Il Novecento, il 'secolo breve', viene raccontato tradizionalmente attraverso la politica e l'economia. Come se queste due grandi ruote motrici della storia producessero un cammino necessario e inevitabile. Esiste però un altro Novecento, spesso lasciato ai margini, da cui è necessario ripartire per scoprire le radici del nostro presente. È il Novecento che vede la transizione definitiva dalla società contadina a quella industriale. Quello che vede la nascita e l'evoluzione della società dei consumi di massa e la costruzione, in senso antropologico, di un nuovo modo di vivere e pensare. Quello che vede il crescente e inarrestabile dominio della tecnica, la costruzione di un sistema di produzione e comunicazione su scala globale, la dinamica delle crisi economiche e dei loro effetti. Quello che imprime come 'marchio' indelebile una diversa manifestazione dei sentimenti collettivi e privati. Un libro destinato a soddisfare le domande e le curiosità di quanti si interrogano sulla storia dei mutamenti sociali di massa e di costume.
Statistiche nazionali, pagelle sulla vivibilità, indicatori del tasso di criminalità e inquinamento si intrecciano al racconto del revival turistico e ai segnali di una nuova vivacità culturale. La Napoli d'oggi è un Giano bifronte per capirla bisogna calarsi nella sua storia recente, fare un viaggio nella città reale. Come 'testimone informato dei fatti', l'autore si confronta con le caotiche, smaglianti, mitiche o drammatiche rappresentazioni di Napoli, consapevole dell'ampliarsi della distanza dal resto del Paese. Una distanza che è stata volutamente sottovalutata dalla politica o, all'opposto, mediaticamente interpretata come punto di non ritorno. Napoli non può essere una 'città normale' perché, lo ricorda Roberto Saviano, «i napoletani vivono sotto i proiettili e abbassano la testa». Eppure - a guardar bene - questa città sotto l'inadeguatezza della propria classe dirigente e la fragilità della compagine sociale, esprime degli anticorpi vitali, degli elementi di dinamicità inattesi e spesso poco visibili a uno sguardo superficiale.
L'attuale crisi economica pone l'esigenza, finora poco avvertita, di interrogarsi sul modo in cui eventi simili siano stati, in passato, affrontati e percepiti. Il libro analizza tre momenti salienti della storia economica dell'Italia contemporanea: la depressione di fine Ottocento, la recessione tra le due guerre mondiali e quella causata dagli shock petroliferi degli anni Settanta del secolo scorso. Tre fasi destinate a influenzare profondamente la storia sociale e politica oltre che gli assetti finanziari e produttivi dell'Italia. Paolo Frascani analizza gli esiti economico-istituzionali, senza tralasciare i mutamenti della sensibilità collettiva e del clima culturale. In tutti e tre i momenti, emerge che dalle crisi si può uscire cambiando il modo di governare l'economia: la crisi bancaria di fine Ottocento o quella degli anni Trenta del secolo scorso, sono state superate modificando il sistema delle regole che fino ad allora avevano governato l'erogazione delle risorse e i rapporti di forza tra Stato e capitalismo privato; mentre dalla crisi degli anni Settanta scaturisce una nuova percezione delle piccole realtà produttive del Paese. La ricerca di Paolo Frascani rileva gli strumenti messi in campo dalla classe politica liberale, dalla tecnocrazia fascista e dall.Italia del compromesso storico per riavviare il meccanismo dell.economia e quali effetti hanno prodotto le crisi sugli assetti sociali, le mentalità e i saperi.