Parlare di «Gesù e la creazione può sembrare audace, per alcuni versi temerario, e richiederebbe di ripercorrere interamente i quattro Vangeli canonici. Stranamente, tuttavia, l‘argomento è stato oggetto di insufficiente attenzione in ambito biblico. E' più: facile incrociare la tematica in testi di cristologia che in uno studio esegetico. Laddove se ne parla, l'interesse si concentra quasi sempre sul rapporto Cristo-creazione, ma quasi mai sul Gesù storico e sui racconti evangelici. La stessa enciclica Laudato si’ di papa Francesco, che ha per tema il creato e la sua custodia, dedica a Gesù e la creazione una sola pagina. L’obiettivo di questo studio è mostrare come l'ambito della creazione e dell’ecologia, al centro dell’attenzione mediatica nel mondo contemporaneo, non sia per nulla assente nell‘insegnamento e nella prassi di Gesù. Sebbene egli non tratti direttamente l'argomento ecologico, ciò che mette in scena nel suo insegnamento è un mondo in cui l‘uomo conosce i ritmi del creato, ne rispetta le leggi, se ne prende cura, lo custodisce con dignità. Il mondo che Gesù racconta ha una dimensione altamente ecologica, poiché in esso uomo e natura appaiono in una perfetta comunione e in una reciproca integrazione. LORENZO GASPARRO, licenza al Pontificio Istituto Biblico di Roma e dottorato in Scienze bibliche all’Ecole Biblique et Archéologique Francaise di Gerusalemme, e docente alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione San Luigi, a Napoli. Tra le sue pubblicazioni: Simbolo e narrazione in Marco (AnBib 198,2012), La parola, il gesto e il segno. Le azioni simboliche di Geremia e dei profeti (EDB 2015) e la curatela degli scritti di L. Di Pinto Scegliere la vita. Fondamenti biblici della teologia morale (Il Pozzo di Giacobbe 2020).
Geremia è una delle figure più affascinanti dell'Antico Testamento. La passione che affiora dai suoi oracoli e la tragicità della sua vicenda personale hanno una profondità e un fascino del tutto singolari. In un momento storico estremamente difficile, quello che precede e segue l'esilio degli ebrei nel 587 a.C., il profeta è chiamato a raffigurare nella sua carne, come sulle due facce di una stessa medaglia, la sofferenza del popolo e quella di Dio. Compreso fino in fondo nel ministero profetico, egli evoca Giobbe o il Servo sofferente di Isaia, ma appare soprattutto un typos del Cristo: per l'impeto della sua predicazione, per la ruvidità della sua sofferenza, soprattutto per la singolarità del celibato a cui è chiamato. Il cliché che da sempre ha dominato l'ambito esegetico è quello del profeta "oratore", mentre gli studi sui gesti profetici si sono finora concentrati sulla storicità, sul rapporto con alcune manifestazioni affini del mondo antico (la magia, il teatro di strada e il pantomimo) e sulla matrice retorico-persuasiva. Eppure i gesti simbolici non sono elementi secondari del ministero profetico o semplici visualizzazioni figurative, ma complessi eventi comunicativi che convocano simultaneamente tre registri espressivi: quello gestuale, quello narrativo e quello simbolico. La scelta di Geremia 16,1-9 come campione d'esame ha due motivi principali: si tratta di una pericope poco studiata nel panorama esegetico e costituisce un passaggio esemplare...