolta a qualcuno o a qualcosa, la parola rivolta a ciò che oltrepassa la significazione, l'appello trasversale che eccede il concetto e il culto e che ritroviamo nella fede, nell'amore, nella poesia, nella comunicazione mondana. Quello che questo secondo volume della decostruzione del cristianesimo cerca di pensare è una maniera, un'andatura, un contegno dello spirito in grado di rispondere alle questioni aperte da questo nostro tempo in cui lo "spirituale" sembra così lontano, prosciugato, abusato.
Il 17 e il 24 novembre del 1980, Michel Foucault pronunciò al Dartmouth College, nel New Hampshire, due conferenze, ancora inedite in Francia, con il titolo "Subjectivity and Truth" e "Christianity and Confession". La prima conferenza costituisce un tentativo di collocare in una prospettiva storica il peso e la specifica morfologia che caratterizzarono l'esame di sé e la confessione a partire dall'epoca greca ed ellenistica. Nella seconda, dopo aver riassunto le differenze tra le varie forme di rapporto a sé nell'antichità greco-romana e le due diverse "tentazioni" del cristianesimo (quella "ontologica" e quella "epistemologica"), Foucault si chiede se per noi oggi non sarebbe meglio fare piazza pulita del problema della scoperta e dell'interpretazione del sé, per aprire così lo spazio a una "politica di noi stessi". Una conclusione che richiama ciò che Foucault aveva già detto nella prima conferenza, alludendo a una fondamentale dimensione "politica" connessa al suo progetto di una genealogia del soggetto occidentale. Il volume è a cura di "mf/materiali foucaultiani".
"Il teatro è la cessazione del segreto, se il segreto è quello dell'essere in sé o quello di un'anima ritratta in un'intimità. È l'in se stesso o l'intimità che come tale esce e si espone. È il "mondo come teatro" così come lo conosciamo fin da Calderon e da Shakespeare, ma così come in effetti tutta la nostra tradizione - almeno fin dalla caverna platonica - l'ha rimuginato, quel "mondo come teatro" in quanto verità, proprio come e proprio perché il corpo si rivela la verità dell'anima: verità che si spinge anch'essa sulla scena o più precisamente verità che fa scena." (Jean-Luc Nancy)
In un'epoca in cui le parole d'ordine più accreditate ed efficaci sembrano essere quelle della difesa identitaria e del ritorno alle radici, questo invito all'evasione fatto da Emmanuel Levinas già nel 1935, a due anni cioè dalla vittoria di Hitler in Germania e a dodici da quella di Mussolini in Italia, suona ancora oggi come l'antidoto migliore a quelle forme di dominio che, nonostante la rinuncia alla violenza e il formale rispetto degli ideali democratici, continuano a incatenare la libertà degli individui. Si tratta di evadere dall'essere, dalla sua opacità, dalla sua vischiosità, da quel suo tratto rivoltante e disgustoso di cui l'esperienza della nausea è già una testimonianza e una presa di distanza; ma si tratta soprattutto di evadere da quell'essere ingombrante e mortifero per la nostra esistenza soggettiva rappresentato in primo luogo proprio da noi stessi, dalla nostra identità, dalla nostra illusione di autosufficienza. Si tratta infine di evadere da noi per andare verso l'altro, verso quel radicalmente "altro", in cui riposa, al prezzo di diventarne ostaggi, la nostra, difficile ma irrinunciabile, libertà.
"Farla finita innanzitutto con lo schema unilaterale di un certo razionalismo secondo il quale l'Occidente moderno si sarebbe affermato contro il cristianesimo e sottraendosi al suo oscurantismo (curiosamente, lo stesso Heidegger ripeterà, a modo suo, qualcosa di questo schema): perché si tratta di comprendere come il monoteismo in generale e il cristianesimo in particolare abbiano contribuito a generare l'Occidente. Bloccare, però, anche ogni tentativo di "guarire" i "mali" del mondo attuale (la sua privazione di senso) con un ritorno al cristianesimo in particolare, o alla religione in generale: poiché si tratta di comprendere come siamo già usciti dal religioso. Domandarsi quindi nuovamente che cosa, senza negare il cristianesimo ma senza neanche tornare a esso, potrebbe condurci verso un punto, una risorsa sommersa sotto il cristianesimo, sotto il monoteismo e sotto l'Occidente, che bisognerebbe ormai mettere in luce: perché questo punto aprirebbe, insomma, a un avvenire del mondo che non sarebbe più né cristiano, né anti-cristiano, né monoteista né ateista o politeista, ma capace di andare proprio al di là di tutte queste categorie (dopo averle rese tutte possibili)". (Jean-Luc Nancy)