Storie di guerra e di fascismo, di borghesi di assalto e di 'dolce vita', di 'mala' e di 'nera', di incontri prezzolati o di amori inesauribili; oppure storie della piccola umanità sprofondata nella cronaca nera e nei misfatti della quotidianità. Fusco racconta, e la sua prosa nitida e compatta ha la misteriosa capacità di colorare la realtà del fascino dell'improbabile.
Le sue cronache di guerra sono documenti e racconti, avventurosi e storicamente veritieri, commoventi e divertenti, necessari alla memoria e avvincenti. Negli anni Sessanta, quando furono scritti, crearono un vero genere letterario, durato in Italia quanto la vena, ardita e anticonformista, del suo creatore. In parte era il gusto per la lealtà maschile e per l'etica dei duri; in parte la capacità di scrittura raffinatissima e facile, senza mai una levitazione magniloquente o una caduta scurrile; in parte la sua competenza in quella che una volta si chiamava "critica di guerra"; in parte era la convinzione, derivata dalla sua personale esperienza della dittatura e della guerra.